Da quando era successo tutto quanto la mamma era diventata una sorta di zombie.
'Oggi andiamo a trovare Cristian, mamma?' le avevo chiesto.
Lei non aveva risposto. Oramai era come immersa nel suo mondo, un mondo dal quale non voleva uscire o perlomeno dal quale non poteva uscire fin quando Cristian non fosse tornato a casa.
Dopo tre mesi dall'incidente ancora non c'erano miglioramenti anzi, da quello che sentivo quando Mattia parlava con la mamma, lei era sempre più preoccupata che questo risveglio potesse non avvenire. Io nel mio cuore speravo che si sbagliasse. Avevo bisogno di lui, non poteva abbandonarmi. Era il mio migliore amico e l'unica persona che avesse pazienza con me. Avevo trasformato la sua stanza d'ospedale in una sala giochi. Gli avevo portato tutti i suoi giocattoli preferiti, messo tutti i suoi peluche lungo il davanzale della finestra. Non c'era un motivo preciso per cui l'avessi fatto, ma credevo che dovesse stare in un luogo a lui familiare quando si sarebbe svegliato. La stanza bianca d'ospedale era triste e non gli avrebbe dato la stessa accoglienza.
Mattia aveva cercato di diventare per me quello che prima era papà. Non voleva sostituirne la figura ma credeva che una bambina di quattro anni e mezzo avesse bisogno di almeno una figura adulta e, considerando il fatto che la mamma non c'era mai, e quando c'era non era presente mentalmente, ci pensava lui a me. Era lui che mi portava a scuola e mi veniva persino a riprendere. Mi accompagnava alle feste dei miei amici e poi chiedeva un posto tranquillo dove poter studiare. La situazione che stavamo vivendo non era la situazione normale che tanti bambini e ragazzi della nostra età vivono. Non potevamo invitare amici a casa, Mattia per pensare a me aveva sacrificato la sua vita sociale. Tutti i ragazzi di quindici anni solitamente escono il sabato sera; Mattia non era mai uscito per non dovermi lasciare sola con la nonna. Non aveva amici stretti e non aveva una fidanzata. Per lui esistevamo solo io e la scuola.
Il 27 febbraio. Un giorno che speravo avrebbe risollevato, almeno per un giorno, la mamma dalla tristezza nella quale era sprofondata, eppure mi sbagliavo. Mamma non ricordò che era il mio compleanno e quel giorno uscì come suo solito prima che io mi svegliassi. Mattia, non appena sentì che mamma stava uscendo, corse a prepararmi la colazione e ma la portò a letto.
'Buongiorno principessa... Tanti auguri!!'
Mi stampò un bacio sulla fronte. Sul vassoio che mi aveva portato c'era tutto quello che mi piaceva di più. C'era un cornetto ripieno di nutella, il latte al cioccolato e una crepes alla nutella con m&m, ma non c'era la mamma.
'Dov'è mamma?'
'E' dovuta andare da Cristian.'
'E non mi ha neanche dato gli auguri?'
'Mi ha detto che te li avrebbe dati non appena ti vedeva. Non voleva svegliarti così presto.'
Sapevo che era una scusa ma finsi di credergli. In realtà volevo credergli perché l'idea che mia madre non si ricordasse neanche più il giorno del mio compleanno mi faceva venire le lacrime agli occhi. Gli credetti anche quando mi passo' davanti tornando dall'ospedale. Ando' di fretta in camera sua cosi pensai che doveva andare a prendere il mio regalo. In verita' era andata solamente a poggiare il giubotto ed era tornata di la a mani vuote. Si mise in salotto a leggere un libro mentre io ero sul tappeto a giocare con le bambole. Non mi disse una parola e dopo quasi mezz'ora se ne ando' nel suo studio. Riemerse nel tardo pomeriggio, appena in tempo per uscire e andare da Cristian. Prima di andare alla porta venne da me e mi abbracciò dandomi gli auguri. Ero convinta che glielo avesse ricordato Mattia, ma non gli chiesi niente. Mi piaceva pensare di avere una mamma molto impegnata, talmente impegnata da non ricordare neanche il compleanno della figlia.
'Sai dove ti porto per il tuo quinto compleanno?' mi chiese Mattia la sera.
'Dove?' chiesi impaziente.
Non avevo potuto avere una festa come tutti i miei compagni di classe ma non volevo neanche che quel giorno fosse un giorno qualunque. Non volevo una festa. Sapevo benissimo che la mamma non era nelle condizioni giuste e Mattia non poteva organizzare tutto solo. Non gliel'avevo neanche chiesto di provare ad organizzare una festa. Non volevo che gli altri sapessero come vivevamo. In realta' non avevo chiesto niente neanche a Mattia. Avevo gia' immaginato noi due a mangiare pizza sul divano, che erano due cose vietate, la pizza in mezzo alla settimana e i pasti sul divano. Ma per il mio compleanno ero convinta si potesse fare un'eccezione. Mamma non se ne sarebbe accorta, spesso scendeva per cena solo quando noi avevamo finito e mangiava fissando il vuoto, come se nutrirsi era un gesto automatico che il suo corpo faceva senza neanche pensarci piu'.
'Al Bruco Pazzerello.'
Io urlai di gioia e gli saltai addosso per abbracciarlo. Era un locale pensato e progettato per i bambini. C'erano tantissimi giochi e divertimenti e sapevo benissimo che per Mattia sarebbe stato noioso. Io lo ammiravo e gli ero grata per quello che faceva per me. Il locale dove mi aveva portato era il mio preferito. Ci andavamo spesso tutti insieme prima dell'incidente. Io ordinavo sempre hamburger e patatine e ricordo la faccia di papà che faceva finta di non approvare ma poi mi rivolgeva sempre uno dei suoi sorrisi più belli. Erano pochi i ricordi belli che avevo e li conservavo con cura. Nello stesso locale avevamo festeggiato il decimo compleanno di Cristian. C'erano tantissimi suoi amici e io mi ero sentita un po' messa da parte ma non scorderò mai la faccia che aveva Cristian a fine giornata. Aveva ringraziato mille volte mamma e papà e aveva detto che quella era stato il più bel compleanno della sua vita. Chissà come sarebbe stato festeggiare lì. Ad ogni modo, almeno per quest'anno, non si poteva.
Nonostante non fosse il compleanno di cinque anni che tutti i bambini sognano, io e Mattia ci divertimmo molto. A fine cena mi diede il suo regalo di compleanno. Disse che era anche da parte della mamma ma sapevo che l'aveva fatto per coprirla. Era un bellissimo peluche che si sarebbe aggiunto alla mia interminabile collezione.
Avevo ogni razza di animale sotto forma di peluche. Il mio preferito era a forma di coccodrillo. La notte dormivo a turno con ognuno di essi e una volta ogni quindici giorni io e Mattia li prendevamo e li lavavamo tutti. Ci divertivamo come matti a buttarli nella vasca e a fare finta che fossero animali veri. Io ridevo e non smettevo più e lui mi schizzava l'acqua sulla faccia.
Dopo cena andammo tutti e due in ospedale dove trovammo anche la mamma. Non volevano farci entrare perché l'orario delle visite era finito da un pezzo ma gli spiegammo l'occasione e un'infermiera ci fece passare. Trovammo la mamma appoggiata con la testa sul letto che stringeva una mano di suo figlio e pregava. Non avevo mai sentito la mamma pregare ad alta voce. Ricordava tutte le preghiere a memoria. Io e Mattia rimanemmo ad ascoltarla per un po' perché non aveva la voce triste o assente, era la stessa voce che aveva prima dell'incidente, non quella vuota con cui ormai si rivolgeva a noi. Ad un certo punto mi scappò un colpo di tosse e lei alzò la testa di scatto.'Abbiamo portato il dolce..' dissi con un sorriso.
La mamma mi invitò a sedermi sulle sue ginocchia e tutti e tre insieme mangiammo la torta. Io insistetti per tagliarne un pezzo anche per Cristian che però mangiò Mattia per evitare che venisse buttata. Non ci chiese cosa avessimo fatto quella sera, ne' tantomeno come eravamo riusciti ad entrare, non era di suo interesse. E alla fine non interessava neanche me, era un bel momento, non ne avevamo uno simile da diverso tempo. La mamma racconto' di quando proprio cinque anni fa si trovava in quello stesso ospedale per mettere al mondo me. Dopo questo racconto si intristi' un po, le si leggeva in faccia che avrebbe preferito non dire quelle cose. Ricordare le provocava dolore, come lo provocava a Mattia. Io non avevo molte cose del mio passato a cui pensare, ma ero comunque convinta che non avesse nessun senso scappare dai ricordi e magari dimenticare definitivamente tutte le cose belle che eravamo stati.
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Il domani non fa più paura
Lãng mạnLola non ha mai avuto una vita facile. Fin da bambina ha sempre affrontato la realtà e probabilmente ciò l'ha portata a crescere troppo in fretta. Niente in lei è mai andato come voleva ma la vita si sa, è sempre imprevedibile e molto spesso le cose...