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Premessa: tutte le scritte in corsivo, riguardano dialoghi fatti in passato.

*9 giugno 2020*

«da questa parte, prego» il dottor Scott porse il braccio in avanti per indicarmi la direzione verso il reparto.

Era la mia prima volta in quell'ospedale, cercavo di ricordare tutte le posizioni dei reparti, ma era talmente grande che se il dottor Scott mi avesse chiesto di riportarlo all'entrata, probabilmente non ce l'avrei fatta a ricordarmi dov'era.

«ti ambienterai presto tranquilla»

«non ne sono tanto sicura», il dottor Scott rise.

Scott mi mostrò per ultima cosa il reparto per prelievi dicendomi che io sarei partita a lavorare da lì quella mattina.

A pensare a come ero quando ero piccola, mi sarebbero venuti i brividi se pensavo a come ero diventata.

Quando ero più piccola avevo una paura immensa degli aghi e se dovevo andare a fare qualche prelievo o vaccino cercavo di tutto pur di non andarci. Facevo credere ai miei di essermi ammalata perché sapevo benissimo che i vaccini quando si ha la febbre è meglio non farli. Poi però un giorno mia madre mi scoprí con il termometro attaccato alla lampadina accesa della mia basciure e da lì finí tutto.

Mi ricordo esattamente che a soli 6 anni ero andata con mia madre in ospedale per fargli fare il prelievo. Mi ero messa seduta in una poltrona di fianco a lei e mentre l'infermiera le inseriva l'ago, io, ho cominciato a vedere tutto sfuocato e avere i giramenti di testa per poi svenire.

E poi, ora, sono finita per lavorare in ospedale, addirittura mi sono messa a fare i prelievi alla gente senza avere nessun sintomo di svenimento; ero cambiata tanto.

«diciamo che per oggi può bastare» Jessie, l'infermiera che mi seguiva mi diede il permesso di andare a casa dopo 3 ore di prelievo.

Anche se in poco tempo, avevamo legato molto.

Aveva i capelli neri, occhi azzurri e gli occhiali, era magra, alta e di origini italiane; era venuta in California per rivedere una sua vecchia amica, era rimasta lì per tutti i mesi estivi e durante questa lunga permanenza si era innamorata di un americano ed è poi rimasta incinta, così ha deciso di trasferirsi in California e trovare poi lavoro lì.

In tutta la mattina avevo fatto solo una ventina di prelievi, tra il giro in ospedale con il dottor Scott e tutta la spiegazione di Jessie su dove erano tutte le attrezzature necessarie, avevo perso tanto tempo e non ero riuscita a fare altro.

«voi un passaggio a casa?» mi chiese Jessie tirando fuori dalla sua borsa le chiavi di una fiat.

«no no, non ti preoccupare, ho casa qui vicino, ci vediamo tra qualche giorno» ci salutammo.

La mia casa era a 3 isolati di distanza dall'ospedale, non così distante da non riuscire a fare a piedi. Amavo camminare in mezzo alla città, vedere le vetrine dei negozi aperti e tutti i colori della città. Mi sentivo piccola in una città così grande come la California, ma non mi metteva timore questa cosa.

«buonasera tesoro» Mike mi aspettò davanti alla porta d'ingresso aperta per salutarmi.

«buonasera» gli risposi

Stavamo insieme da 3 anni, eravamo compagni alle superiori e tra un tira e molla l'altro ci eravamo messi insieme, per poi litigare e perderci l'estate dopo la maturità. Ci siamo poi rincontrati in questa casa, sembra strano, ma è così.

3 anni e mezzo fa cercavo una casa tutta mia per allontanarmi dai miei, ero stufa di stare a casa con loro, volevo sentirmi libera e indipendente, così trovai un offerta su internet per un appartamento che affittava una camera, avrei avuto un coinquilino o una coinquilina e questa cosa mi intrigava molto. Così trovai Mike ad aprirmi la porta di casa quel giorno con i suoi soliti capelli biondi e occhi, verdi, la cresta impasticciata con il gel e i suoi riconoscibili jeans strappati. Un anno dopo di convivenza ci eravamo messi insieme io avevo 20 anni e lui 27, ma le cose tra noi secondo il mio punto di vista non stavano andando bene dall'anno prima. Tutto partì da un mio vecchio amico, Logan. Avevo invitato Logan a casa perché a casa sua c'erano stati dei problemi, non ho mandato un messaggio a Mike per chiedergli se poteva venire perché in fondo in fondo quella era anche casa mia. Arrivati a casa, Mike ha cominciato a gridarmi addosso accusandomi di averlo tradito e tutte cose che non c'entravano nulla e, alla fine, ha pure cacciato di casa Logan. Era diventato possessivo, non sopportavo questa cosa, abbiamo iniziato a litigare pesantemente fino a quando io sono uscita di casa sbattendo la porta, andando a dormire dalla mia migliore amica, Katy, insieme a Logan. Solo dopo una settimana che ero fuori casa si è venuto a scusare e non avrei potuto fare altro che perdonarlo.

«com'è andata a lavoro?» mi domandò per aprire un po' il discorso tra noi

«tutto apposto, nulla di ché» gli risposi fredda.

Non mi andava di parlare con lui, c'era qualcosa che non andava, non mi sentivo più io con lui, ero cambiata, sorridevo poco a casa e più a lavoro e sta cosa mi pesava perché in teoria dovrebbe essere il contrario, quando la persona che hai al tuo fianco ti rende felice vuol dire che ti piace veramente e a lui piaci te, ma per me non era così in quel momento, non avevo più voglia di litigare con lui, non avevo più voglia di vivere con lui e non avevo più voglia si stare con lui perché non mi lasciava il mio spazio, mi stava sempre addosso e non mi lasciava libera, nello stesso tempo avevo paura di una sua reazione se lo avessi lasciato.

«ti ho preparato un sandwich» prese il piatto con il sandwich che aveva messo sopra il fornello spento e lo posò sul tavolo.

«non mi va, mangialo pure tu» mentre lo dicevo presi una tazza e la riempii con il caffè della moka già pronto da quella stessa mattina.

«perché non ti va?»

«perché non ho fame, mi faccio solo una tazza di caffè e sono apposto» gli risposi

«sei andata a mangiare fuori con qualcuno? È per questo che non hai fame? Ed è per questo che sei arrivata 15 minuti dopo dall'orario in cui arrivi di solito a casa?» mi ha chiesto insistentemente con la fronte aggrottata.

Mi avvicinai a lui, aggrottando la fronte come la sua, lo guardai negli occhi abbastanza innervosita e gli risposi:

«e se è per questo, quali sono i tuoi problemi? Questa è la mia vita, non ti permetterò di cambiarmela come ti pare e piace a te, ho 23 anni, non sei mio padre, dovresti essere il mio ragazzo, lo stesso ragazzo delle superiori e invece...»

«e invece cosa? Cosa mi vorresti dire adesso?» mi domandò mettendosi con le braccia incrociate

«sei cambiato, sei diventato possessivo, ma ovviamente non te ne rendi conto, e forse non ti rendi neanche conto che non sorrido più come una volta perché non sto più bene con te, non mi lasci avere amici, non mi lasci libera...»

«non dovresti avere amici, ci sono io per te, io voglio solo la tua felicità»

«no, tu non ci sei per me e non vuoi affatto la mia felicità, vuoi solo la tua di felicità altrimenti te ne saresti accorto subito delle cose che non vanno tra noi. E poi chi sei tu per dirmi che non posso avere amici? Ma ti rendi conto di come sei? Ci rendiamo conto, ci rendiamo conto che hai dovuto cronometrare i minuti di ritardo prima che io arrivassi a casa, chi sei tu per decidere per me chi sei?»

Mike mi guardò, sempre con un aria molto inquieta, ma stavolta non mi rispose.

«io faccio le valigie e me ne vado»

«ma dove vuoi andare?» mi disse sbuffando

«lontano da te...» posai la tazza sul tavolo con ancora metà caffè e andai a preparare tutta la mia roba.

I who think only of you Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora