Capitolo 36

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Camminavo per le strade di Roma scattando numerose foto a ogni edificio e monumento. Ciò che naturalemente impiegò la maggior parte del mio tempo fu il Colosseo: non che avesse qualcosa di così particolare da mostrare, se non il suo meraviglioso stile achitettonico ovviamente, ma l'idea di fantasticare sulle diverse esibizioni che avevano luogo al suo interno nell'epoca in cui è stato costruito mi dava i brividi.
Il Pantheon, i Fori Imperiali e il Campidoglio furono certamente le mete successive, dopo buona parte del pomeriggio trascorsa a fantasticare, stesa sul prato dinnanzi alla struttura che attirava così tanto la mia mente sognatrice.
Giunta al Campidoglio, scattai qualche foto alla famosa statua della Lupa prima di concentrarmi sulla meravigliosa vista che quella sorta di balconcino regalava su buona parte della città. Mi si strinse il cuore quando, chiudendo gli occhi per qualche istante, immaginai Tanc al mio fianco, a stringermi la mano e goderci quel tramonto mozzafiato, in un cielo colorato da sfumature arancioni regalate dal Sole che se ne stava andando, sparendo dietro Roma, per lasciare il posto alla maestosa oscurità spezzata solo dalla luce della Luna.
Scattai qualche foto al panorma prima di selezionare la migliore e caricarla nella storia di instagram aggiungendo, come testo, una citazione della canzone di Zoda, Luna e Sole, che posizionai al centro della fotografia:

"[...]Ti penso da un pezzo e mi manchi,
noi due da soli, semplici brillanti,
se uniti preziosi diamanti
ma con i lati non combacianti,
vicini, ma troppo distanti[...]".

Erano ormai diverse ore che non avevo notizie di Tanc: diceva di essere impegnato nella registrazione di qualche Tiktok, in compagnia degli altri ragazzi, che avrebbe dovuto postare quella sera stessa. Non mi sarei mai permessa di intromettermi nella sua ordinaria vita da Tiktoker, perciò lo rassicurai dicendo che non ci sarebbe stato nessun problema e che ci saremmo sentiti non appena avesse terminato. Un grande nodo si attorciglió nel mio stomaco accrescendo il mio allarmismo: non che non mi fidassi di lui, ma mi pareva fosse già trascorso troppo tempo per dover registrare solo qualche Tiktok.
Decisi di inviagli un messaggio, nulla di speciale o complicato, un semplice "Hei amore." seguito da un cuore verde.
Nonostante non fossero delle stupide emoji a costituire una relazione, agli occhi altrui avrebbe potuto risultare strano che una coppia si scambiasse continuamente cuori verdi anzichè rossi, ma era ormai diventato il nostro segno distintivo. Verde come i suoi occhi che guardavano solo me, verde come la fortuna di esserci trovati.
In poco tempo ricevetti una sua risposta, cupa e insipida, priva di ogni emozione.
"Hei.".
Deglutii a fatica prima di sbloccare il cellulare e aprire la sua chat. Decisi così di inoltrargli la foto scattata al panorama poco prima: forse sapere che davanti a quella grande bellezza stavo pensando a lui, gli avrebbe fatto spuntare un sorriso.
"Guarda che meraviglia." Digitai subito dopo.
"Si, è davvero bello.".
"Va tutto bene?" Domandai con le dita tremanti.
"Si, perchè non dovrebbe?".
"Sei un po'...strano, ecco. Tutto qua.".
"Sono solo stanco. E mi manchi.".
Mi si strinse il cuore leggendo le ultime tre parole. Avrei certamente preferito stringerlo a me e baciarlo fino a consumargli le labbra, e speravo solo di poterlo fare al più presto.
"Mi manchi anche tu.".

Bloccali lo schermo del cellulare e lanciai un ultimo sguardo al Sole, ch'era ormai quasi completamente nascosto, prima di incamminarmi verso quella che avrei dovuto chiamare casa.
Percorrevo una strada costeggiata da un grande parco quando notai, tra un gruppo di ragazzi, il viso di Edoardo. Mi seguiva con gli occhi senza il minimo cenno a spostare lo sguardo altrove; accennai un sorriso e alzai la mano in segno di saluto. Tutto ciò che ricevetti in risposta fu una smorfia contrariata e un roteare di occhi al cielo. Ora potevo esserne certa: nemmeno lui digeriva bene la relazione che stava intraprendendo suo padre, al punto di guardare persino me con aria schifata e disgustata ma, in fin dei conti, io che colpa ne avevo?

"Ao fratello, e quella chi è? Non ce la presenti?" Gridó divertito il ragazzo dai capelli biondi che stava seduto sulla panchina accanto a Edoardo.
"No, non è nessuno." Replicó in tono duro.

Una lieve fitta mi colpì il petto. Abbassai lo sguardo accelerando il passo in modo da sparire dalla loro visuale il più velocemente possibile.
Non che mi importasse qualcosa di lui, semplicemente non pensavo di meritarmi questo suo atteggiamento così schivo e maleducato. In fin dei conti avremmo dovuto condividere la stessa casa per chissà quanto tempo, e non avrei mai voluto che quella sorta di convivenza fosse basata su odio e liti.

Quando finalmente raggiunsi la villa, suonai il campanello attendendo, sulla soglia, che qualcuno venisse ad aprirmi. Niente.
Feci un secondo tentativo prima di estrarre il cellulare dalla tasca e controllare le notifiche.

"Tesoro, io e Cris siamo usciti. Le chiavi le ha Edo. Non faremo tardi.".

Meraviglioso, pensai, ci mancava solo questa.
Mi accomodai su una delle sedie, color perla e intagliate a regola d'arte, che riempivano il gazebo della distesa anteriore della casa, sperando che Edoardo non tardasse troppo a rientrare.
Nel frattempo risposi ai messaggi di Tanc e colsi l'occasione per informarlo della mia sventura, omettendo inizialmente il dettaglio che riguardava Edoardo: non mi piaceva affatto nascondergli le cose, neppure quelle più piccole e insignificanti, ma non mi sembrava nemmeno il caso di creargli paranoie o preoccupazioni. Infondo era evidente che Edoardo mi odiasse, e io non avevo intenzione di pregarlo per ricevere un qualsiasi tipo di gentilezza da parte sua, perciò Tanc non avrebbe avuto nulla per cui allarmarsi.

"Per fortuna sei arrivato!" Dissi con aria sollevata vedendo Edoardo fare il suo ingresso nel vialetto che conduceva alla porta.
Erano ormai trascorse un paio d'ore e mancava poco che mi addormentassi seduta su quella sedia tanto bella quanto estremamente scomoda.
Non rispose, non accennó neppure un lieve movimento della bocca; si limitó a scrutarmi con espressione accigliata prima di inserire la chiave nella serratura e varcare la soglia, con me al suo seguito.
Salì velocemente le scale e si diresse verso la sua stanza, esattamente davanti alla mia, chiudendo la porta alle sua spalle con un grande tonfo. Scossi la testa decidendo di lasciar perdere. Provarci non avrebbe avuto alcun senso: bastava la mia presenza a infastidirlo, ero certa che non mi avrebbe mai rivolto la parola neppure sotto tortura.

Controllai l'orario: erano le 18:30 e avevo ancora tempo a disposizione prima che mamma e Cristian rientrassero per cena.
Aprii l'acqua della doccia e attesi qualche minuto prima di entrare, il tempo necessario perché si scaldasse. Il forte getto colpiva ferocemente la mia pelle, stanca e delicata, alleviando leggermente il dolore ai muscoli della schiena; chiusi gli occhi e lasciai che portasse via con se', nello scarico, ogni brutto pensiero sentendo, in poco tempo, il corpo più leggero.

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Ciao cuoricini! Come state? Io oggi ho camminato parecchio e sono davvero distrutta.
Spero vi piaccia il capitolo! Vi mando un grosso bacio e vi auguro la buonanotte😘

TI GUARDO FISSO E TREMO - Tancredi GalliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora