Passiamo il resto del pomeriggio studiando, o almeno tentando e facendo finta, all'Ossario.Geroge accanto a me maneggiava un cranio come se fosse un pallone da basket, ipotizzandone bizzarri usa come macabra abat-jour grazie al foro occipitale, ridendo con la sua meravigliosa risata gorgogliante.
Kate era seduta sul davanzale della finestra, le lunghe gambe penzoloni e la sigaretta tra le labbra, completamente intenzionata a non fare nulla.
Amanda e Mary erano appoggiate fronte contro fronte e ridevano, come se avessero bevuto troppo, completamente perse nei loro discorsi.
Tom si era invece isolato, come suo solito, su una poltroncina da una parte, il tomo sulle ginocchia piegate e l'espressione quasi corrucciata, concentratissimo.
Derek e Liam studiavano, sottolineavano e ripetevano come due automi, gesticolando nervosamente, gli occhi sgranati.
Io, che di solito riuscivo a studiare in compagnia, anche in un caos del genere, me ne stavo col naso per aria, maneggiando una fibula con tariffa quasi minacciosa, come se avessi inconsciamente intenzione di usarla come arma. Sospirai e pescai altre ossa lunghe dalla scatola di cartone che avevo davanti, dove erano contenuti più scheletri, tutti mischiati, con l'intenzione di esaminare attentamente e soprattutto studiarle, ma la mia mente era altrove.
Gettai uno sguardo svogliato al libro di testo che avevo di fianco, sottolineato con mille colori e decorato con diversi post-it scritti. Dovevo rassegnarmi: era passata più di un'ora ed io non avevo fatto assolutamente nulla. Mio malgrado la buona volontà che potessi metterci, quel pomeriggio di studio non se ne parlava proprio.
Chiusi il pesante Atlante Anatomico che avevo di fianco con un tonfo secco, lo infilai lentamente in borsa e, senza proferir parola, mi alzai per uscirmene dall'Ossario, avviandomi verso casa a passo svelto, il capo chino e la testa tra le nuvole. Al primo semaforo intravidi una coppietta, due ragazzi più o meno della mia età, appoggiati su un muretto, avvinghiati come due polpi.
Sospirai.
Belli erano i tempi in cui mi illudevo di poter trovare anche io qualcuno. Belli si fa per dire, eh. Erano quasi due anni che ormai ero giunta alla conclusione che uomini adatti per me non ce n'erano o che, se esistessero, si nasconderebbero proprio bene.
Una relazione seria con un uomo non l'avevo mai avuta.
E non perchè non la volessi io, intendiamoci.
A partire da Luke, la classica prima cotta, il classico ragazzo per bene, educato e di buona famiglia, un mio grandissimo amico, ma che era innamorato perso di un'oca della mia classe, Isobel, a cui non interessava altro che fare la cheerleader.
Passando poi per Josh, un karateka mancato, un ottimo chitarrista, tutto muscoli e niente cervello che, dopo quasi un anno, trovò il coraggio di dirmi, mandandomi un misero messaggio in una caldissima sera di agosto, che non gli interessavo.
Passando ancora per Adam, un nanetto alto un metro e una voglia di crescere, uno studente di legge, un grande cervello, senza dubbio, peccato però che peccasse un po 'di educazione.
Finendo poi con Tayler, un talentuoso e giovane biologo, 6 anni più grande di me che, dopo un anno di appuntamenti assidui e tanta speranza da parte mia, ero venuta a scoprire essere fidanzato con Roxie, una commercialista anche più vecchio di lui.
Io che, in tutti i miei deludenti trascorsi, non mi ero ancora fatta toccare da uno di quei baldi giovini, forse per virtù, ma più che altro per rispetto verso me stessa, ero dominata, in questioni del genere, ormai, quasi solo incluso dagli ormoni. Senza quasi rendermene conto mi trovai di fronte al portone scuro di casa, immobile.