Capitolo 14

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Aveva vinto lui ed ora io ero dietro agli operatori e alle telecamere, ad aspettare quei cinque minuti che avevamo concordato per evitare che gli altri ci vedessero arrivare insieme.
Anche mio padre era lì, insieme a quasi tutti i suoi colleghi. Appena entrata nella sala mi era venuto a salutare, scusandosi per la sua assenza e per tutti i nostri appuntamenti disdetti; in verità dispiaceva anche a me non vederlo, ma diciamo che me ne approfittavo non poco.

Arrivò anche Giuseppe con il suo discorso in mano, mani che tremavano più del dovuto. Cercai di catturare il suo sguardo per ricordargli tutte le cose dette mentre leggevamo insieme le parole scritte su quei fogli, ma fu impossibile: teneva gli occhi bassi, forse per riuscire a concentrarsi o forse perché non aveva voglia di fingere serenità.

In poco più di mezz'ora si congedò davanti alle telecamere, scappando un'altra volta per i corridoi di Palazzo Chigi.
Decisi di non inseguirlo, come invece avevo fatto la scorsa volta, per lasciargli i suoi spazi e per evitare di rendere chiara a tutti la natura dei nostri incontri segreti.

Tornai in camera per farmi una doccia e cercare di andare un po' avanti con la stesura della tesi, ma venni interrotta non appena mi sistemai alla scrivania da una chiamata di mia madre e subito dopo da un messaggio di Giuseppe.

'Stasera di guardia fuori dal mio appartamento c'è tuo padre. Vengo da te alle 20.30.'

Non capivo perché mi volesse vedere ancora, in fin dei conti i nostri incontri avevano sempre e solo lo stesso finale, però risposi positivamente, cercando di smettere di pensare al tempo passato insieme e provando per l'ennesima volta a concentrarmi sulla mia tesi.
Fu impossibile, ormai era diventato un ostacolo invalicabile: ogni volta che dedicavo del tempo a quel lavoro mi venivano in mente altre mille cose da fare e finivo per deconcentrarmi e rimandare tutto. Il fatto, poi, che il principale motivo della mia distrazione fosse a qualche metro da me non mi rendeva più tranquilla.

Il tempo, speso a fare letteralmente niente, passò in fretta e lui bussò alla mia porta in perfetto orario tenendo stretto nella mano un sacchetto di carta.

"E quello?" chiesi indicandolo.

"Cena." si limitò a rispondermi mentre toglieva le scarpe e si accomodava sul mio letto.

"A letto?"

"Perché no?" rispose sorridendomi.

"Vabeh..." dissi fingendomi scocciata, mentre cercavo di nascondere il sorriso provocato dalla naturalezza con cui si comportava con me ultimamente.

"Allora: dovrebbe esserci una carbonara e una gricia, poi visto che non so cosa ti piace ho preso anche un po' di frutta. Non so vedi tu."

"Come sei premuroso." commentai sincera.

"Ti dispiace?" chiese un po' imbarazzato.

"No, assolutamente." gli risposi iniziando a mangiare.

"Ti piace?"

"Si, grazie!"

"Dai, allora, racconta: che hai fatto oggi?" chiese interessato.

"Ho provato invano a scrivere la tesi..."

"Come invano?"

"Ci ho provato ma non ci sono riuscita. Mi distraggo ogni volta che ci provo. Poi mi fa schifo, vorrei cancellare tutto e rifare da capo."

"È così tragica la situazione?"

Lo guardai come per fargli capire che non avevo alcuna voglia di parlare di quello, ma evidentemente lui non lo capì.

"Dai fammi leggere."

"No."

"Dai!"

"No, basta!" esclamai io.

"Io sono sicuro, ma sicuro sicuro, che la vedi più nera di quello che è..."

"Passami il computer..." gli chiesi per dimostrargli quanto non stessi esagerando.

"Ecco." disse allungandosi e afferrando il mio portatile.

"Prego caro."

Lui lesse in silenzio almeno le prime dieci pagine poi si alzò dal letto e si sedette alla scrivania, chiedendomi un foglio e una penna e iniziando a scrivere degli appunti.
Io continuai a mangiare sul letto finche lui non mi chiamò: "Qui ti ho scritto cosa devi assolutamente aggiungere, dietro invece ci sono dei titoli di manuali che dovresti assolutamente leggere. Inoltre mi stupisce che il tuo relatore non ti abbia detto come correggere quello che ti ho segnato..."

"Lascia stare il mio relatore: non è capace. Però nel complesso come ti sembra? Faccio prima a buttare e rifare o posso salvare qualcosa?"

"È un buon lavoro Eva, credimi. Quello che ti ho scritto io è per renderla più incisiva, ma davvero è un buon lavoro."

"Adulatore..." commentai volendo cambiare discorso.

"No, no, solo sincero."

"Vieni qui, dai. Guardiamo un film." proposi risedendomi sul letto.

"Guardiamo un film?" chiese stupito.

"Si, guardiamo un film."

Lo scelse lui e come un bambino si mise sotto alle coperte mangiando i biscotti che lui stesso aveva portato, fino ad addormentarsi.
Mi piaceva che si sentisse così tanto a suo agio da comportarsi in quel modo, senza preoccuparsi di come apparisse: riusciva ad essere un uomo elegante, passionale e dolce a seconda del momento e non se ne preoccupava assolutamente.

Lo osservai dormire con la nuca appoggiata al mio ventre e ripensai a quel Martini nella lounge, alla prima sigaretta condivisa, ai fogli del suo discorso sparsi per il corridoio e ad ogni volta in cui i nostri vestiti erano rimasti a terra lontano dai nostri corpi.
Misi in pausa il film e rimasi a guardarlo fino a quando il suo telefono squillò, rivelando il nome della sua fidanzata sullo schermo, così decisi di svegliarlo porgendoglielo. Lui lo guardò, non rispose e decise invece di alzarsi dal letto, salutarmi con un bacio e andarsene.
Probabilmente preferiva che io non sentissi o forse temeva che potessi fare qualcosa che lo tradisse, in ogni caso lui era semplicemente andato e io ero rimasta lì, tra le briciole dei suoi biscotti e quelle del suo affetto.

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