Mi accomodai di nuovo sulla poltrona rimettendomi a lavorare e lui andò verso la porta, girando la chiave e lasciando entrare un suo collaboratore, che, probabilmente, aveva capito tutto, ma per evitare imbarazzo fece finta di niente.
"Presidente per domani abbiamo organizzato una conferenza stampa subito dopo l'incontro con i governatori delle regioni."
"E perché me lo dice solo ora?"
"Abbiamo atteso che i giornalisti dessero la disponibilità, se vuole la-"
"Non importa, a che ora?"
"Alle 17." concluse uscendo dalla stanza e permettendo a Giuseppe di richiudere la porta facendola sbattere forte.
"Quindi: alle 10 l'incontro con i governatori, alle 17 conferenza, devo trovare anche il tempo di fare quel verbale, però alla sera devo assolutamente chiamare mio figlio." disse a bassa voce pensando di non essere ascoltato.
"Le manca?" chiesi conoscendo già la risposta.
"Tantissimo." mi rispose guardandomi.
"Sono certa che vi riabbraccerete presto."
"Siete tutti certi di tutto, avete la risposta per tutto eppure la merda me la becco solo io, spiegamela un po' 'sta cosa..." sbottò avvicinandosi sempre di più a me.
"Non ho detto che ho la risposta a tutto, mai detto."
"Sei certa che riabbraccerò mio figlio? Eri certa che il mio discorso sarebbe andato benissimo, che i miei collaboratori sarebbero rimasti al mio fianco, che tutto questo passerà presto. Sai tutto? Possiamo chiedere a te per qualsiasi cosa allora? Ti prego, dicci tutto."
"Non ho mai detto di essere certa di nulla."
"Ah no?"
"No. -risposi secca- E francamente trovo tutto questo discorso un po' umiliante. Mi hai chiamata dal corridoio come se fossi il tuo cane, mi hai fatto lavorare per un'ora e mezza solo perché non avevi il coraggio di dirmi che volevi solo scopare e ora ti metti ad urlare contro di me? Ti devi calmare, perché io posso capire tutto, posso capire lo stress, l'ansia, tutto, ma onestamente adesso stai esagerando."
Sputai quelle parole con tutto il veleno che avevo in corpo, senza curarmi dell'effetto che avrebbero prodotto in lui né della raccapricciante figura che stavo facendo, sapendo che la mia voce si sarebbe udita in ogni angolo della struttura."Abbassa la voce!"
"No, mi sono stancata-"
Non finii la frase a causa delle lacrime che mi offuscarono gli occhi: tirare fuori tutta la tensione e sfogarla in quel modo mi aveva fatta piangere lacrime che trattenevo da troppo tempo."Mi dispiace."
"Fa niente." gli risposi secca uscendo dal suo ufficio e dirigendomi verso la mia stanza.
Mi sentivo mortificata e profondamente umiliata, come se tutto quello che avessi da offrire fosse la via di fuga per sfogare lo stress, senza che i miei sentimenti fossero minimamente tenuti in considerazione. Non che quella concretezza e quell'eccitazione mi dispiacessero, ma avrei solo voluto un po' più di contatto mentale, com'era successo la prima volta che eravamo rimasti soli e lui mi aveva baciata.
Quel bacio, così sbagliato e affrettato, l'avevo sentito fin dentro al cervello, con tutte le implicazioni del caso.Sapevo che l'ultima delle sue volontà era quella di farmi del male o di umiliarmi, ma purtroppo le sue parole mi avevano ferita.
Così, appena entrata in camera, decisi di prendere il telefono e infrangere tutte le promesse che mi ero fatta chiamando Alice, sperando anche che rispondesse, vista l'ora tarda."Pronto? Cos'è successo?" chiese assonnata.
"Ali io ci ho fatto l'amore, ci sono andata a letto e lui ha riversato su di me tutte le angosce, tutte le ansie. -piangevo, piangevo senza riuscire a fermarmi- Io lo so che tutto quello che è successo tra di noi non diventerà mai nient'altro, non voglio che succeda, ma addirittura essere trattata così, non credo di meritarlo."
"Devi calmarti un attimo perché non capisco le parole Eva."
"Abbiamo fatto l'amore, due volte." le dissi abbassando la voce e trattenendo i singhiozzi.
"E com'è stato?"
"È stato bello, bellissimo, ma adesso, subito dopo, mi ha attaccata come fossi una ragazzina qualsiasi. Capisco che sia stressato ma-"
"Ma niente Eva, niente. Non ti sto dicendo che devi farti trattare come uno straccio, però secondo me dovresti lasciare che tutto capiti, senza pensarci troppo: ha esagerato sgridandoti per colpe che non hai? Faglielo notare, diglielo con tutta la tranquillità che ti contraddistingue: sentirti piangere mi dispiace, ma tu devi anche capire il momento difficile che sta attraversando lui."
"E io cosa dovrei fare?"
"Parlaci, ci devi solo parlare: lui avrà esagerato, ma sono certa che se glielo fai notare lo capisce."
"Come fai ad esserne così sicura?"
"Non ne sono sicura, ma è l'unica cosa che puoi fare, l'unica."
Sapevo che quello che Alice stava dicendo era vero e gliel'avrei detto se Giuseppe non fosse entrato di colpo in camera mia: "Mi dispiace, mi dispiace."
"Cosa ci fai qui?" chiesi sorpresa e imbarazzata dallo stato un cui mi trovavo.
"Ti voglio chiedere scusa, mi dispiace."
"Scusami Ali, ti devo lasciare." le dissi chiudendo in fretta la telefonata.
"Ti ho disturbato, non volevo."
"Beh, se non avessi voluto disturbarmi avresti dovuto, quanto meno, bussare." gli risposi secca alzandomi dal letto e asciugando le lacrime che mi avevano rigato tutto il viso e sciolto il mascara, evidentemente non water-proof.
"Non piangere, per favore, non posso perdonarmelo." mi disse incredibilmente pentito delle parole che aveva usato contro di me.
"Non è colpa tua, tu hai detto solo quello che pensi. Sono io il problema, sono io che per un secondo ho anche creduto che il tuo interesse per me andasse oltre l'attrazione fisica. Oltre la volontà di distrarsi. Oltre e basta."
Non mi rispose e sapevo anche perché. Sapevo anche che stavo riversando i problemi di una ragazzina sulle spalle di un uomo del suo calibro, con delle responsabilità importanti.
Stavo attraversando solo un momento in cui malinconie, timori e ansie si stavano sommando in un'unico grande pianto, per cui, però, incolpavo chi non c'entrava nulla; aveva solo avuto la sfortuna di dire la cosa sbagliata alla persona sbagliata nel momento sbagliato.Non mi rispose ma mi abbracciò, mi abbracciò come se non avesse mai abbracciato nessuno. Mi strinse forte e annegò il suo volto tra i miei capelli ancora raccolti, sussurrando qualcosa che non riuscii a capire.
Non so per quanto tempo rimasi lì, tra le sue braccia accoglienti e rassicuranti, so solo che ad un certo punto ci eravamo spostati dalla soglia della porta al letto, sempre stretti come se qualcuno volesse strapparci l'uno dall'altra.
Questa volta voglio davvero sapere cosa ne pensate. Aspetto i vostri commenti🥰
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LA MIA QUARANTENA CON TE
FanficEva, una giovane studentessa di giurisprudenza e figlia di una guardia di sicurezza della scorta di Giuseppe Conte, si ritrova bloccata a Palazzo Chigi durante la quarantena imposta dal Premier. L'attrazione tra i due è subito palpabile, complice l...