Angie II - I regali del capitano

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Ad Holker Hall, una acconciatura le aveva sempre richiesto più della metà di un'ora, anche perché accanto a sé aveva sempre avuto Julia che si dimostrava fin troppo paziente a soddisfare il suo unico capriccio da nobile: i propri capelli dovevano essere sempre perfetti. Tuttavia, per tutto quel lungo mese, aveva dovuto trovare un'alternativa. In un primo momento, aveva richiesto l'aiuto della servitù, ma non soddisfatta del lavoro finale aveva deciso di sbrigarsela da sola. Più che rimproverare o lamentarsi capricciosamente di qualcosa che non la soddisfaceva, Angie preferiva pensare da sé e risolvere autonomamente i suoi problemi. Insolito, considerato il modo in cui era stata cresciuta. Vedeva le sue coetanee, dame di un rango superiore o inferiore al suo, comportarsi come ci si aspettava da una nobildonna: erano tutte, nessuna esclusa, cresciute con privilegi e vizi di ogni genere, donne che si annoiavano per gran parte della giornata e si sfogavano a gran voce in melodrammatiche nenie su quanto la loro esistenza fosse insoddisfacente. Lady Angelica, sì, toccherebbe essere onesti, faceva anch'ella un gran chiasso ma spesso per i motivi più sciocchi e mai per lamentarsi. Amava ridere e far ridere, ad esempio, e le sue risa erano un suono inconfondibile con altri. C'era chi la trovava grossolana e ugualmente fastidiosa, un po' sciocca per la sua età; lei lo sapeva bene quante polemiche e dicerie girassero sul suo conto e se aveva sofferto in silenzio, quando ancora tutti la chiamavano semplicemente Angie, poi, nelle vesti di una lady, aveva imparato a conviverci e a farne una forza. Lei era così e il solo fatto che fosse diversa dalle altre, la faceva sentire bene con se stessa. Perciò, si ripeteva, "chi fa da sé, fa per tre", un detto che aveva rubato a un negoziante, e sorrideva davanti allo specchio, mentre si arricciava una ciocca di capelli legandola con una forcina su un lato e si osservava attentamente nel riflesso dello specchio per accertarsi della buona riuscita. Soddisfatta, iniziò ad acconciarne un'altra.

Aveva quasi finito, perciò non ci impiegò molto prima di voltarsi e osservare la propria stanza. Era alquanto sottosopra, a causa della partenza prevista per il giorno successivo, ma sapeva che nel momento in cui sarebbe tornata in camera, magari dopo pranzo, avrebbe trovato ogni sua cosa riposta con cura nelle valigie, ora aperte e disposte disordinatamente un po' ovunque fra quelle quattro mura. Qualche minuto più tardi, si specchiò un'ultima volta alzandosi in piedi e lisciandosi il vestito color lavanda che aveva indossato per quel giorno. Si sorrise, soddisfatta del risultato che aveva ottenuto e si incamminò fuori dalla porta, fino a raggiungere al piano sottostante la sala da tè dove erano soliti riunirsi per la colazione.

«Buongiorno zio» disse all'uomo seduto a capotavola, volgendo poi lo sguardo su Fred e Archie a cui dedicò un secondo saluto. Si sedette al fianco del cugino e iniziò la propria colazione sistemandosi il fazzoletto sulle proprie gambe.

«Ben svegliata, cugina» ricambiò Frederick con un sorriso cordiale. Archie aggiunse subito: «Avete dormito bene?», sedeva di fronte a lei e la guardava dimostrando sincerità nel conoscere la sua risposta, nonostante quella fosse chiaramente una domanda di cortesia.

Angie si ritrovò a sospirare mestamente, ma si trattenne dal lamentarsi nuovamente su quanto scomodo fosse il proprio letto e si stampò in viso un grosso sorriso, pensando positivo: «Posso finalmente poter dire di essere molto felice di tornare a casa» affermò, guardando Archibald e Frederick sorridere sotto i baffi.

«Perché, cara nipote, non avete gradito il soggiorno qui a Eastbourne?» domandò intervenendo l'anziano zio. La sorpresa fu il dessert su quel banchetto. Era raro, infatti, che il duca prendesse attivamente parte alle conversazioni fra loro, se non di tanto in tanto asserendo per buona educazione. Per di più, in quell'esatto momento, cercava di intavolare un discorso, senza la scusa che assieme a loro ci fossero ospiti per cui il suo intervento fosse necessario, oltreché d'obbligo.

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