Frederick II - Un marchese e il suo problema

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Non potendo avere un'intera casa a disposizione, Frederick aveva avuto la brillante idea di adibire l'ala ovest di Holker Hall come il suo personalissimo spazio per il gioco d'azzardo.

Oltre l'anticamera in cui Harold e Louis facevano la guardia per evitare che qualcuno di indesiderato entrasse, poi da quell'ampia stanza in cui spesso si era danzato e concesso di intrattenere e intrattenersi con gli ospiti era possibile addentrarsi maggiormente nell'ala di gioco.

Varcata una delle maestose porte, prima da Frederick e Archibald, al suo fianco, poi Jaycob qualche passo dietro di loro, giunsero nel nuovo ambiente: Fred fu sorpreso di vedere molti volti conosciuti attenderlo attorno ai diversi tavolini disposti per tutto il salotto. Non che lo aspettassero realmente, ma in molti voltarono lo sguardo verso di lui e lo salutarono con un cenno elegante del capo.

«Questa sarebbe la tua parte di sorpresa?» si burlò Jaycob mentre sedeva al fianco di Fred. Archibald, in piedi, lo sfidò con uno sguardo fiero e il sorrisetto di chi la sapesse lunga. «Carissimo, tu avrai pur dimostrato di conoscere l'anima nobile di quest'uomo, ma io conosco la sua natura».

Frederick intervenne con un dito alzato e il volto rivolto verso l'amico: «Non sono tanto sicuro che questo sia un bene, sai, amico mio. Devo forse preoccuparmi?»

Jaycob rise, mentre Archibald lo guardava bieco. Poi, schiarendosi la voce e sedendosi accanto a Fred, sorrise sagace: «Hai mai dovuto farlo?»

Frederick non rispose, ma non c'era neppure bisogno di farlo, visto che le volte in cui si era dovuto preoccupare per qualcosa che Archibald aveva organizzato segretamente, erano state talmente tante che aveva perso il conto. Lucas sopraggiunse dalla sala che avevano appena lasciato e offrì a ognuno di loro qualcosa da bere. Per Frederick, senza neppure chiedere, riempì il solito mezzo bicchiere di brandy. Jaycob scelse, invece, un bicchiere di vino e Archie esagerò, come sempre, optando per un calice di champagne.

Iniziarono a giocare a carte, dilettandosi di tanto in tanto con qualche conversazione di poca valenza per essere ricordata. Nell'esatto momento in cui Jaycob iniziò a domandarsi se Archie fosse talmente stolto da credere che per deliziare Fred bastasse giocare e scommettere, due donne sedute al tavolo affianco al loro si alzarono in piedi.

Destarono immediatamente l'attenzione di tutti, Frederick fra gli ultimi ma fu il più raggiante quando riconobbe gli abiti sgargianti che indossavano, il trucco pittoresco e l'aria stravagante. Le due signorine furono seguite subito da altre due da un tavolo in fondo al salotto. Tutte e quattro salirono sui tavoli in cui silenziosamente avevano seduto fino a quel momento, iniziando a ballare e a cantare in lingua francese, senza l'accompagnamento di alcuno strumento, il quale si unì al coro francese e alle danze disinibite quando Tyler, con un violino, iniziò a passeggiare di tavolo in tavolo incitandole con una melodia suadente.

«Ecco cosa mancava alla tua esibizione, Jay» esclamò Archibald in un guizzo di prepotenza. Jaycob lo guardò per qualche secondo soltanto, voltandosi poi a osservare le ballerine. Erano diventati presto famosi gli spettacoli, a Montmartre, nel ristorante del Moulin de la Galette, tanto da raggiungere la notorietà anche oltre mare, Jaycob non credeva che quelle fossero le stesse famose danzatrici del ristorante, anche perché era abbastanza complicato e pretenzioso farle arrivare dalla Francia soltanto per una sera, ma le quattro donne che ballavano e cantavano seducendo tutti gli invitati erano una validissima alternativa alle originali. Frederick diede una forte pacca sulla spalla dell'amico, dopo aver lanciato le carte che aveva fra le mani e che la danzatrice sul loro tavolo si adoperò con i piedi a sparpagliare un po' ovunque. Pochi istanti dopo, la sua personalissima ballerina di burlesque gli offrì una mano per seguirlo sopra il tavolo e Frederick non si fece pregare per raggiungerla. Così, mentre lui ballava, in un modo tale che tante persone avrebbero potuto considerarlo osceno, Archibald gli domandò a gran voce: «Stai gradendo, amico mio?».

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