Capitolo 9.

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Micol

Pur essendomi addormentata estremamente tardi, stamattina mi sono svegliata alle sette.
Ho messo l'acqua a bollire sul fornello per prepararmi un the verde e ho acceso il computer mentre l'acqua si scaldava.

Entro nella pagina di scrittura, e penso a qualcosa di decente da scrivere. È da quando avevo nove anni che sogno di pubblicare un libro ma ultimamente temo che non sia la strada da prendere nella mia vita.
E seppur sia estremamente sbagliato non seguire i propri sogni sono sempre più convinta di aver sbagliato strada.

Circa un anno fa ho tentato la fortuna inviando il mio romanzetto rosa ad una casa editrice. Ho passato settimane con l'angoscia e poi ho ricevuto il messaggio che mi avvisava che avevano deciso di non pubblicare il mio libro.
Era stato un duro colpo e per molti mesi avevo smesso di scrivere. Nessuno si era mai prestato a convincermi a riprendere a scrivere se non la mia migliore amica.
La sera dopo aver conosciuto il bizzarro ragazzo dagli occhi che sembravano fatti di oceano qualche idea si era formata e avevo sentito l'impulso irrefrenabile di scrivere. Ma quella sera non l'ho fatto. E non l'ho fatto nemmeno le successive sere.

Senza pensarci troppo lascio andare le dita sulla tastiera. Imposto il grassetto e scrivo "Bozza 2. Romanzo Rosa".
Socchiudo gli occhi e apro YouTube cercando "Lady Gaga" faccio partire la playlist e, tornando sulla pagina di scrittura, appoggio piano i polpastrelli sulla tastiera.

Aveva detto di chiamarsi Jared ma le sue iridi celesti mi avevano distratta...

No, no, no e poi no. Così proprio non mi piace. Non lo sento mio. Anzi, forse lo sento troppo mio.

... Nessuno poteva immaginare che sotto il giubbotto di jeans da bravo ragazzo si nascondeva un giovane che...

Temo che stamane non ci sia l'ispirazione giusta. Chiudo il computer sospirando. Spengo la fiamma e mi gusto il mio thé immaginando il nostro incontro di oggi.
Suppongo che anche lui voglia conoscermi meglio dopo tutti questi incontri movimentati ma devo ammettere che mi sento piuttosto in ansia.
Vado in bagno, con tutta calma siccome mancano ancora più di tre ore, e inzio a prepararmi.
Apro il getto di acqua calda e mi ci fiondo sotto. Rimango qualche istante in più del dovuto e, dopo essermi lavata i capelli, esco avvolgendomi in un accappatoio.
Collego la piastra e faccio la piega liscia ai miei capelli castani.
Da anni, appena posso, li piastro. Mi fa sentire più bella e mi conferisce anche molta autostima.
Una volta finiti i capelli mi lavo i denti. Ormai manca poco più di un'ora al nostro appuntamento. Aspetta, appuntamento? Non ci avevo pensato quando abbiamo concordato. Quindi questo posso considerarlo un appuntamento?
Sento nello stomaco una strana sensazione che mi fa sorridere. Io e Zac, un appuntamento.
Sospiro scendendo la rampa di scale in legno appoggiandomi al corrimano. Mi trucco come ogni giorno, giusto un po' di mascara per valorizzare gli occhi e un po' di rossetto.
Non mi è mai piaciuto truccarmi tanto. Già alle scuole medie, le mie compagne seguivano i tutorial di trucco mentre io ancora ero totalmente acqua e sapone. Solo al liceo avevo iniziato a truccarmi e non ho mai cambiato il mio stile. Semplice ma efficace.
Però quando vedo i cartelloni pubblicitari dei cosmetici con tutte quelle belle ragazze con un trucco sublime, beh, rimpiango di non essere capace a realizzare un make up.

Mi metto in macchina e la accendo. Fa un rumore strano. Osservo dietro al volante e noto che sono completamente senza benzina. Come ho fatto a non accorgermene?
La macchina di mio padre, con lui, non è ancora rientrata e l'unica alternativa che vedo è andare a piedi.
Respiro qualche minuto prima di iniziare una corsa lenta, sembro uno di quei business man che si vedono sempre a New York.
Faccio slalom tra le persone guardando l'ora, di questo passo il mio ritardo sarà breve
Continuo a correre. La temperatura non è nemmeno così calda da rischiare di arrivare da lui sudata.
Mi fermo prima di girare l'angolo e mi specchio con il cellulare. Sembra tutto a posto.
Giro l'angolo e entro da Starbucks. Mi guardo attorno e lo vedo seduto ad un tavolo. Sembra che mi stia guardando. Probabilmente mi avrà visto arrivare. Si spera non correndo.
Mi avvicino a lui ma sembra che io abbia scordato come si cammina normalmente. Sento i suoi occhi azzurri addosso che mi pesano sulle spalle.
Solo ora noto che ha un livido attorno all'occhio. Sicuramente per il pugno che si è preso ieri notte.

«Hey... Scusa il ritardo, sono arrivata qui a piedi... Ho la macchina a terra...»
«Stai bene?» chiede sentendo il mio fiatone.
Sono convinta che buona parte del mio respiro affannato sia colpa dell'ansia e quindi colpa del suo sguardo.
«Si... Devo riprendermi, hai già ordinato?»
«No, no. Ti stavo aspettando.» dice e finalmente sorride.
La cameriera arriva sorridendo a Zac.
«Avete già deciso?» usa il plurale ma guarda solo lui.
Comprendo che io e lui attualmente non siamo proprio nulla se non conoscenti, però quella che se lo sta mangiando con gli occhi mi sta dando fastidio.
Decido di interrompere il loro fastidioso contatto visivo con un colpetto di tosse.
«Per me un frappè classico.» ordino sorridendo.

«Anche per me.» dice Zac convinto senza guardare la cameriera. Ora sta guardando me, mi sento un po' a disagio ma sono soddisfatta che non stia piu guardando la cameriera.

«Tutto bene? Dico, da ieri sera...» chiede giocando con una bustina di zucchero di canna.
«Si, io si... Ma a osservare il tuo livido tu non proprio..»
Ride toccandosi l'occhio.
«Nulla di grave... Tra qualche giorno non ci sarà più nulla. L'importante è tenerci premuto un pacchetto di surgelati...» dice sorridendo.
«Sai, a casa dovrei avere una crema apposta... Se vuoi posso prestartela, dopo puoi fare un salto da me.» ho parlato per istinto. Il mio non era un invito a casa mia, lo era sì, ma non per altro se non prestargli un tubetto di crema.
«Se non disturbo troppo, ne approfitto.»
Un cameriere, stavolta uomo, ci porta gli ordini e io decido di prendere in mano la situazione usando un gioco che usavo spesso alle scuole medie e elementari.
«Facciamo un gioco.» propongo io.
«Di che gioco stai parlando?» chiede curioso bevendo il suo frappè.
«A turno ognuno dice una cosa di sé.» spiego mordendo la cannuccia del mio frappè.
«Ci sto. Inizia tu.» dice togliendosi la giacca di jeans e appoggiandola allo schienale della schiena.
«Sai perché mi chiamo Micol?»





Spazio Autrice🧡
Ehiii
Ecco il capitolo 9!
Fatemi sapere se vi è piaciuto!❤!

Perdonate eventuali errori!
Spero stiate bene!
Vi abbraccio.
Valentina R✨

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