Jaycob II (Parte Seconda) - Per colpa di un cappello

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Era sempre una ottima giornata, quando Jaycob si svegliava con la soluzione dell'enigma lanciato dal cugino. Quella volta, ci aveva impiegato soltanto sette giorni per arrivarci. Aveva appena aperto gli occhi, impigrito dal tepore delle coperte in contrasto col freddo delle pareti attorno a lui, e si era messo a pensare. Il quesito di Galilei, l'aveva denominato Frederick. Dietro l'enigma c'era un aneddoto divertente, aveva continuato il marchese – e lui chissà da chi l'aveva sentito... a volte credeva che se li inventasse, ma era conscio di sopravvalutarlo.

Gli aveva spiegato prima di consegnargli il foglio con su scritto l'enigma, «per tener lontani i numerosi visitatori che bussavano alla sua porta, Galileo Galilei aveva ordinato a un servo, munito di calamaio e foglio, di stare fermo davanti al portone dell'abitazione per consegnare alla persona in visita una sequenza di numeri. Soltanto chi avesse risposto dando il motivo esatto per cui fossero ordinati in quel modo, sarebbe potuto entrare in casa.»

La sequenza, Jaycob la rilesse velocemente nel pezzetto di foglio che nei giorni aveva sgualcito e strappato riducendolo a una striscia sbrandellata: «5, 10, 2, 9, 8, 4, 6, 7, 3, 1».

Aveva fatto calcoli matematici. Aveva sommato, sottratto, diviso e moltiplicato. La radice quadrata? Quella cubica, no. Aveva tirato fuori tutti i ricordi che possedeva delle lezioni di matematica, per poi chiedere l'aiuto della logica. C'era una logica. Oppure un inganno.

Quella mattina, finalmente, era giunta la soluzione. «Fottutissimo imbroglione» aveva bofonchiato alzandosi di slancio dal letto per raggiungere in fretta il proprio scrittoio.

Aveva preso un foglio e intinto la penna nel calamaio, come chissà quanti visitatori avevano fatto – maledicendo Galileo Galilei, tra l'altro – prima di lui.

Questa volta, la sequenza di numeri che ormai ripeteva a memoria, la scrisse a parole.

«Dannato cugino!» borbottò laconico, benché divertito.

Una volta finito, guardò una a una le parole e sogghignò. In basso, scrisse il motivo per cui i numeri fossero messi in quell'ordine e, in segno di esultanza, sbatté entrambi i pugni sul legno, stiracchiandosi subito dopo a quell'inizio di giornata meraviglioso.

«Oggi è proprio un giorno perfetto per ribattere con un altro enigma. Più perfido di questo...» confabulò sempre più divertito. Girò il foglio su cui aveva scritto la soluzione e formulò il suo, a cui aveva pensato spesso nei giorni a seguire e che elaborò per gran parte della mattinata.

«Funzionerà. Ha la sua componente logica, il suo inganno e... la sua stupidità nel risolverlo» parlò di nuovo con se stesso, maggiormente divertito. Sembrava aver completamente perso la ragione. Un folle.

In una grafia più che leggibile, per quanto non avesse mai avuto un tratto elegante come gli insegnanti spesso gli avevano rimproverato, aveva velocemente compilato una tabella preceduta da una semplice richiesta:

Nessuna storia dietro questa sequenza di numeri, ma ti sfido a completarla nel modo corretto:

12 = 6

10 = 5

8 = 4

6 = 3

4 = ?

Se fosse così scontato, te lo proporrei?

Quando realizzò di aver speso gran parte della mattinata seduto davanti alla propria scrivania, balzò in piedi piegando il foglio sul quale aveva scritto la risposta alla soluzione e il nuovo enigma. Si vestì in fretta con un paio di pantaloni comodi, perché aveva appuntamento con Frederick nel cortile vicino alla fontana dove avrebbero avuto modo di praticare il loro passatempo preferito, graziati da quelle mattinate particolarmente soleggiate. Certo non prima di aver lasciato il biglietto nelle stanze di Fred, perché così funzionavano gli scambi degli enigmi.

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