♧13♧

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Da quel giorno Jimin aveva mantenuto la parola.

Si era comportato da perfetto coinquilino e Jungkook si era ritrovato a seguire gli ordini silenziosi del biondo.

Parlavano poco i primi giorni o meglio Jungkook parlava, Jimin si limitava a ringhiare, sbuffare ed annuire.

Poi con il passare delle settimane riuscirono ad avere una conversazione breve e civile.

Quando non parlavano Jungkook si limitava a guardarlo a vedere come la sua pancia iniziava ad ingrossarsi lentamente e come Jimin sembrasse sempre più radioso e bello ogni giorno che passava.

Quelle poche volte in cui si era barricato nello studio Jungkook aveva pensato a un modo per affrontare Joe.

In passato gli sarebbe bastato il contatto fisico per risolvere e appianare gli attriti.

Ma ora era proprio lui la causa dei suoi stessi problemi.

La sua rabbia era naturale.

Perché cazzo aveva chiamato Jimin?

Senza discutere o avvertirlo con qualche gesto o affermazione.

Era forse uno stupido tentativo di riaverlo indietro?

Ma per cosa?

Si sentiva bene con Jimin, a suo agio. Parlavano di cinema.

Stava addirittura imparando qualche cosa sulla vasta cultura letteraria Coreana.

Era orgoglioso di come tutti i suoi amici lo apprezzassero.

Di come avesse preso senza intoppi la patente americana e di come gestiva perfettamente la Park's.

Namjoon gli aveva detto per lo meno tre volte quanto si fosse preoccupato di quel matrimonio improvviso.

Uno dei suoi colleghi di origini cinesi aveva fatto un matrimonio combinato con una donna di Hong Kong e non aveva funzionato e Namjoon temeva potesse accadere la stessa cosa con tra lui e Jimin.

Ma dopo aver conosciuto Jimin non solo aveva capito ma aveva persino approvato.

Proprio mentre Jungkook rifletteva su questo sentì gli schiocchi della porta d'ingresso che si apriva.

Jimin entrò nell'appartamento e posate borsa e chiavi sul mobile d'ingresso si diresse al frigo per prendere un bicchiere di acqua.

Jimin si sedette sul divano e sperò con tutto il cuore che il bambino non percepisse la sua rabbia che come una palla di pietra si era annidata nella sua pancia.

Jungkook aveva chiaramente espresso con le sue azioni che non voleva quel figlio.

Non l'avrebbe avuta vinta, non quella volta.

Il telefono squillò ma Jimin non si mosse rimanendo nella comoda penombra del soggiorno.

Che rispondesse Jungkook.

Ho finito di farti da servo.

Probabilmente era Joe.

Non si telefona alle due e un quarto ma probabilmente quel tirocinante non aveva né educazione né morale.

Quel giorno aveva deciso di consegnare i documenti a Jungkook.

Era appena andato a firmarli e ritirali, finalmente l'indomani sarebbe uscito da quell'appartamento che era obbligato a occupare.

Jungkook sbucò dallo studio corse al telefono.

La sua voce riempì l'appartamento.

"Mamma?"

THE GROOM  [_JIK○○K_]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora