Sconfitta o vittoria?

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Durante la giornata a fatica riuscì a nascondere  Nao in camera mia.
Lui era ignaro di tutto e dormiva beato sul mio letto sotto le calde e morbide coperte.
Forse non sarebbe successo nulla ed ero solo paranoica, ma qualcosa dentro di me mi diceva che non mi stavo sbagliando.
Per giustificare il motivo del suo spostamento gli dissi semplicemente che il divando era troppo scomodo per farci riposare un ferito.
Ci credette e si addormentò velocemente con il dolce tepore del caldo piumone.
Non avevo visto molto di casa sua ma sospettavo che non avesse un letto caldo e comodo come il mio, e l'espressione beata che fece quando si stese mi fece capire che i miei sospetti erano probabilmente fondati.
Mi dispieva così tanto per lui, del modo in cui aveva dovuto vivere.
Non sapevo nulla su di lui eppure provavo un empatia fortissima.
L'immagine del suo corpo massiccio seppellito nelle mie trapunte rosa mi avrebbe perseguitata per sempre.
Sorrisi.
Era bellissimo.
In pace.
Non immaginava neanche lontanamente che il nemico era vicino ,anzi gli avevo detto che era tutto tranquillo e che poteva dormire in serenità.
Non volevo farlo preoccupare inutilmente, non sapevo combattere quindi probabilmente nel caso sarei morta quella stessa notte, ma se lui restava nascosto si sarebbe potuto salvare.
Doveva salvarsi.
La camera da letto era un posto scontato dove cercarlo, se non fosse per il piccolo dettaglio che quella stanza anni prima era appartenuta ai miei genitori e a mamma piacevano gli specchi strani, quelli da circo.
Insomma un vero manicomio.
Erano ovunque e di tutti i tipi.
Davvero macabro, ma per me era il paradiso.
Dormivo lì per sentirmi un po più vicina a lei, alle sue stranezze.
Chiunque fosse entrato lì sarebbe rimasto confuso dagli specchi, dai mille pupazzi e dall'infinito rosa.
Dopo essermi accertata che dormiva gli diedi un fugace bacio sulla fronte e scesi giù in salotto,presi una scopa e una padella, e mi nascosi dietro al divano.
(Si perché per combattere una battaglia importante ci si arma così...ovvio...)
Dopo pochi minuti sentì la porta cigolare; erano arrivati.
Il mio sesto senso non mi tradiva mai. Purtroppo .

"DOVE SIETE STRONZI?!PENSAVATE DI IMBROGLIARMI?! V'AMMAZZO!!"

I primi ad entrare caddero nelle mie trappole scivolando, gli altri invece per non cadere correvano sui corpi dei compagni a terra.
Non erano uomini ma bestie senza ragione.
Le gambe mi tremavano, avevo paura ma dovevo combattere.
Dovevo proteggere Nao.
"Eccomi sono qui! Vieni a prendermi bastardo!"

Uscì di scatto da dietro il divano quando un tipo mi passò proprio di fianco e lo colpì nel suo punto più delicato con la mazza da scopa e poi un altra botta in testa.
Vidi il sangue uscire e il corpo non rispondere più ai comandi.
'Fuori uno' pensai.
Non ero pentita, avevo ,forse, appena ucciso un'uomo eppure non provavo che soddisfazione.
Ero orrenda.
Pensai che se l' era meritato, ma era davvero così? Il fatto che fosse un delinquente giustificava forse il mio omicidio?
No, per nulla.
Mi sentì male alla vista del sangue,alla consapevolezza di quello che avevo fatto.
Ma non potevo smettere,non ora.
Ormai era questione di sopravvivenza.
Mi rialzai.
Più tardi avrei fatto i conti con i sensi di colpa, ora erano l'istinto e l'adrenalina ad avere il controllo sul mio corpo.
Gli occhi del pazzo bruciavano di odio e follia.

"TU PUTTANA!DOVE SI NASCONDE ROCK?! DIMMELO O TI UCCIDO! "

Sbraitava senza sosta, come se questo lo rendesse minaccioso, ma non era così.
Era solo patetico.
"COME SE TE LO DICESSI! SEI CADUTO NELLA MIA TRAPPOLA! SARAI TU A MORIRE! CREPA!"

Ovviamente era un bluf ma lui non poteva saperlo.
Quella in trappola ero io.
Iniziammo una violenta battaglia, però l'esito si era gia capito dopo cinque o dieci minuti... sarei morta.
Questo era ovvio.
Erano in venti o trenta, difficile dirlo con tutta quella marmaglia accalcata, tutti armati con armi da fuoco e coltelli, anche se stranamente nessuno utilizzava le pistole, probabilmente volevano assaporare il sapore del mio sangue a poco a poco, come dei vampiri affamati.
Solo il capo sparava qualche colpo, ma mirava solo di striscio a braccia e gambe, si stava divertendo.
Sotto questo aspetto era un abile tiratore.
O era davvero scarsissimo.
Il mio sangue era ormai sparso ovunque mentre del loro c'era solo qualche piccola, insignificante goccia.
Che avrei perso e che sarei morta già lo sapevo, ma avrei voluto fare di più.
Non volevo arrendermi, non potevo.
Cercavo di stare in piedi, di colpirli ma le forze vennero meno e caddi.
Provai a rialzarmi ma quello venne da me, mi prese per i capelli ed iniziò a riempirmi di pugni.
Ridrva, rideva, rideva, più mi colpiva e più le sue risate si facevano forti.
Rimbombava tutto.
Era come se vedessi e sentissi in terza persona.
Non capivo nulla.
Sentivo il sapore ferroso del sangue.

Innamorata del mio assassinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora