Elle's POV
Quel posto era così grande che non ci capivo niente: mi ero già persa nel giro di pochi minuti, e la gara non era nemmeno iniziata.
Mi ritrovai in un enorme corridoio, con le pareti ammuffite e imbrattate da graffiti, e qualche persona qua e là, ma non conoscevo nessuna di loro.
Alexandra, la mia amica, aveva detto che sarebbe andato tutto bene, ma come al solito, avevo ragione io.
Se non fosse stato per lei, non avrei mai messo piede in quel luogo tetro, ma per una volta la assecondai.
Mi sentivo che non sarei più tornata a casa, dato che il mio senso dell'orientamento non era mai esistito, e perciò non era molto di aiuto.
Non sarei dovuta venire.
Iniziai a camminare con passo svelto, lungo quel corridoio, che sembrava esser infinito.
Cercavo con disperazione una via d'uscita, ma all'improvviso notai un ragazzo.
Era molto alto e con una stazza molto superiore rispetto alla mia.
Veniva verso di me.Era pieno di tatuaggi e non si intravedeva nemmeno un centimetro di pelle, grazie a tutto quell'inchiostro nero e grigio, se non sul viso. Non erano presenti altri colori oltre a quelli, così cupi e in un certo senso un po' tristi da portare addosso per sempre.
I suoi tatuaggi mi ricordavano un temporale, con tutte le sue scure nuvole e la pioggia, acida, che si abbatte violenta contro al terreno freddo ed umidiccio.
Amavo la pioggia: il poter rimanere in casa a guardare film e serie tv su Netflix, senza finire mai e, quando mettevi in pausa, l'unico rumore udibile in tutta la casa era quello delle gocce che si scontravano contro i vetri delle finestre.
Gocce che, in eventi molto rari, riuscivano a scorrere sul mio viso, in quei momenti in cui la mia fragilità era pari a quella di un bicchiere di cristallo, per colpa magari di qualche ricordo triste e buio che riaffiorava.
E riaffiorano spesso, molto spesso.
Ma cercavo di piangere il meno possibile, per il mio orgoglio e per poter dimostrare al mondo e a me stessa di esser forte.
Mi guardai attorno, un po' spaesata, e i miei occhi incrociarono quelli dello sconosciuto.
Anche i capelli del ragazzo, quasi uomo, per quanto fossero corti, sembravano neri quanto il tatuaggio dalla forma strana ed incomprensibile che gli ricopriva metà dell'avambraccio destro. Portava anche numerosi anelli, tutti piuttosto spessi e infilati in tutte le dita.
Ma io dico, non gli danno fastidio? Sono troppi!
Indossava i pantaloni di una tuta da corsa, marcata Honda, ed una canottiera bianca, quasi trasparente.
Subito pensai che fosse l'avversario di quel presunto James Davis, un ragazzo della mia scuola ma che non conoscevo, se non per le voci che giravano in giro.
Si trattava del solito don Giovanni, ricco e troppo altezzoso. Qualcuno diceva persino che aveva problemi di droga, ma erano in pochi a dirlo.
Era per lui che, io e la mia amica, eravamo venute a tifare.
Lei lo conosceva, dato che era uno dei migliori amici del ragazzo che le piaceva, e faceva di tutto per poter stare col suo gruppo.
Sembrava che Davis fosse il migliore, in fatto di gare, e che non avesse mai perso in sella alla sua moto, e ancora non si capiva come mai fosse così affezionato ad essa, dato che non l'aveva mai cambiata.
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Troppo Giovani
RomanceElle Brown è la figlia dello sceriffo vedovo della città, e un padre protettivo come il suo è raro da trovare. Ma forse si tratta solo di paura: non vuole perderla. Spesso esclusa da tutto, per paura che potesse spifferare qualcosa al padre, Elle a...