Dì la cosa giusta

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Bene, dopo quella sera al mattino mi svegliai molto silenziosamente, vestendomi velocemente e uscii di casa altrettanto veloce.
Non sapevo se denunciarli o scappare, ero sempre stata il tipo di ragazza che tiene tutto dentro, molto chiusa e soprattutto mi vergognavo per ciò che mi era successo.
Credo che anche voi non avreste retto!

Era novembre.
Non ricordo bene il giorno ma immagino che fosse stato verso i primi giorni.
L'aria fredda punzecchiava dolcemente le mie narici ormai arrossate. Mi stavo dirigendo in banca, volevo che depositassero il 70% dei miei guadagni sul conto di mia madre.
Il giorno prima avevo fatto richiesta alla Saint Daniel Hospital, il miglior nel campo dei vari recuperi, in questo caso la chemio; avvisai mia madre Clarissa e lei, ovviamente entusiasta, preparò le valigie e assieme a me e ad un'infermiera andammo via da quello squallido luogo.
Sapevo che lì si sarebbe recuperata più rapidamente.

Comunque, dopo aver finito con le pratiche bancarie, mi diressi al parco: non volevo vedere nessuno, non volevo che mi vedessero più che altro.


Per quanto fossi vestita, mi sentivo nuda.


Vedevo donne con i propri bambini, vedevo coppia amoreggiare, vedevo anziani con i propri accompagnatori e vedevo me.
Non era una bella immagine la mia o almeno l'immagine di me che volevo dare di me.
E a questo proposito volevo far vedere che non ero codarda quindi andare dalla polizia a denunciarli però mi dovetti trattenere poichè avrei perso il lavoro e non avrei potuto pagare le cure di mia madre.
Dovevo solo sopportare un anno, sempre se quelli non mi avrebbero ucciso prima. Sorrisi involontariamente quando dovevo piangere, piangere e piangere.
Non per dolore ma per rabbia: non potevo lasciare che quelli potessero farmi cose del genere però dovevo resistere.


Ricevetti una chiamata, Paul.

-"Pronto, Chanel?"-

-"Sì, sì sono io, dimmi pure Paul"-

-"Potresti venire nel mio ufficio, dovrei parlarti"-

-"Cinque minuti e sono da te"- 

chiusi la chiamata e mi diressi all'ufficio di Paul.

Non avevo idea di la più pallida idea di cosa mi dovesse dire.
Appena arrivata nel suo ufficio mi accolse con un abbraccio ma quando aprii le braccia chiusi gli occhi e indietreggiai spaventata; lui mi guardò interrogativo ma rendendomi conto delle situazione, sorrisi forzatamente e lo abbracciai.
Con quello capii che la mia mente aveva superato leggermente la situazione accaduta la sera precedente, non il mio corpo.
-"Stai bene, Chan--- cos'è quel taglio?"- chiese preoccupato lui
-"Beh, ecco io.."-
-"Fa niente, me lo dici dopo, comunque ti ho chiamato perchè la banca ci ha chiamato per darci la conferma della deposizione del 70% dei tuoi soldi sul conto bancario di.. aspetta che prendo il foglio, ecco, sì, di Clarissa Williams"-

-"Sì, è di mia madre. Con i soldi che guadagno posso permetterle di continuare la chemio in un ospedale specializzato"-

-"E' molto bello da parte tua aiutare tua madre.. spero tu ti trovi bene con i ragazzi, hanno fatto già gli stupidi?"-

-"Ecco ieri sera---"- la stretta sul fianco violenta di qualcuno mi fece bloccare.

Mi girai e trovai un Niall sorridente che si affrettò a rispondere al posto mio.

-"Sì, ieri sera ci siamo divertiti un sacco, abbiamo molte cose in comune, ne Chanel?"-

Quando uno pensa ad uno sguardo di ghiaccio, si pensa che si tratti di occhi azzurri. In questo caso il colore dell'iride non era più di tanto rilevante, per quanto azzurro, lo sguardo di Horan era spaventoso e lasciava trasparire una certa rabbia che all'esterno non si dava a vedere.
Se avessi aperto la bocca, probabilmente avrei urlato per quanto faceva male quella presa quindi mi limitai ad annuire.

-"Mi fa piacere, ragazzi! Non mi hai spiegato però quel taglio che hai in faccia"-
Spostai leggermente il bacino verso di lui perchè la presa di Niall si fece ancora più stretta e possente, quasi da farmi lacrimare gli occhi.
-"I-io sono scivolata dalla doccia e ho s-sbattuto la testa"- Niall allentò leggermente la presa, facendomi capire che avevo detto la cosa giusta.
-"Già, meno male che l'abbiamo aiutata.. Scusaci, Paul ma dobbiamo andare, ci vediamo eh!"- e mi portò via, non riuscendo neanche a salutare Paul, angelo ingenuo che non si accorse di nulla.

Una volta in ascensore mi sbatté contro una parete, facendo tremare tutto e fece con il dito un segno di disapprovazione e mi accarezzò la guancia dicendo
-"No, no. Harry non ne sarà contento, ciccia!"- per poi darmi un pizzicotto sul braccio, facendomi gemere a bassa voce.

Ci incamminammo a casa.
-"Quindi in pratica tu hai accettato il lavoro solo per pagare la chemio di tua madre"-
-"S-sì, avevo bisogno di sol---"- mi bloccò ancora
-"Hey, stop! Non me ne frega un cazzo"- disse sorridendo continuando a camminare.
Il telefono di Niall squillò e rispose
-"Ciao! ..Sì, è qui con me.. No, no, però la cogliona stava per spifferare tutto a Paul.. ah ah, sì, arriviamo in 10 minuti.. sì, ciao ciao! [chiuse la chiamata]Ciccianel sei nei guaaai !"-

Volevo tutto tranne che tornare a "casa"

 

Sindrome di StoccolmaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora