Erano ormai tre mesi che io e Marco stavamo insieme. C’è chi può dire che tre mesi sono pochi per dipendere da una persona ma mi ero attaccata a Marco come mai avevo fatto con nessuna persona. Ci vedevamo quasi tutti i giorni e nel giro di poco tempo ero diventata inseparabile da lui. Emi mi diceva che forse stavo correndo troppo. Ciro era scettico e credeva che avrei fatto meglio a darmi un freno e allontanarmi un pochino per evitare di rimanere troppo scottata. Io non la pensavo cosi. In fondo non penso ci sia un periodo di tempo universale per capire se una persona è la tua anima gemella o meno. Nessuno poteva giudicarmi perché nessuno era mai stato nei miei panni. Non ero mai stata una persona che si fidava e affidava completamente a qualcuno ma con lui era stata diverso. Doveva esserci qualcosa che mi aveva colpito a tal punto da rendermi dipendente dalla sua felicità. Mi sembrava un ragazzo d’oro e sembrava che per lui tutto fosse facile. Avevo bisogno di una persona che mi desse quella tranquillità e quella stabilità che cercavo da sempre e lui sembrava essere quella persona.
A volte le persone nascondo segreti inimaginabili. Nessuno li conosce fino a quando una distrazione da parte di quella persona fa si che lo riveli. Questo valeva anche per Marco. Scoprii il suo grande segreto il giorno in cui mi invitò a cena a casa sua. Aveva raccontato di noi a sua madre che aveva subito insistito perché andassi a cena a casa loro per conoscere la ragazza che aveva finalmente messo freno allo spirito da Don Giovanni di suo figlio.
Marco passò a prendermi davanti il parco al centro della città alle cinque in punto. Non aveva mai un minuto di ritardo e la cosa mi piaceva molto. Non aveva una casa molto grande, anzi era addirittura più piccola della mia. Era color rosa pallido, come d’altronde tutte le altre case della strada in cui viveva. Aveva una camera da pranzo unita con la cucina, una camera da letto matrimoniale per i genitori e una camera per lui e sua sorella. Mi raccontò che non appena i suoi genitori si erano trasferiti in quella casa avevano trasformato la seconda camera da letto in un bagno. Tutta la casa aveva un unico bagno che comunicava con la loro camera matrimoniale e volendo un minimo di intimità avevano deciso di costruire un altro bagno per Marco. Sua sorella Cecilia non era prevista perciò non avevano neanche bisogno di un’altra camera. Quando poi era arrivata non avevano avuto altra scelta che sistemarla in camera con Marco, il quale non aveva potuto ribellarsi. Ora che era diventato grande rimpiangeva di non avere una camera tutta sua nella quale portare amici e ragazze ma non poteva chiedere nulla ai genitori che già faticavano a mantenere una casa di quelle dimensioni. Sua madre era una persona simpatica e socievole. Non appena mi aveva visto mi aveva abbracciato e messo subito a mio agio. Di carattere non ero mai stata una persona aperta, anzi, ero abbastanza timida, ma con la famiglia di Marco mi ero aperta quasi subito. Sua sorella Cecilia era una bambina dolcissima e bellissima. Occhi azzurri e mora proprio come il fratello. Il padre era il più burbero della famiglia ma una volta superata la vergogna anche lui era stato molto contento di avermi li. Sua madre era una bravissima cuoca.
Dopo cena Marco mi invitò a vedere la sua camera e io accettai. La stanza sembrava letteralmente divisa in due parti da un muro invisibile. Le pareti erano di color verde acqua e c’erano due letti, ma una parte era femminile e colorata, un’altra molto più trascurata e piena di poster. La parte che apparteneva a Cecilia aveva diverse mensole sulle quali c’erano tantissimi pupazzi e appesi alle pareti fogli A4 pieni di disegni rendevano la stanza allegra. La parte di Marco invece era più cupa. Aveva moltissimi poster di macchine e una sola mensola sulla quale c’erano diversi trofei di basket, probabilmente vinti a scuola. Una sola foto era attaccata sulla parete accanto alla porta, dalla parte di Cecilia e raffigurava i due fratelli insieme.‘Ti va di sederti e ascoltare un po’ di musica?’ mi chiese Marco mentre io studiavo la camera.
Mi sedetti vicino all’armadio, con la schiena appoggiata ad un’anta e Marco si sedette vicino a me. Mi faceva strano sedermi sul letto di un’altra persona, soprattutto con tutti quei pupazzi che mi osservavano. Infilai una cuffietta nell’orecchio destro e Marco fece lo stesso. Non conoscevo la canzone che stavamo sentendo, era in inglese e io ero particolarmente ignorante in fatto di musica straniera. Marco mi mise un braccio intorno al collo e mi strinse a se proprio durante il ritornello della canzone. Mi stava baciando quando accidentalmente sentii che la mia mano toccava qualcosa di strano. Qualcosa che non avevo mai sentito su un qualunque braccio normale. Avevo infilato la mano sotto la manica della maglietta e passando più volte su quel punto capii che era una cicatrice. Non appena Marco capì quello che stava succedendo scansò il braccio e si allontanò da me. Non conoscevo il perché di quella reazione ma sicuramente doveva essere esagerata.
In seguito scoprii che Marco si tagliava. Era iniziato tutto dopo che suo padre aveva perso il lavoro e sua madre non poteva cercare un impiego perché Cecilia era ancora piccola. Aveva 13 anni la prima volta che lo fece. Si era servito dell’aiuto di una lametta che aveva ottenuto dal padre per farsi la barba. Da quel giorno lo faceva ogni volta che qualcosa andava male, ossia molto spesso.‘Fa male?’ gli chiesi mentre mi raccontava.
‘La prima volta mi ha fatto abbastanza male ma oramai è diventato un dolore sopportabile. Non sento più molto, mi sono abituato.’
Ero rimasta sconvolta. Io non avevo mai pensato di ricorrere a una cosa del genere nonostante tutti i problemi che avessi. Non riuscivo a capire perché lo faceva. Quale persona con un po’ di amor proprio si distrugge le braccia solo perché soffre. Pensando a tutta la nostra storia insieme costatai che non l’avevo mai visto con magliette a maniche corte neppure quando le temperature lo permettevano. Ora che ne ero a conoscenza non me lo nascondeva più e quando eravamo soli e faceva molto caldo si toglieva il giacchetto e rimaneva a maniche corte. Notai nei mesi successivi che le cicatrici aumentavano ma lui non mi dava spiegazioni.
‘E’ una tua impressione.’ Mi diceva ‘sono sempre le stesse. Non ne faccio mai di nuove se prima non si rimarginano quelle vecchie o la mamma potrebbe scoprirlo.’
Io non gli credevo. Sapevo che avevo ragione io e la conferma non tardò ad arrivare. Un giorno, mentre stavo studiando, suonò il telefono. Non squillava quasi mai, nessuno ci cercava. Emi e Ciro avevano il numero del mio cellulare e lo stesso Marco.
‘Pronto, sono Lola.’ Dissi alzando la cornetta.
‘Pronto Lola, sono Eloise, la madre di Marco.’ La sua voce appariva particolarmente agitata. Restai in silenzio per ascoltare quello che doveva dirmi.
‘Marco è in ospedale. Puoi raggiungerci?’
Era stato trovato nella vasca da bagno immerso in un misto di acqua e sangue. Cosi sua madre aveva scoperto che suo figlio si tagliava. Mi chiese se ne sapevo qualcosa e non potevo mentire a una madre che si trovava in quelle condizioni. Non aveva smesso di piangere per tutto il tempo. Raccontava quello che era successo e piangeva. Mi raccontò inoltre che avevano scoperto, attraverso delle analisi, che suo figlio si drogava. Mi chiese perché non avessi aiutato Marco a smettere di farsi del male, sapendo quello che faceva. Non le risposi. Mi chiese perché non ne avevo parlato con qualcuno più grande di me e perché non mi fossi fatta aiutare ad aiutarlo da lei o da suo marito. Non risposi neanche a questa domanda. Mi permise di vedere Marco per l’ultima volta. Non appena sarebbe stato in grado di tornare a casa sarebbe andato in una casa di cura dove lo avrebbero aiutato con la droga e lo avrebbero seguito per assicurarsi che non si tagliasse più. Io non avevo il permesso di vederlo. Mi disse che una persona che teneva veramente a Marco lo avrebbe aiutato, gli avrebbe fatto capire che era sbagliato quello che stava facendo e non avrebbe fatto finta di niente come avevo fatto io. Quello che non sapeva era che io Marco lo amavo con tutto il cuore e che non gli avevo detto nulla perché avevo paura che mi abbandonasse, avevo paura di perderlo e non potevo permettermelo, ma ora lo avevo perso ugualmente. Nonostante avrei avuto l’occasione di infrangere la volontà della madre e sarei potuta andarlo a trovare in comunità, non lo feci. Non so nemmeno io il perché, semplicemente non lo feci. Piansi per giorni interi. Quando ero entrata nella sua camera di ospedale lo avevo trovato addormentato, con le braccia del tutto distrutte dai tagli e non ce l’avevo fatta a guardarlo per un altro minuto. Ero uscita con molta naturalezza e mi ero allontanata da quell’edificio che ora significava solo ancora più dolore. Ero una persona debole, non avevo avuto il coraggio di dirgli quello che pensavo per paura di perderlo e ora lo avevo perso ugualmente. Per lui sicuramente sarei stata solo una delle tante parentesi, ma per me aveva significato molto più di quanto ci si possa immaginare e il dolore che ora avevo dentro era lancinante.
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Il domani non fa più paura
RomanceLola non ha mai avuto una vita facile. Fin da bambina ha sempre affrontato la realtà e probabilmente ciò l'ha portata a crescere troppo in fretta. Niente in lei è mai andato come voleva ma la vita si sa, è sempre imprevedibile e molto spesso le cose...