08. Sguardi persi

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"Sono i libri che
un uomo legge,
quelli che lo accusano
maggiormente."

Le lezioni trascorsero lentamente, forse perché, persa nei miei pensieri, non facevo che guardare l'orologio. Non vedevo l'ora arrivasse sera per poter finalmente riabbracciare Brad.

Nonostante fossero passati solo pochi mesi dall'ultimo abbraccio a me mancava veramente tanto. Parlare con lui ha sempre avuto un effetto rilassante per me, non mi faceva mai sentire sbagliata. Insomma il nostro legame assomigliava tanto ad un legame fraterno ma nessuno dei due avrebbe mai definito l'atro "fratello" o "sorella".

Ci eravamo ritrovati rare volte a parlare dell'argomento ed entrambi avevamo lo stesso pensiero a riguardo. Lui per me rimarrà sempre un amico; essere fratelli è qualcosa di più, non è solo il legame di sangue ma è crescere insieme, sostenersi e aiutarsi e, nonostante il bene che ci vogliamo, lui non conosce tante esperienze e tratti della mia vita che mi hanno fatto diventare quella che sono.

Tra un pensiero e l'altro si fece ora di pranzo. Denise era a qualche banco di distanza da me e mi fece segno con la mano di seguirla per andare a mensa.

Decisi di andarci sola quel giorno quindi le dissi di andare che ci saremmo viste dopo.

Iniziai a vagare per i corridoi. Il giorno prima non avevo avuto tempo per guardarmi intorno; i corridoi erano pieni di studenti, alcuni in gruppo, altri da soli, altri ancora correvano a posare i libri nell'armadietto. Riconobbi la divisa delle cheerleader, era molto simile a quella che portavano le ragazze nella mia vecchia scuola. Mi chiesi come faceva Denise a conciliare lo sport con lo studio, sicuramente ci voleva tanta organizzazione.

Il mio sguardo fu attirato da una grande porta di fronte al laboratorio di informatica. Sopra, un po' consumata, si leggeva la scritta "biblioteca". Decisi di entrarci per fare un giro veloce e poi dirigermi a mensa.

Appena aprì la porta un forte odore di libri e polvere mi pervase le narici. Alla vista di tutti quegli scaffali pieni per un attimo mi sentì al posto giusto, tutto sembrò svanire e mi persi camminando tra quelle file di pagine piene.

Lessi i titoli di quei libri, alcuni li conoscevo, altri non li avevo mai sentiti nominare ma pronunciare quei titoli sottovoce creava una sorta di melodia che faceva combaciare tutto dentro di me.

Ero persa. Trascorsero minuti, volarono ore e io mi ritrovai lì, seduta in un tavolino a leggere pagine di Freud, incantata dal modo in cui gli uomini riuscirono, e tutt'ora riescono, a studiare e comprendere altri esseri umani.

Una lieve vibrazione mi scosse dal mio stato di trans. Non so quanto tempo trascorsi a leggere ma il nome sullo schermo del mio cellulare mi fece pensare che forse era troppo tempo che ero chiusa lì dentro.

"Cami sei per strada? Tuo fratello arriverà in anticipo, sarà qui tra un'ora" mi disse mio padre appena risposi.

Guardai l'ora, erano le 6 P.M., i cancelli della scuola sarebbero stati chiusi a breve. Le lezioni erano finite da circa mezz'ora quando uscii dalla biblioteca.

Appena chiusa la chiamata con mio padre mi resi conto di aver ricevuto diversi messaggi da Denise in cui mi chiedeva che fine avessi fatto. Le risposi scusandomi e dicendole che avevo trascorso l'intero pomeriggio in biblioteca.

Uscita dalla scuola sentì un rombo in lontananza prima di per demi in mezzo al traffico di Londra.

Ricevetti un altro messaggio da Denise:

"Ti ho cercata tutto il pomeriggio, pensavo fossi andata a casa, se ti va potremmo vederci domani mattina prima di entrare in aula 😊"

POV'S ETHAN

Dopo il litigio con mia madre di quella mattina non fui molto propenso a seguire le lezioni. Passai l'intera mattinata a scarabocchiare i quaderni e a ripensare alla discussione di quella mattina.

"Tuo padre merita di vederti ancora" mi urlava lei tra le lacrime

"Io non ho più un padre" era questa la mia risposta ogni qualvolta lei lo nominava.

Volevo bene a mia madre. Lei mi era sempre stata accanto. Quando ero piccolo mi perdevo tra le sue braccia mentre le lacrime scendevano copiose sulle sue goto rosse.

Il mio odio non era diretto a lei ma all'uomo che gli era stato accanto per tutti quegli anni. Un uomo che non la meritava.

Decisi di lasciar perdere le lezioni. Per tutta la mattina non avevo ascoltato neanche una parola.

Mi diressi nell'unico posto in cui sapevo non sarebbe andato nessuno: la biblioteca.

Passai il resto della giornata seduto ad un tavolino con la testa tra le mani a rivivere tutti i ricordi e tutte le emozioni degli anni passati. Tutti quegli eventi mi hanno reso quello che sono oggi: un corpo senza anima.

Decisi di alzarmi e andar via quando sentì la porta della biblioteca aprirsi.

Una ragazza fece capolino sulla porta, era la stessa ragazza che quella mattina aveva attirato il mio sguardo. Mason il giorno prima mi disse il suo nome: Camille se non ricordavo male.

La ragazza cominciò a vagare tra i libri senza accorgersi di me, sembrava totalmente assorta da quei titoli che leggeva con una strana luce negli occhi.

La vidi afferrarne uno e iniziare a sfogliarlo; lo posò e ne prese un altro.

Passai il resto del pomeriggio ad osservarla, mi incuteva serenità e calma e fu l'unico modo per calmare i miei pensieri.

Il suono del mio cellulare mi fece spaventare tanto da imprecare tra me e me. Risposi a Mason prima di alzare lo sguardo e vedere che Camille non si era minimamente scomposta all'udire quel suono.

Mason mi aspettava davanti a scuola per il giro in moto. A malincuore mi alzai e mi diressi verso l'uscita.

"Amico ma che fine avevi fatto, ti ho cercato ovunque!" esclamò Mason venendomi incontro.

"Solite cose" tagliai corto. Ci avvicinammo agli altri e, dopo qualche chiacchiera ci salutammo.

Passai il casco a Mason e indossai il mio senza una parola. Montammo in sella e udire il rombo della mia moto strappò un sorriso per la prima volta in quella giornata.

A te che mi hai resa diversaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora