Capitolo 4. L' odore delle pizze.

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Sua nonna, la mamma di sua mamma, all'anagrafe si chiamava Marlena come quella della canzone. Anche se quando nacque non misero la i nel nome, per tutti era Marilena.
Era grossa , molto grassa. Le piaceva mangiare tanto e buono. Soffriva di diabete,aveva qualche acciacco al cuore,una cattiva circolazione e un po' di pressione alta. Nonostante questo, mangiava tanto e buono. E quando dico buono non intendo cibi sani, ma capocollo o salsicce sott'olio, carciofi arrosto, lasagne, pasta al forno, pizza , pastiere, ragù cucinato con tanto di olio e tenuto a pippiare sul fuoco giorni interi.
Era un' impicciona e un'impicciosa. Era diretta, molto diretta. Non mandava mai nessuno a dirti qualcosa. Se aveva una buona confidenza con te ti chiamava con tutte le parolacce di questo mondo: zoccola, puttana e in tanti altri modi. Ogni qual volta faceva un rutto o una scorreggia aveva una dedica per qualcuno.
Era arrogante e prepotente, soprattutto con suo nonno, un uomo alto alto e buono buono. A lui piaceva il vino, tanto. Tanto da ubriacarsi ogni giorno. Fumava tantissimo. Tanto da morire per un tumore. Forse quella sigaretta gli faceva compagnia; perché si vedeva dai suoi occhi che era triste, si vedeva che si sentiva solo. Eppure padre di sette figli, si sentiva solo. Tre di questi, gli andarono addosso: chi lo picchiò e chi gli scaricava addosso colpi di brutte parole arrabbiate. Ora uno di questi ne ha avute legnate. E il paradosso è che le ha avute da uno dei suoi nipoti, cioè da uno dei cugini di Sofia. Sarà una sorta di carattere ereditario.
Eppure, prima quando la nonna e il nonno erano vivi, non era così. La domenica era Domenica e le feste erano le Feste. I nonni si sa, tengono uniti.
Si stava insieme. Il nonno accendeva il forno con le fascine, e la nonna faceva il pane e le pizze. Ai nipoti, nel carbone , il nonno metteva sempre delle patate nella carta stagnola. Quando erano cotte, le apriva e ci metteva il sale. Sofia non ha mai più mangiato in vita sua patate così buone. Le pizze erano sempre buone, profumano di basilico, di origano, di spensieratezza, di gioia e di armonia.
Si mangiava insieme, si rideva insieme, gli zii prendevano in giro la sorella maggiore e si passano fantastiche giornate insieme in quella che era una meravigliosa campagna. La notte di Capodanno dopo il cenone, era tradizione: si sparavano i fuochi. Le luci dei fuochi di notte illuminavano le terre intorno. Illuminavano quella viuzza di campagna. Ora le risate le tiene fisse nella mente e nel cuore. Sua nonna le manca, e manca sicuro a tutti loro. Suo nonno, anche se non aveva lo spessore di un uomo forte, le manca, e manca a tutti. I brutti lutti avvicinano, ma molto volte allontanano. E tutto questo rimane solo nella memoria. Bisogna riappropriarsi della bella vita, quella delle cose semplici. Quelle delle carcioffole arrostite e delle pizze cotte nel forno fuori casa. Quella vita in cui non servivano tanti soldi, ma semplicemente stare insieme.

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