12. l'arte del non essere come il tuo omonimo (parte I)

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Non è venuto con la Panda.
È la prima cosa che noto non appena esco da scuola.
Appena fuori dal cancello del mio liceo classico si trova un parcheggio comunale, ed Enea è proprio lì.
Lo vedo appoggiato ad una macchina grigia (non chiedetemi il nome, non ci capisco nulla di macchine) intento a smanettare con qualcosa sul cellulare.

Ovviamente, la macchina è parcheggiata proprio davanti al cancello della scuola, il che significa che tutti i miei compagni ci vedranno.
Bene.

Per complicare il tutto, perché altrimenti la mia vita sarebbe troppo semplice, Nina, che proprio oggi si è dovuta mettere gli occhiali quando non se li mette praticamente mai, mi è appena passata accanto e i suoi occhi sono fissi sulla figura di Enea.
La seguo con lo sguardo, e la vedo girarsi verso Dade e mormorare ma che cazzo?
Eh, Nina, quante cose che ti sei persa.

Nina continua imperterrita la sua camminata assieme a Dade e basta, visto che Bebe ancora non è tornata a scuola, e io faccio in tempo a vederla mentre si avvicina ad Enea.
"Cazzo." Sibilo, girandomi e trovando davanti a me gli occhi verdi di Ge.

"Ti dico io se ti guardano, tu fai finta di parlare con me." Mi dice Ge, visto che è un'esperta in questo campo.
Una volta è persino riuscita a stanare sua cugina mentre se la stava facendo col suo professore d'università.
So che dopo che li ha beccati il cenone di Natale di quell'anno è stato una scena così epica da finire sui giornali più squallidi di Milano, visto che la serata si è conclusa con sua nonna in ospedale e sua zia che corre a casa del suddetto professore per spaccargli la macchina.
Non ci ha mai detto che fine abbia fatto qua cugina, e questo mi basta per capire che non ha fatto una bella fine.

"Ti stanno guardando." Esordisce Mia, e io inizio ad entrare nel panico.
Nel caso in cui ancora non si fosse capito, stare al centro dell'attenzione è la cosa che detesto di più al mondo, motivo per cui mi sono rifiutata di festeggiare il mio diciottesimo, o qualunque mio altro compleanno.
Sono un lupo solitario, io.

"Eccome se ti stanno guardando. Enea ti sta mangiando con gli occhi." Dice Giovanni, seguito da un fischio, e io muovo un passo in avanti con rabbia, giusto per fargli capire che non deve farmi girare le palle, non ora.
"Ci hanno beccati." Esclama Ge, e io la guardo confusa.
"Cosa?"
"Hanno capito che li stiamo guardando."
"Ci credo, deficienti, li state guardando tutti e tre assieme!"
Per la disperazione mi pianto una mano sulla faccia, stando tuttavia attenta a non rovinare il mascara.

Generalmente mi trucco tutto i giorni, anche per andare a scuola, ma mi limito ad un mascara e al correttore. Oggi ho voluto aggiungere un rossetto tenue che tende solo lievemente al rosso.
"Che cazzo faccio?" Blatero, perché sono una completa schiappa in questo argomento, nonostante io abbia letto un migliaio di classici e di romanzi rosa.
"Vai da lui. Adesso!"
"Ma Nina è ancora lì?"
"No, sta venendo qui, la distraiamo noi, vai!"
Ge mi spinge nella folla di adolescenti che stanno uscendo in massa da scuola e io trovo subito la chioma corvina di Nina che avanza preoccupatamente verso i miei amici.

Con una mossa scaltra che ho decisamente imparato da tutte quelle volte in cui papà mi ha obbligato a guardare Men in black, mi volto in modo tale da dare la schiena a Nina.
Tra noi ci sono una dozzina di ragazzi, il che significa che a meno che lei non sia una ragazzo molto sveglia (non lo è) le probabilità che lei possa vedermi sono pari allo zero.

Infatti passo tranquillamente, senza disturbare nessuno, e Nina nemmeno mi vede.
Non mi giro per controllare che non mi stia guardando e approfitto della calca di persone per raggiungere Enea in fretta.

Lui, ovviamente, perché a quanto pare ha un sesto sento, si accorge della mia presenza ancor prima che io mi piazzi davanti a lui.
"Ciao." Esclama, esibendosi in un sorriso a trentadue denti, che lo fa apparire molto attraente. O forse è solo colpa degli occhiali da sole che indossa (solo lui può mettersi gli occhiali da sole a febbraio, a Milano).
"Ciao." Rispondo con molto meno entusiasmo.
Lui non sembra nemmeno farci caso, è così euforico che mi fa segno di entrare in auto e poi si apposta sul sedile del guidatore.

L'infinito senza limiti [2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora