Capitolo 13

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Tentai di inviare un messaggio a Lele con la vista annebbiata dalle lacrime mentre il treno si avvicinava sempre di più alla stazione di Milano.

"Dove siete? Sei con Tanc?".
"Ciao Sof. Si, siamo insieme. È distrutto, ha biosgno di te.".
"Lele, non dirgli nulla, non dirgli che ti ho scritto. Sono sul treno, mandami la posizione. Sto arrivando." Scrissi con il cuore in gola.

Non potevo crederci: avevo appena balzato scuola e mi trovavo su un fottuto treno che mi stava portando verso la felicità. Non era chissà che, ma una pazzia del genere mai mi sarei immaginata di farla, per amore oltretutto! Ma ormai non potevo tornare indietro, non potevo e non volevo. Tanc aveva ragione, Andrea aveva ragione: non dovevo fare la cosa giusta, ma quella che mi avrebbe resa felice. E la mia felicità l'avevo trovata racchiusa in quegli ipnotici occhi verdi, in quel meravigioso sorriso, in quelle braccia confortanti, in quelle mani delicate. La mia felicità era costituita unicamente da Tancredi Galli e stavo andando a riprenderlo.

Lo schermo del cellulare si illuminó mostrandomi la risposta di Lele, due messaggi.

"Sei pazza, Sof! Non sai che enorme regalo gli stai facendo!".
"Posizione.".

Perfetto, pensai. Era tutto nelle mie mani, la mia felicità e la sua. Chiusi gli occhi lasciandomi cullare dalle parole di Ritornerai di Random,

"[...] Un bel giorno sei arrivata e mi hai stravolto la vita
soltanto una ragazzina però io l'ho capita
grazie a te ho conosciuto la mia parte cattiva
amare è un arte non c'è spazio per orgoglio invidia
rarità incustodita, non sarai mai mia amica
una pietra incastonata nella roccia antica[...]".

Riaprii gli occhi di scatto quando la voce elettronica annunció l'arrivo alla stazione di Milano centrale. Eccomi di nuovo qui, pensai, nello stesso posto, per la stessa persona, per noi.

Non appena le porte si aprirono, sgattaiolai giù dal treno dando inizio alla corsa sfrenata verso tutto ció che mi aveva davvero fatto battere il cuore.

Aiutata da GoogleMaps raggiunsi velocemente la mia destinazione: una casa grande e provvista di un gardino di altrettante dimensioni. Non sapevo di chi fosse, quella casa, nè chi vi avrei incontrato all'interno, ma non mi importava. Avevo bisogno di Tanc tanto quanto lui aveva bisogno di me.

Scrissi un messaggio a Lele: "Sono qua sotto.".
Sentii la sua voce che proveniva dall'interno: sapevo cos'aveva in mente.
"Tancredi! Puoi andare ad aprire la porta?"
Rabbrividii quando sentii di nuovo la voce del mio piccolo angelo: "Vacci tu, Lele!".
"Per favore, Tanc. Credimi, non te ne pentirai. È per te.".

Sentii un forte tonfo seguito da passi veloci che scendevano le scale. Quando la porta si aprì davanti a me, comparve in tutta la sua bellezza il mio Tanc: occhi gonfi e arrossati, i riccioli biondi spettinati e la pelle pallida. Indossava una maglietta color senape di almeno due taglie in più, mentre la sua solita e attraente tuta grigia gli fasciava le gambe. Sorrisi davanti a quell'estrema bellezza che sapeva emanare nonostante le pessime condizioni.

"Sofia!" Gridó prima di allacciare le braccia al mio collo e versare lacrime di emozione sulla mia spalla.
"Sono qui, piccolo. E voglio stare con te." Dissi accarezzandogli dolcemente la schiena con una mano.

Ascoltavo il suo respiro affannoso e spezzato, il battito del suo cuore accelerato. Il tempo parve fermarsi racchiuso nell'amore di quell'abbraccio sincero e desiderato.
Lele fece capolino dalla porta rimasta aperta: "E dài Tanc, falla salutare anche a me!" Rise avvicinandosi e aggiungendosi all'abbraccio. Sorrisi scompigliandogli i capelli. "Ciao Lele!".

"Dài ragazzi, entriamo." Suggerì assestando una pacca amichevole sulla spalla di Tanc che si staccò da me restando a guardarmi per qualche secondo. I suoi occhi saettarono dai miei alle mie labbra prima che prendesse l'iniziativa e si fiondasse sul mio sorriso. Fu un bacio lungo e intenso, colmo d'amore e di passione. Era esattamente ciò di cui avevo bisogno.

"Mi sei mancata così tanto. Avevo davvero paura che volessi andartene da me." Mi sussurró sulle labbra con le lacrime che ancora gli rigavano le guance. Le asciugai passandogli un dito sotto agli occhi. Lui sorrise. E, Dio, era senza dubbio il panorama migliore che avessi mai visto.

"Volevo farlo, stupidamente. Ho pensato solo a me dimenticandomi che le cose migliori si fanno in due. Mi dispiace per tutto, per quello che ti ho detto, per le lacrime che hai versato. Io ora sono qui, piccolo. E non ti lasceró mai più solo." Lo strinsi di nuovo a me mentre Lele aspettava sulla soglia, guardandoci come fossimo un'opera d'arte.

Tanc mi invitó a entrare come suggerito precedentemente da Lele, lo seguii all'interno della grande casa in cui incrociai anche Gian e Diego spaparanzati sul divano con due joystick in mano.

"Finalmente! Pensavo non ti facessi più vedere!" Scherzó Gian correndo ad abbracciarmi, seguito da Diego che si affrettó a infilarsi una maglietta per coprire il petto costantemente nudo.

"Ciao ragazzi!" Li salutai lasciandogli un bacio sulla guancia. "Come state?".

"Non ci lamentiamo. A parte lo strazio delle continue lamentele di Tanc!" Esordì Diego facendo l'occhiolino all'amico nominato, il quale ricambió con una lunguaccia mentre estraeva una bottiglia d'acqua dal frigorifero. Risi davanti a quella scena: non solo Tancredi era l'amore che avevo sempre sognato, avevo addirittura trovato degli Amici con la A maiuscola.

"Regà, è quasi ora di pranzo! Chi cucina?" Domandó Gian passandosi una mano sulla pancia affamata.
"Lele!" Risposero Tanc e Diego all'unisono indicando l'amico che fingeva di non aver sentito, fischiettando con lo sguardo rivolto verso il parquet.

Lele alzó le mani in aria in segno di resa: "Allora, miei baldi discepoli, cosa gradite per pranzo?" Domandó imitando la voce dello chef Alessandro Borghese e facendoci sprofondare in una fragorosa risata.

"Pasta al tonno?" Propose Tanc passandosi una mano sul viso stanco. Tutti si mostrarono d'accordo e diedero l'ok a Lele per mettersi ai fornelli.

"Vado a sciacquarmi il viso" Ci informó Tanc rivolgendomi un sorriso. "Vieni con me?".
Annuii sorridendogli e seguendolo al piano di sopra.

Quando entró in bagno, si fermó qualche secondo a fissare la sua immagine riflessa nello specchio prima di mostrare un sorriso storto.

"Sono proprio un rottame.".
"Sei la cosa più bella che io abbia mai visto.".

Posó le mani sui miei fianchi; io allacciai le braccia al suo collo accarezzandogli dolcemente i capelli. I nostri occhi si desideravano, le nostre bocche si sorridevano. E di nuovo un bacio, uno di quelli che non toccano solo le labbra ma arrivano dritti al cuore e all'anima.
Tremavo ancora sotto il suo sguardo, sotto il suo tocco. L'effetto che aveva su di me non accennava a svanire. Eravamo io e Tancredi, eravamo noi, e questo ci bastava.

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Ri-eccomi! Scusate se questo capitolo non è granchè, mi faró perdonare, promesso! Stasera o domani posteró il seguito. Un bacione stelline😘

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora