Capitolo 29

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Mi svegliai di sorpassalto, nel cuore della notte, passandomi una mano sulla fronte madida di sudore. D'istinto afferrai il cellulare su cui potei vedere l'orario, 3:47, e alcune notifiche di Tanc.

Riaccompagnarlo in stazione domenica sera e vederlo allontanarsi salendo sul treno che l'avrebbe portato via da me, mi spezzò il cuore spingendo una metà di esso ad andarsene con lui.
Sfiorai le sue notifiche con il dito, inserii il codice di accesso e mi posizionai sulla sua chat.

"Mi manchi piccola.".
"Sono davvero felice di poter dire che sei finalmente e ufficialmente mia.".
"Grazie per la giornata, grazie di essere ancora al mio fianco.".
"Buonanotte amore.".

Sorrisi, impalata davanti a quelle parole, rileggendole varie volte fino a recitarle a memoria. Quel ragazzo non aveva idea della capacità che avea va di riempirmi interamente il cuore anche con poche semplici parole che, se dette da lui, non erano affatto semplici.

"Mi manchi anche tu, amore. Spero solo che questa settimana passi in fretta. Voglio riabbracciarti." Digitai con un viso triste.

Il suo profumo dominava ancora all'interno della mia stanza, impregnato nella felpa in cui mi stringevo per ripararmi dai brivi del freddo; nelle coperte che la notte precedente scaldavano i nostri corpi arrotolati l'uno all'altro; nel mio cuore che fin dal primo giorno batteva solo e unicamente per il ragazzo migliore che mi fosse mai capitato di conoscere.

Portai una mano a grattarmi la fronte tentando di ripercorrere il brutto sogno che aveva imposto il mio risveglio brusco e improvviso: niente, nessun ricorso se non frammenti di scene sinistre. Una notte scura, una casa spaventosa nel mezzo di un bosco tetro e cupo; ricordai un paio di occhi verdi che supplicavano aiuto, dei cigolii malauguranti, una voce roca e soffocata.

Dovrei smettere di leggere le storie dell'orrore prima di dormire, pensai. Non era propriamente un racconto horror, semplicemente una misteriosa narrazione di fatti ch'erano apparentemente realmente accaduti qualche anno prima, in una città estera che rimase avvolta nell'astmosfera del terrore per diverso tempo dopo quell'espisodio.
Tirai un sispiro di sollievo dopo essermi accertata di trovarmi al sicuro nella mia stanza, arrotolata tra il caldo piumone color perla; dai fori della tapparella abbassata filtrava la luce della Luna piena più bella che avessi mai visto: i crateri lunari erano ben visibili anche a occhio nudo mentre le poche nuvole, troppo deboli e sottili, tentavano di coprirla senza risultati.
Chiusi gli occhi mentre, con i gomiti appoggiati al davanzale, l'aria gelida della notte mi sfiorava il viso facendomi rabbrividire. Immaginai il calore di un tenue buio estivo, la Luna a riflettere la sua immagine sul mare, le onde a infrangersi testardamente contro gli scogli rocciosi senza mai perdere la speranza di riuscire, un giorno, a sovrastarli. Immaginai, poi, di trovarmi proprio su quello scoglio, il più alto e inoltrato nel mezzo dell'acqua, con la mano stretta in quella di Tanc a colmare gli spazi tra le nostre dita, e la mia testa posata sulla sua spalla ad ascoltare le reazioni del suo corpo alla mia presenza.

Devo solo avere pazienza, non appena arriverà l'estate vivremo questi momenti stupendi, insieme, pensai. Sospirai lasciando spazio a un sorriso, quello stupido sorriso che dominava il mio viso ogni volta che Tancredi camminava avanti e indietro per la mia testa senza sosta, senza mai stancarsi.
Mi infilai nuovamente sotto le coperte dopo aver regalato un ultimo sguardo alla Luna e aver richiuso la finestra escludendola dalla mia visuale. Chiusi gli occhi stringendo il cuscino, immaginando nuovamente Tanc accanto a me. Inspirai a pieni polmoni la dolce fragranza ch'era rimasta impregnata nelle coperte tra cui, la notte precedente, i nostri cuori battevano all'unisono, addormentandosi sulle note della canzone d'amore migliore di sempre: i nostri respiri fusi l'uno nell'altro.

Capitava, talvolta, che confrontassi le emozioni provate nel corso di ogni tipo di relazione, che fosse amicizia o amore, in modo da cogliere le differenze essenziali per capire quali persone meritavano davvero un posto nel mio cuore.
Il mio pensiero correva spesso a Fede, riportandomi alla mente ogni momento vissuto al suo fianco, dai più belli ai più dolorosi. Non nego affatto di averlo amato tanto, di averlo amato più di me stessa, nonostante le cose fossero evidentemente destinate a finire. Come si poteva insabbiare la memoria di una persona ch'era riuscita a farmi stare così bene?

Fede fu il mio primo amore, a quell'età. Il primo ragazzo che seppe farmi battere il cuore sciogliendo le catene di timore in cui era rinchiuso; potrei dire che fu la mia prima volta in ogni ambito in cui si possa ricordare una prima volta: il primo "Ti amo" sussurrato con la timidezza di chi l'amore non sapeva nemmemo bene cosa fosse, il primo bacio dato con la paura di non saperlo fare, la prima volta vissuta con il desiderio di fare l'amore e l'iniziale timore che facesse male. Fu anche la prima volta che aprii totalmente il mio cuore a qualcuno, la prima volta in cui lasciai entrare così liberamente qualcuno nella mia vita fregandomene del rischio di soffrire. Non avevo mai minimamente valutato le possibili conseguenze negative della nostra relazione nonostante la sua fama precedente scaturisse dal suo inaccettabile comportamento con le ragazze, passando da una all'altra come fossero vecchi giocattoli da buttare. Con me fu diverso fin dal primo istante: quando i nostri occhi si incontrarono per la prima volta, lui perse totalmente la testa. Ricordo le sue continue lotte pur di tenermi accanto, in contrasto con la sua difficoltà ad ammettere di essersi realmente innamorato; ricordo le scuse, banali ma tenere, che utilizzava pur di starmi vicino anche pochi minuti in più; e ricordo quando finalmente cedetti, rapita dalle sue continue attenzioni e avances, posandogli il mio cuore tra le mani senza alcuna protezione.

Tutto ciò che avevo passato con lui non sarebbe mai stato cancellato da niente e nessuno; mi avrebbe segnata per sempre, restando impresso in modo indelebile nel mio cuore graffiato e nella mia mente maturata, evidenziando i segni di un primo amore finito male. Per questo motivo non sono mai stata in grado di comprendere le persone che etichettavano il primo amore come quello più importante perché ti insegna ad amare. No!
Il primo amore è essenzialmente ciò che ti permette di scoprire la vastità di quel sentimento così forte e saldo, ma non è certo quello più rilevante. Sono sempre stata convinta, invece, dell'estrema importanza del secondo vero amore, quello che nonostante i segni sul cuore, ti fa capire che puoi amare di nuovo. Quello che non si ferma davanti a niente, che sa farti ricominciare a vivere; il paracadute che si apre salvando la tua precipitazione in picchiata verso il suolo dell'assenza di ulteriori speranze. Il secondo amore è un po' come l'inizio di una nuova vita, come quando il tuo cuore si accorge di essere ancora in grado di provare sentimenti così forti a seguito della prima grande delusione, di una brusca rottura, di un senso di abbandono.

Nonostante potesse sembrare un pensiero affrettato, per me, quel secondo vero amore, aveva un nome e un cognome ben precisi: Tancredi Galli.

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Ciao gattini, come state? Spero bene e, come sempre, spero vi piaccia il capitolo. Ho tante idee anche per altre storie dedicate a Lele, Gian e Diego! Non vedo l'ora di farvele leggere tutte! Ovviamente prima dovró finire questa, poi pian piano, una alla volta, scriverò le altre. Vi voglio bene, vi mando un grosso bacio😘

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora