Capitolo 4.

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Zac

Getto la sigaretta ,ormai consumata e spenta, dal balcone e la guardo precipitare dal settimo piano.
Sputo l'ultima nuvola di fumo e rimango lì a guardare il cielo scuro, senza una stella, con i gomiti appoggiati alla ringhiera.
Sento il cellulare vibrare nella tasca posteriore del jeans e lo prendo. Sento un brivido nel leggere il nome sul display: Mike.

Rimango qualche istante a fissare lo schermo indeciso se rispondere oppure lasciarlo suonare... Però potrebbe sempre essere importante...
«

Pronto?»  dico rimanendo freddo.

«Zacary! Finalmente. Come stai?» curioso il suo interesse, non gli è mai importato nulla di me.

«Bene, Mike.»  esito  «La mamma come sta?»

«Ha avuto qualche crollo emotivo negli ultimi due giorni... A quanto pare gli manca il suo piccolo Zacary. »

«Smettila, Mike. Piuttosto, cosa vuoi ancora da me?» chiedo nervoso stringendo con la mano libera una sedia di plastica bianca sul mio balcone.

«Zacary! Non trattarmi così, volevo solo sapere come stai...»

Mio fratello sa benissimo che non mi piace il nome "Zacary" e preferisco essere chiamato "Zac" ma lui, come per farmi un dispetto, mi chiama così da quando avevo cinque anni. Più o meno da quando ha iniziato a darmi noia.

«Anche io sto bene, comunque. »  cerca di istigarmi lui.

«Mi fa piacere. »  rispondo seccato.

Sento che ride, sta per dire qualcosa ma chiudo la chiamata scuotendo la testa.
Controllo l'ora sul display.  Sono quasi le due di notte e tra mezz'ora inizia il mio turno al pub.
Indosso una semplice giacca di jeans blu ed esco.

• • •

Appena entrato nel club mi copro gli occhi con la mano per la luce blu che emanano alcune illuminarie.
C'è puzza, o meglio un forte odore, di alcol.
Mi faccio largo tra tutta la gente che balla, con le fronti leggermente sudate, e raggiungo la mia postazione salutando il mio collega, e amico, Jerome.
Il DJ mi fa un cenno con la mano per salutarmi mentre mette un remix che fa scatenare le persone tra la folla e muovere ancor di più le cubiste.
Una di loro, dovrebbe chiamarsi Lexa, è molto molto carina e devo ammettere di averci messo gli occhi addosso già da un po'.
L'atmosfera nel pub sembra tutto sommato okay.
Io ho ventisei anni e vedere ragazzini di quindici chiedermi da bere è talmente ridicolo da farmi ridere.
Vorrei proprio verli ubriacarsi per la loro prima volta, ma, mi limito ad indicare il cartello alle mie spalle.

Vietata la vendita di alcol ai minori di ventun anni .

Loro, di solito, se ne vanno incazzati ma non mi fanno ne caldo ne freddo. Mentre sono perso nei miei pensieri facendo un drink ad un ragazzo mi cade l'occhio su una ragazza che porta una camicia bianca sbottonata che mostra il suo seno prosperoso.

Ed è quel semplice indumento che mi riporta con la mente alla ragazza del Mc Donald. Effettivamente, e a ripensarci ora, con lei sono stato piuttosto maleducato. Avevo anche sporcato la sua camicia bianchissima di Coca-cola...

«Ti svegli? Sto ancora aspettando il mio drink.»

Riporto la mia attenzione sul ragazzo. Lo folgoro con lo sguardo e gli porgo il bicchiere.

«Se non stai stare sveglio la notte questo non è il lavoro per te.»   dice schernendomi.

Mi avvicino lui tirandomi su le maniche della giacca e gli do una lieve spinta.

«Stai attento a come parli. Non sono la persona giusta con cui scherzare.» gli dico in tono minaccioso e autoritario.

Fa un passo indietro e tenta di tirarmi un pugno, lo placo e con un abile movimento del braccio, e della gamba, lo faccio cadere a terra.
Grazie, zio, per avermi insegnato ad autodifendermi.
Alzo lo sguardo verso il DJ per far sì che riprenda con la musica e in poco tempo tutto torna come prima mentre il ragazzo si alza ed esce dal locale.

• • •

Dopo che tutti hanno lasciato il locale mi preparo per andarmene a casa.
Cerco di uscire ma vengo letteralmente placcato da un uomo basso e con uno squallido parrucchino che sembra più una coda di scoiattolo: il capo.

«Allen.»  dice incrociando le braccia al petto.

«Capo.»  abbasso lievemente la testa per guardarlo bene.

«Allen, nei miei locali non accetto che il cliente venga picchiato.»

«Ha iniziato lui, signore, io mi sono solo difeso.»  dico cercando di giustificarmi.

«Allen, devo prendermi qualche giorno per decidere cosa farmene di te. Ci tengo al tuo posto, fai dei drink ottimi...» dice pensieroso strofinandosi il mento e quella coda di scoiattolo.

«Capisco.»  porca puttana «Sa dove contattarmi.»

Esco incazzato dal pub guardando l'insegna blu accecante. "NY PUB".
Appena entro in casa mi prendo la testa tra le mani e tiro un forte pugno contro il muro. Poi altri tre. Le nocche stanno sanguinando e metto la mano destra sotto l'acqua fredda.

Mi accendo una sigaretta cercando di tenere ferma la mano dolorante e impreco pensando che qualcuno lassù deve avercela con me.
Prima Mike, poi mio padre e ora che devo rifarmi una vita lontano da Ottawa sono stato licenziato.

I soldi per un mese e più mi bastano, ma devo iniziare a cercare un altro lavoro. Magari come meccanico, siccome avevo studiato.
Domani mangerò in qualche fast food e poi vedrò come va.

Guardo il cielo e poi il mio accendino giallo fosforescente. Riporta la scritta "less stress more sex" ed è proprio quello di cui sento di avere bisogno ora.
Mangio qualcosa di fretta e poi esco di casa, diretto in qualche locale notturno per trovare una ragazza con cui passare la nottata.


Spazio autrice👑
Capitolo 4!
Da questo capitolo possiamo vedere che Zac ha qualche problemino a gestire la sua rabbia...
Se vi è piaciuto vi invito a lasciare una stella e un commento🌟

ultima revisione: 28/08/2020

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