Capitolo 14: Una delle tante

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Elle's POV

Lo guardai mentre si allontanava, non sapendo con certezza cosa fare.

Non sapevo mai come comportarmi con questo ragazzo.

Avevo capito che nascondeva qualcosa, forse anche qualcosa di brutto. Avevo notato la sua difficoltà con l'aprirsi agli altri, ma forse era solo il suo modo di autodifesa in reazione a qualcosa che gli era successo in passato, e lo capivo alla perfezione.

Mi chiedevo perchè facesse tutto ciò che fa: dalle gare clandestine alla droga, da tutto questo mistero al suo carattere - schivo, arrogante, maleducato, nervoso, egoista, egocentrico, ma con un'aria estremamente attenta a tutto, il suo essere conosciuto da tutti, scherzoso e simpatico, ma solo se aveva voglia.

"Volevi solo portarmi a letto?" gli chiesi, ancora.

Mi fissò, con una freddezza capace di farmi accapponare la pelle.

"Speri in un mio no, mh?" si avvicinò di nuovo, con passo lento, come un leone in procinto di attaccare la preda.

Quella risposta mi bastò: era un sì. Il mondo mi cadde addosso, però cercai di non farlo vedere troppo, per non fargli usare la cosa a proprio vantaggio, perché ero solo una delle tante, e me l'aveva appena confermato.

Lo osservai bene, attentamente, mentre il mio piano per nascondere i miei sentimenti andava a farsi fottere, e i miei occhi diventarono lucidi, pieni di lacrime.

Ma pensandoci bene, cosa potevo sperare di ottenere da un ragazzo come lui? Si diceva che si era fatto mezza scuola, ci sarà pur stato un motivo.

No, non era un leone: aveva i capelli e gli occhi troppo scuri per esserlo. Mi ricordava di più una pantera nera.

"Allora no" disse solo, però aveva l'aria un po' confusa in quel nervosismo chimico, come se non riuscisse a comporre un pensiero.

Sospirai.

"Lo stai dicendo solo per accontentarmi" iniziai a dire, sotto il suo sguardo gelido ed intimidatorio "Non lo pensi davvero".

Tirai su con il naso.

Daje, visto che ci siamo iniziamo a piangere a dirotto.

Esaminò il mio viso e poi inclinò la testa.
"Perché mi hai respinto all'ultimo?" chiese con voce più bassa.

"Io..." cercai di pensare ad una risposta valida.

Sono quasi stata stuprata, che dici? Lo sai pure, mi hai portata via te da lì.

Il solo guardarlo mi rendeva più fragile, mi ricordava quella dannata notte.

Continuò a passare lo sguardo tra i miei occhi in continuo.

"Entro oggi"

E fu qui che mi venne una voglia assurda di prenderlo a schiaffi.

Scossi leggermente la testa.

"Niente, sul serio?"
Si strattonò i capelli.

"Sei vergine?" chiese ancora e io lo fissai senza rispondere.
Prese un respiro e si avvicinò.

"Elle" sussurrò, ma come riflesso invece io mi allontanai, specialmente quando alzò la mano, forse per accarezzarmi una guancia, e immediatamente girai la testa in riflesso, come per pararmi da uno schiaffo.

Lasciò cadere la mano e rimase a fissarmi, sbattendo gli occhi qualche volta confuso.

"Pensavi che ti avrei picchiata?" chiese con tono basso.

Indietreggiai subito, senza dargli nessuna risposta.

Dannato James Davis.

*

Quella sera

Ero rimasta a fissare il soffitto tutto il giorno, una volta arrivata a casa, ripensando a ciò che era successo quella mattina.

Mi ero fatta vedere troppo fragile, troppo.
Mi faceva paura, mi spaventava per davvero. Ma non lui in sé era a farmi provare ciò, ma bensì l'effetto che mi provocava.

Non so se pensasse davvero ciò che aveva detto o se fosse solo l'effetto delle droghe, però mi aveva fatto male quel "Allora no" non veramente pensato, quel "Ma che cazzo, no. Sto solo cercando di fare tu-sai-cosa. Non me ne fotte un cazzo di quella ragazzina che si crede chissà chi. Che scenda dal piedistallo cazzo."

Aveva negato il fatto che stesse parlando di me, con tanto di "Fatti i cazzi tuoi, Brown" ma non ero certa di potergli credere. La sera prima l'avevo respinto all'ultimo, a chi si sarebbe potuto riferire, altrimenti?

Non sapevo fino a che livelli fosse tossico, fino a che livelli compiesse atti illegali, e certo, ero consapevole che essendo la figlia di un poliziotto non era propriamente l'ideale per me. Di sicuro mio padre lo conosceva, in quanto sceriffo, e probabilmente almeno una volta sarà finito nelle sue grinfie.

Affondai la testa nel cuscino, stanca, ma proprio in quel momento sentii mio padre chiamarmi dal piano di sotto per la cena.

Con un grugnito mi alzai e guardai la mia immagine allo specchio. Avevo un aspetto malandato: le occhiaie violacee, i capelli spettinati, gli occhi un po' lucidi ancora.

Mi armai di coraggio e uscii dalla mia camera.

Scesi le scale lentamente e raggiunsi la cucina.

Appena entrai, lo sguardo di mio padre si spostò sul mio viso. Aggrottò le sopracciglia.

"È successo qualcosa?" chiese con aria perplessa e preoccupata.

"Solo una brutta giornata, ho studiato fino ad ora" mentii e sospirai.

"Hai dormito stanotte?" chiese ancora.

"Agente Brown, non sarà mica un interrogatorio questo, vero?" alzai il mento, guardandolo.

Scoppiò a ridere, divertito dalla mia faccia.

Mi sedetti a tavola.

"Com'è andata per quel viaggio?" gli chiedo, ed iniziammo a conversare senza alcuna pressione.

*

SPAZIO AUTRICE

Ciao a tutti, come state? Spero bene☺️

Stamattina mi è venuta un'improvvisa ispirazione e, finalmente dopo mesi, sono riuscita a trovare il modo di far continuare (almeno per un capitolo) la storia. Prima pensavo semplicemente di stroncare la scena allo scorso capitolo, ma così sono riuscita a darmi un punto di partenza.

So happy about that🌝🌝

In ogni caso, spero che vi sia piaciuto il capitolo. In tal caso, per favore lascia una stellina🌟⭐️

Ho visto che la storia ha quasi raggiunto le 2500 letture, grazie, grazie, GRAZIE. Soprattutto WOW perchè queste ultime cinquecento sono state fatte tutte nell'arco di un mese. Faccio fatica a realizzarlo🙏🏻

See you next time❤️

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Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 23, 2022 ⏰

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