Trattato di pace

672 28 5
                                    

Attento a ciò che desideri, si ripeté Ian sul sedile passeggero della Escalade. Ancora una volta, il panorama notturno del centro città di Chicago comparve fuori dal finestrino mentre Mickey guidava verso l'hotel Four Seasons. Clive Janssen sbraitava in olandese contro qualcuno che doveva averlo fatto incazzare mentre Mickey tratteneva a stento un sorriso che sembrava dirgli “Te l’avevo detto”.
Ian tracciò il profilo delle sue labbra piene con lo sguardo, evidenziate dal sorrisetto appena accennato. Continuò la propria non così discreta ispezione scendendo sul collo ornato dalla cravatta, come prevedeva la politica di Elite negli incarichi di protezione esecutiva, per poi spostarsi sul braccio coperto dalla manica del completo fino alla mano intorno al volante.
F.U.C.K. Avrebbe voluto baciare una ad una le sue nocche e poi intrecciare le loro dita. Questo gli riportò alla mente immagini di quella mattina nella doccia; le sue mani che coprivano quelle di Mickey, la sua pelle, il suo corpo che aderiva perfettamente a quello di Ian.
- Gallagher – sibilò Mickey tra i denti, a bassa voce.
Ian tornò a guardare fuori dal finestrino perché guardare Mickey non era una buona idea. Nonostante il fiume di quelle che sembravano proprio parolacce in olandese si era momentaneamente dimenticato di Janssen, ma doveva ripagare Mickey con la stessa moneta. Nelle ultime due ore lo aveva chiamato “signore” ogni volta che ne aveva l’occasione, fingendo di dover seguire il normale protocollo di Elite che richiedeva che i dipendenti si rivolgessero con le dovute maniere ai loro superiori, ma Ian era sicuro di non ricordare neanche una volta in cui Mickey si fosse comportato da regolare dipendente.
Sicuramente non al “La Trattoria”, il ristorante italiano sull’itinerario di Janssen. Ian era arrivato poco prima delle sette e dopo un giro di ispezione da parte di Mickey intorno al ristorante per controllare che non ci fossero punti potenzialmente sensibili o ad alto rischio, Ian lo aveva scortato dentro dove avrebbe cenato con diversi investitori. Mentre Janssen curava il proprio giro di conoscenze davanti ad un piatto di linguine, avevano aspettato discretamente e con pazienza che il loro cliente finisse di cenare. Il piano prevedeva di accompagnarlo all’hotel e poi sarebbero stati liberi finché Mickey non sarebbe passato a prenderlo per scortarlo ad un paio di appuntamenti il giorno dopo. Avrebbero avuto tutta la notte per loro e questa consapevolezza non li abbandonava mai. Era in ogni sguardo, in ogni tocco, in ogni parola non detta.
Appartati in un angolo ad un tavolo separato, avevano bevuto quella che doveva essere la famosa acqua stagionata, visto che avevano dovuto persino pagarla. A quel punto Mickey si era dunque rifiutato di berla, incrociando le braccia imbronciato come un bambino che non voleva mangiare i broccoli e Ian aveva fatto scivolare il proprio piede in mezzo ai suoi, visto che il corpo non voleva dargli retta. Anche con i due strati di cuoio delle scarpe a separarli, aveva reagito immediatamente al tocco del moro.  In linea con la tradizione dei ristoranti italoamericani, il tavolo era coperto da una tovaglia bianca fino al pavimento, permettendo loro di fare segretamente piedino. Ian si era portato il piede di Mickey fino al proprio lato del tavolo, troppo affascinato da lui da mettere da parte ogni senso di professionalità. Per la prima volta nella sua vita era davvero preso di qualcuno, e al diavolo le conseguenze.
Mentre mangiavano tranquillamente il loro dessert sembravano più ad un appuntamento che due agenti in borghese in servizio. Ian gli aveva chiesto se avesse parlato con il personale della Helix riguardo al rapporto che avevano mandato sui fratelli Little, e Mickey aveva risposto con un rapido “Sì, signore”. Anche l’altro piede era entrato in azione, intrappolando definitivamente quello di Mickey.  Ian aveva quindi cominciato a tempestarlo di domande che avrebbero richiesto continue rispose affermative. Ogni “Sì, signore” era più sexy del precedente. Janssen avrebbe potuto anche essere sequestrato e Ian non se ne sarebbe nemmeno accorto… o preoccupato.
Intorno alle dieci erano tornati alla macchina per dirigersi verso l’hotel di Janssen. Dopo aver trascorso tutta la sera ansioso di ciò che lo aspettava dopo, Ian non vedeva l’ora di scaricare l’uomo, il quale aveva iniziato a dirne quattro in inglese ad un cliente riguardo ad una fuga di informazioni risalente a due anni prima. Ian aveva drizzato le antenne ma l’unica cosa che capì fu che qualcuno aveva combinato qualcosa poco prima del rilascio di un nuovo farmaco, e chiunque fosse l’interlocutore al telefono probabilmente se la stava facendo addosso dalla paura di commettere un altro errore.
Lanciò un’occhiata a Mickey. Quando non ricevette altro che un’alzata di spalle in risposta, Ian cominciò a chiedersi se non fosse meglio investigare oltre.
Un’imprecazione a fior di labbra attirò la sua attenzione su Mickey, giusto in tempo per vederlo rivolgere il dito medio ad un altro autista. Si leccò rabbiosamente il labbro inferiore mentre Ian continuava a guardarlo attentamente. Era solo un tic nervoso o un’abitudine? Il gesto continuò e si prolungò sempre di più, la lingua che indugiava sul labbro inferiore finché Mickey non vi affondò anche i denti. Ian si sporse un po’ di più, determinato a svelare il proprio arcano. - Che cazzo hai da guardare? – sussurrò Mickey tra i denti.
Prima di poter rispondere, Ian sistemò il cavallo dei pantaloni che cominciavano a stargli un tantino stretti e gettò un’occhiata oltre la propria spalla a Janssen, il quale sembrava incapace di chiudere la bocca. – Le tue labbra – rispose a sua volta a bassa voce.
- Cosa… ? -. Mickey lo guardò confuso, tornando immediatamente a concentrarsi sulla strada. La sua lingua si fece di nuovo strada in mezzo alle labbra. – Fanculo, ora mi sento a disagio –
- Ohhh – replicò Ian, focalizzandosi di nuovo sull’oggetto del proprio interesse.
- Piantala –
- Ti da’ davvero fastidio? Perché non sono sicuro di riuscire a smettere –
- Gesù… ecco l’hotel – disse Mickey, mettendo la freccia per svoltare nell’entrata del Four Seasons. Il parcheggiatore li accompagnò alla zona di scarico passeggeri, assicurandosi che almeno una persona restasse in macchina. Quando Ian slacciò la cintura, il viso coperto di barba sale e pepe di Janssen comparve in mezzo ai loro sedili e la sua voce risuonò nell’abitacolo rauca e maliziosa.
- Ho la suite manageriale e il letto è abbastanza grande per tre –
Lo sguardo di Mickey si incendiò poco prima di voltarsi di scatto verso di lui. – Ti sembriamo una coppia di fr… -
- Lasci che l’accompagni in camera, signor Janssen. È stata una lunga giornata e avrà certamente bisogno di riposare – si intromise Ian. Aveva già la portiera aperta e un piede fuori dalla macchina nel tentativo di virare dalla rotta di collisione che stavano rischiando. Ma Janssen non demorse.
- Voi due avete mandato strani segnali tutta la sera, soprattutto al ristorante. Pensavo che magari potessimo ricavarne tutti qualcosa –
Ian aveva già aperto anche la portiera posteriore, coprendo con la propria voce i grugniti infastiditi che provenivano dal sedile dell’autista. – Ho sentito che il Four Seasons ha un ottimo servizio in camera se ha bisogno di qualsiasi cosa per la serata -. Quando l’uomo e il suo grande coraggio furono usciti dalla macchina, Ian gettò la sua ventiquattrore sui sedili posteriori. – Domani a mezzogiorno Mickey verrà a prenderla per i suoi appuntamenti –
Gli ci volle un quarto d’ora per assicurarsi che Janssen fosse al sicuro nella sua stanza e ritornare alla macchina. Mickey era appoggiato alla portiera, le spalle contro al finestrino e i fianchi lievemente inarcati, una sigaretta che pendeva tra le dita. I suoi occhi risaltavano persino nel buio notturno, illuminati dalla luce dei lampioni e puntati su Ian mentre gli veniva incontro. Quando si fu avvicinato, si sentiva come nudo. – Mi stavi spogliando con gli occhi? – lo stuzzicò, fermandosi proprio davanti a Mickey e facendo la stessa cosa con il proprio sguardo.
- Non ancora per molto. Tra un po’ userò le mani –
Ian emise un gemito di apprezzamento e Mickey ridacchiò. – Dammi un tiro – disse prendendogli la sigaretta dalle mani. – Non è accesa?-
- Nah, ho smesso –
- Da El Paso? –
- Certo. Smetto tutti i giorni, incluso oggi –
Ian serrò le labbra, fermandosi dal fare qualche battuta pungente. – Possiamo andarcene? –
- Cavolo, sì. Casa mia? –
Prima di rispondere, Ian aprì la portiera per non sprecare altro tempo ora che avevano via libera. – Sì. Lip e Carl mi romperebbero le scatole tutto il tempo - . Si sedette sul sedile passeggero, allacciò la cintura e si mise comodo per poter guardare liberamente Mickey mentre guidava in mezzo al labirinto di strade che li separavano dal suo appartamento. – Sei sexy –
- Ma davvero? –
Ian allungò una mano verso il suo collo. – Questa cravatta sembra un po’ stretta -. Infilò il dito indice nel nodo e lo allentò per allargarlo abbastanza da sfilargli la cravatta e buttarla sui sedili posteriori. Poi fu il turno dei primi due bottoni della camicia. – Ah, così deve andare molto meglio–
- A dire il vero sì. Come fai ad indossare questa roba tutto il tempo? – chiese Mickey lanciandogli una rapida occhiata interrogativa.
- Fa parte del lavoro, ci si abitua – rispose Ian in tono sbrigativo. Fece scorrere le dita fino alla mano sul volante di Mickey e se la portò alle labbra, baciando una ad una le nocche come aveva desiderato per tutta la sera.
- Ah, sei un romanticone? – chiese Mickey, guardandolo schiudere appena le labbra per succhiargli gentilmente le nocche mentre faceva spallucce. – Non voglio anche dei fiori, Ian –
Ian lo guardò, mordicchiandogli l’anulare mentre si fermavano ad un semaforo rosso. Mickey liberò la mano dalla sua presa e lo tirò in un bacio fugace, che finì anche troppo presto per i gusti di Ian. Mickey ripartì e Ian si rilassò al proprio posto, intrecciando le dita con quelle di Mickey in mezzo ai sedili. Rimasero in quel modo finché Mickey non ebbe bisogno di entrambe le mani per entrare nel parcheggio sotterraneo del suo palazzo, quindi Ian lasciò cadere la mano sulla sua coscia, i muscoli che si percepivano sotto ai pantaloni del completo.
Mickey spense il motore e lo guardò con un sorriso così seducente che Ian sperò che nessuno avesse mai avuto il piacere di vedere, che fosse solo per lui. – Liberiamoci di questa divisa – disse Ian sporgendosi mentre gli stringeva l’interno coscia.
- In mezzo al cazzo di parcheggio? – chiese Mickey, sporgendosi a sua volta verso di lui e abbandonandosi alle sue mani.
- A che piano abiti? -. Ora c’erano solo pochi centimetri a separarli, il respiro caldo e pesante.
- Ehm… -. Ian sentì le sue dita chiudersi intorno alla cravatta e tirarlo ancora più vicino mentre le palpebre si abbassavano su quel bellissimo paio di occhi azzurri.
- Mickey –
- Mh?-
Le loro labbra si sfioravano appena. – Forse dovremmo salire –
- Sì – rispose Mickey incastrando perfettamente il labbro inferiore di Ian tra le proprie. Ma nessuno dei due si mosse. Invece, chiusero le labbra e Ian sospirò di sollievo, lasciando che fosse Mickey ad avere il controllo per poi ritirarsi e cambiare angolazione. Nuove e sconosciute emozioni lo pervadevano ogni volta che Mickey lo baciava.
Si perdeva così tanto in quelle emozioni ad ogni tocco delle labbra di Mickey sulle proprie, lasciandogli un assaggio del suo sapore, da aver dimenticato la mano di Mickey ancora avvolta intorno alla sua cravatta, finché non la sentì stringergli il collo quando il moro la strattonò per tirarlo ancora più a sé. Un altro bacio seguì il primo e Ian udì il respiro soffocato di Mickey. Aveva mai udito qualcosa di più meraviglioso? Durò poco meno di un minuto ma lasciò entrambi scombussolati.
Mickey si allontanò e aprì gli occhi. Il ricordo del bacio appena concluso balenò in mezzo a loro e si staccarono completamente. Ritornarono composti ciascuno sul proprio sedile, guardando un punto fisso davanti a loro, timorosi di guardarsi l’un l’altro. – Saliamo – disse Mickey alla fine.
Uscirono dalla Escalade e Mickey aspettò che Ian prendesse la borsa. Le serrature bloccate risuonarono nella quiete del parcheggio mentre si dirigevano fianco a fianco all’ascensore. Mickey lo chiamò, si voltò a guardare Ian e le porte si aprirono. Entrarono e Mickey continuò semplicemente a camminare finché non fu completamente addosso ad Ian. Questa volta le loro lingue si intrecciarono e Ian si chinò per accoglierlo tra le braccia. Il moro gli afferrò la camicia e la tirò fuori dai pantaloni quel tanto che bastava per insinuarvi le mani sotto e accarezzargli l’addome e il petto. Ian tirò istintivamente indietro la pancia a quella sensazione.
- Quella roba che ti spruzzi addosso mi fa andare fuori di testa – disse Mickey contro alla sua bocca.
- È tutta la settimana che mi ci immergo. Volevo farti cadere ai miei piedi –
- Lo so -. Mickey lo allontanò appena. – Ian, mi… -. Le porte si riaprirono. – Grazie a Dio –
Ian rise mentre Mickey lo trascinava per la cravatta lungo il corridoio verso il suo appartamento, lasciandosi totalmente alle spalle qualsiasi insolito imbarazzo avessero provato in macchina. Prima ancora che si richiudesse la porta dietro di lui, Mickey gli aveva già tolto la giacca, che aveva lanciato su una sedia in cucina, e slacciato i bottoni della camicia. Ian era esaltato; Mickey era così concentrato su di lui, non sembrava più avere dubbi se fosse la cosa giusta da fare o no, decidendo semplicemente di farla e basta.
Ansioso di sentire il suo corpo, Ian lo tirò a sé per i fianchi e alzò il mento per permettere a Mickey di sfilargli la cravatta, interrompendosi un momento per baciarlo rapidamente e poi staccarsi di nuovo. Mickey la lasciò lì dov’era, dedicandosi invece alla cintura.
Ian sarebbe stato nudo entro pochi secondi mentre Mickey era ancora completamente vestito, fatta eccezione per la cravatta rimasta in macchina, quindi rimediò abbassandogli al cerniera dei pantaloni. Sorridevano ogni volta che i loro occhi si incontravano e Ian cominciò a pensare che forse anche Mickey doveva sentirsi piuttosto compiaciuto.
– Camera mia – disse lanciando ad Ian uno sguardo languido oltre la spalla mentre lo prendeva di nuovo per la cravatta e lo conduceva fuori dalla cucina. Si liberarono in fretta anche degli altri vestiti e si presero un paio di minuti per abbracciarsi, perdendosi nella sensazione del contatto tra i loro corpi nudi. Ian esalò un lieve respiro. Il corpo di Mickey si incastrava perfettamente con il suo, come due pezzi di un puzzle.
Fece scorrere le labbra sulla sua spalla, desiderando sempre di più di essere dentro di lui, completando finalmente quel puzzle. Abbassò la mano sul suo sedere, afferrandogli la natica piena e facendo scivolare un dito lungo la sua apertura per vedere quanto fosse pronto per lui. Senza staccarsi da Mickey, si spostarono verso il comodino ed ebbe la sua risposta. Ridacchiò contro alla sua spalla mentre Mickey cercava la maniglia del cassetto alla cieca.
- Aspetta – disse rigirandosi tra le braccia di Ian per chinarsi sul cassetto. – Lubrificante e… merda –
- Cosa c’è? – chiese Ian; il tono di Mickey non prometteva niente di nuovo.
- Cazzo – sputò di nuovo, setacciando il cassetto con il lubrificante in mano. – Ehm… -
- Non hai preservativi? Mickey? -. Ian si sporse sulla sua spalla, strizzando gli occhi per vedere meglio al buio; vari tubetti di lubrificante, un assortimento di giocattoli erotici abbastanza vario ma niente preservativi. – Merda, ho usato l’unico che avevo a El Paso –
- Magari ne ho uno nel portafoglio -. Superò Ian. – Cazzo –
Ian lo guardò rovistare nelle tasche dei pantaloni. – Ehm, perché non ne hai? -. Un intero branco di mostri stava facendo a gara per fottergli il cervello in quel momento.
Mickey alzò gli occhi. – Me lo chiedi per sapere se mi porto a casa una parata di ragazzi? –
- Uhm… -. Ian si sentì ridicolo. Mickey poteva portarsi a casa chi voleva, se ne aveva voglia. Sperava solo che si trattasse di un’abitudine remota e non recente, e che con “parata” intendesse “neanche uno”. – A dire il vero non so perché lo sto chiedendo, ma la ma testa sta creando scenari piuttosto spiacevoli –
Mickey scoppiò a ridere e tornò a cercare nel portafoglio. – Probabilmente non ti piacerà, Ian, ma non ero vergine a El Paso –
Riusciva a vedere il sorriso di Mickey anche nella luce fioca che entrava dalle imposte e gli riscaldò il cuore. – Sicuro? Secondo me ti sbagli –
- Alleluia, porca puttana -. Sollevò a mezz’aria un preservativo incartato. – Cavolo, ci è mancato poco –
- Vieni qui, allora –. Caddero sul letto in un groviglio di braccia e gambe, rotolandosi da una parte all’altra e lottando per il dominio finché Ian non lo lasciò vincere, permettendo a Mickey di bloccarlo sotto di lui. Quella posizione gli permise di accarezzargli la schiena, il sedere e le cosce, allargandogli le gambe. Prese il lubrificante che Mickey aveva lasciato sul letto e il moro lo aiutò ad inumidirsi le dita, così che potesse concentrarsi su quello stretto anello di muscoli che avrebbe posseduto tra poco. Mickey ci mise meno di un minuto a perdere la pazienza.
- Preservativo – sussurrò Ian, la gola troppo secca per riuscire ad aggiungere altro. Non avrebbe tolto le dita finché non fosse stato totalmente sicuro di sostituirle con il proprio pene. Ora che erano finalmente di nuovo uniti non avrebbe certo mandato tutto a quel paese.
Reclinò la testa all’indietro per l’esasperazione provocata dalla mano di Mickey che srotolava con una lentezza disarmante il preservativo sulla sua erezione. Poi sentì le sue dita seguire il profilo dei suoi addominali contratti per il piacere. Le fronti si unirono mentre Ian alzava la testa per guardare Mickey che lo lubrificava.
- Non ho preservativi perché non porto nessuno a casa, Ian – disse Mickey con voce sommessa, e il cuore di Ian esplose.
- Perché? – sussurrò, fissando nella testa quella sua dichiarazione sincera per custodirla gelosamente mentre si allineava con la sua apertura, preparandosi a penetrarlo. 
- Datti una mossa, Ian –
Ad Ian ci volle tutto l’autocontrollo possibile per andarci piano con la prima spinta, ma Mickey doveva essere tanto impaziente quanto lui perché lasciò che Ian scivolasse completamente dentro di lui con un rantolo profondo. Mentre recuperava il controllo dei propri sensi, Mickey cominciò ad ondeggiare sopra di lui e Ian gli avvolse le braccia intorno portandoselo al petto.
- Lasciami – udì contro al proprio orecchio un attimo dopo.
- Cosa? – chiese allentando l’abbraccio.
- Se non riesci a muoverti lascia fare a me –
Ian girò la testa, strusciando il naso contro alla sua guancia e sorrise contento con gli occhi fissi in quelli di Mickey quando il moro si sollevò sui gomiti per guardarlo. – MI piaci così tanto, cazzo –
- Il sentimento è reciproco, Ian -. Mickey gli diede un buffetto sulla guancia. – Ce la fai ora a partire, principessa? –
Mickey sembrava sapere sempre come farlo ritornare sulla terra e rimetterlo al suo posto e tenerlo stabile, cosa che ormai si stava lentamente consolidando tra loro. – Certo -.
Cominciarono a muoversi. Era solo la seconda volta che andavano a letto insieme ma era come se lo facessero da una vita. Come se fossero nati proprio per questo, per essere insieme, uniti, con Ian che si muoveva dentro di lui. L'estasi li travolse come un’intensa ondata di piacere e Ian fissò lo sguardo dentro a quello di profondi occhi blu, che sparirono temporaneamente dalla sua vista quando Mickey schiuse lievemente le labbra in un tenue singulto. Ian ne tracciò il profilo con l’indice e lo attirò in un bacio; voleva sentire il suo sapore quando avrebbe raggiunto l’orgasmo.
Mickey scivolò su un fianco e si rannicchiò contro di lui, mentre Ian lanciava un’occhiata alle reminiscenze del suo piacere sul proprio addome e all’erezione spenta ancora coperta dal preservativo. Mickey gli strinse il braccio. – Ian, mi… -
Non lo lasciò finire. – Sembra qualcosa di serio. Possiamo parlarne dopo essermi dato una ripulita?-. Sollevò tra le dita il preservativo usato, sorridendo allo sguardo pungente di Mickey.
- Sembri proprio determinato a non lasciarmi scusare – protestò, ma gli diede una spinta scherzosa. – E va bene, andiamo in bagno –
Si ripulirono uno di fianco all’altro e i loro sguardi si incrociarono nello specchio. – Okay, sono tutto a orecchi – disse Ian.
- Cazzo, ora mi sembra di essere sotto ad un riflettore – brontolò Mickey, quindi Ian spense la luce e restarono entrambi avvolti nel buio pesto, visto che si erano appena abituati alla luce accesa. – Scemo –
Si punzecchiarono a vicenda fino a ritrovarsi uno tra le braccia dell'altro. – Va meglio, principessa?- lo prese in giro Ian.
- Sei fortunato che io abbia ancora i postumi dell’orgasmo, altrimenti la pagheresti. C’è solo una principessa in questa relazione –. Si irrigidirono e Ian ringraziò che fossero al buio, temendo che il contatto visivo potesse spingere di nuovo Mickey a fare di nuovo un passo indietro. – Comunque mi dispiace tanto –
- Ce ne hai messo di tempo, eh – disse Ian. Si dimenò quando Mickey gli pizzicò il sedere.
- Davvero, odio ripensare a te che ti risvegli in quel modo. Cazzo, è stata una mossa da vero stronzo –
- Sì, direi –
- Probabilmente eri incazzato da morire con me –
- Infatti lo ero –
- Sono stato un codardo –
- Sì, abbastanza –
- Beh, potresti dire qualcos’altro –
- Potrei -. La vista si era abituata abbastanza da riuscire a guardarsi negli occhi anche al buio, e il sorriso di Ian vacillò. – Ma mi sentivo in colpa anche io –
- Cosa? E per che cazzo avresti dovuto sentirti in colpa? –
- Perché sapevo che eri combattuto, che non volevi che succedesse qualcosa tra noi e io non potevo… non volevo accettarlo. Mi sento come se ti avessi messo troppa pressione –
- Con i tuoi superpoteri? –
- Sì, e con la mia classe raffinata –
- E quel dannato bel visino –
Tornò quel sentimento di orgoglio. Vedere Mickey così aperto, malizioso e disposto a fargli complimenti espliciti era come vincere alla lotteria. Ritornarono in camera da letto e Ian gli diede una sonora sculacciata. Mickey fece un salto per la sorpresa ma sembrava più intrigato che infastidito. – E questo per cosa diavolo era? –
- Per avermi mollato a El Paso – rispose Ian. Mickey annuì e si girò. Altra sculacciata. Mickey si fermò senza voltarsi. – Per Paolo – . Il moro ridacchiò e Ian appurò che un’altra fosse più che dovuta, guadagnandosi un’occhiataccia. – Per lo scalatore –
- Chi? –
- Il tizio in hotel –
- Ah, lui. Sì, è stato imbarazzante –
- Ci scommetto –
- Dev’essere stato difficile restare lì a bere il tuo Martini senza fare niente –
Ian rimase a bocca aperta. – Mi hai… -
- Dobbiamo lavorare sulle tue tecniche di spionaggio, Ian –
- Ero ubriaco –
- Con un Martini da femminucce… Bello, dovresti bere di più –. Lanciò un grido quando Ian lo placcò per cercare di buttarlo a terra.
- Avevo bevuto anche del rum al limone – aggiunse Ian con il respiro ansante mentre cercava di cingergli il collo con il braccio.
- Gay, Ian - . Grugnì di protesta quando Ian affondò le dita nelle sue costole ma si rilassò immediatamente per lasciare che lo spostasse sul letto. – E quella “backdoor”? –
- Cavolo, è stato pazzesco. Quanto avrei voluto entrarti nei pantaloni… Sono abbastanza sicuro che se tu fossi stato d’accordo lo avrei fatto con piacere davanti a tutta la squadra – disse posizionandosi in mezzo alle gambe di Mickey e cominciando a ruotare i fianchi.
- Vuoi un altro round? Magari senza gli altri intorno –
La mano di Ian smise di accarezzare la sua natica arrossata. – Pensi di avere la meglio, eh? –
- Lo pensiamo entrambi, Ian –
- E se usassi i miei poteri psichici di seduzione? –
- Allora sono fritto –
E Ian lo baciò, accarezzandogli un paio di volte il sedere per poi far scorrere gentilmente il dito sulla sua apertura. Il bello era che Mickey sembrava già pronto di nuovo. Sarebbe bastato scivolare dentro e… - Merda –
- Mh? -. Mickey strinse la gamba attorno alla sua coscia, impedendogli di muoversi.
- Non possiamo –
- Sì che possiamo –
- E il preservativo? –
- Cazzo –
Si separarono e Ian ricadde sul materasso, fissando il soffitto per un minuto finché Mickey non si voltò su un fianco, facendo quindi lo stesso. – Cosa c’è? –
- Potremmo fare altre cose –
Ugh. – Pensi di riuscire a trattenerti? Perché io non credo di farcela –
Mickey tornò sulla schiena. – Cavolo, riesco a malapena a trattenermi mentre parliamo. Avevo in mente un bel po’ di sesso –
Le loro mani si intrecciarono in mezzo ai loro corpi e rimasero in quella posizione per un po’.
- Ho voglia di una sigaretta –
- Mangiamoci un po’ di cioccolata invece –
- Stai suggerendo di rimpiazzare una dipendenza con un’altra? –
- La cioccolata non ti uccide –
- Non he ho, mi dispiace –
- Ho davvero fame. Hai qualcosa da mangiare? –
- Ho dei rotoli di pizza –
Ian si rigirò sul fianco e si tirò Mickey al petto, strusciando il naso sul suo collo. – Muoio di fame –
- Anche io, cazzo -

Cubicle Wars - Guerre Tra CubicoliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora