Agguato

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Mickey riusciva a malapena a distinguere il profilo degli oggetti nella stanza buia ma percepiva il respiro irregolare di Ian dietro di sé. Le loro gambe erano intrecciate e dovette tirare la coperta per riuscire a liberarsi abbastanza da girarsi dall’altra parte. Ian era sdraiato sulla schiena e si teneva le costole come se cercasse di respirare ma non riuscisse a prendere aria. Mickey si sostenne su un gomito e lo scosse gentilmente. – Ian –Dovette chiamarlo altre tre volte, ogni volta a voce sempre più alta, per fargli aprire gli occhi. Fissarono Mickey per un minuto buono, confusi e assenti.
– Che c’è? – chiese corrugando le sopracciglia. – Che succede? –
- Stavi sognando e non penso centrasse il mio culo – lo prese in giro Mickey accarezzandogli il petto per aiutarlo a calmare il respiro.
- Io… oh -. Aveva l’aria affranta. – Sì, stavo sognando –
- Ti ricordi cosa? –
Ian esalò un respiro tremolante. – Guai, oggi –
- Sei preoccupato per il trasporto? – chiese Mickey. Si appoggiò sul cuscino e portò la mano dal petto di Ian alla sua guancia, voltandogli il viso verso di lui. – È un incarico importante per essere il tuo primo vero trasporto. Sei agitato? –
Gli occhi di Ian cercarono i suoi, seri. – Sì – fu l’unica cosa che disse e si girò sul fianco per avvolgere il corpo di Mickey con il proprio.



- Vieni o no? – urlò Mickey dalla porta della loro stanza d’albergo. Ian era ancora in bagno a fare chissà cosa con tutti quegli intrugli che si spruzzava sempre addosso. – Non stiamo andando ad un concorso di bellezza, Ian –. Spostò il borsone nell’altra mano per controllare l’ora sul cellulare. –Slava verrà a vedere che fine abbiamo fatto se tra due minuti non siamo giù a fare colazione –. Ian comparve sulla soglia e spense le luci del bagno, i capelli puliti e ordinati, il viso liscio e sbarbato, la camicia che aderiva perfettamente al torace. Mickey aveva capito che quella era la sua armatura. Era pronto alla battaglia. – Devo comprarti un paio di occhiali –
- Ah sì? – chiese Ian fermandosi sulla porta del bagno.
- Sì, quel look alla Clark Kent mi eccita da matti, Ian –
Il rosso lo fissò sospettoso, cercando un segno di ironia nella sua espressione, ma ci trovò solo desiderio. – Davvero? –
- Certo che sì – rispose appoggiandosi con nonchalance contro allo stipite, la borsa che penzolava dal braccio mentre lo ispezionava da capo a piedi. –È bellissimo quando ti lasci andare. Letteralmente – sorrise.
- Merda -. Ian premette il proprio corpo contro a quello di Mickey, facendo sbattere la borsa contro alla sua mentre lo baciava.
Mickey gli arruffò I capelli con la mano libera. Quando si staccarono, ansimanti, guardò la sua opera. – Così va meglio –
Ian si passò a sua volta una mano tra i capelli ma sorrise, scompigliandoli ancora di più. – A quanto  pare divento pericoloso quando “mi lascio andare” -. Baciò Mickey sulla spalla sopra al tessuto della maglietta. – Come va la spalla? –
- Bene. Vuoi sapere anche della schiena, dei fianchi e delle cosce? -. Mickey inarcò le sopracciglia in attesa; adorava la rapidità con cui Ian era diventato serio, ma prima che potesse cominciare a scusarsi di nuovo lo fermò sul tempo. – Non vedo l’ora di scoprire dove mi morderai stasera –. Inaspettatamente, si ritrovò con il viso schiacciato contro al collo di Ian, che lo lasciò subito dopo e aprì la porta per uscire.





- Ho visto quella Expedition nera due volte – disse Axton seduto al volante, guardando lo specchietto retrovisore. – Corsia a sinistra, dietro al furgoncino ammaccato –
- Anche io – aggiunse Slava gettando uno sguardo oltre la propria spalla a Ian e Mickey sui sedili posteriori. – Coincidenze? –
Mickey seguì il suo sguardo fuori dal finestrino. – Chi cazzo sa dove ci troviamo? -. Allargò le braccia sullo schienale dei sedili, sfiorando la spalla di Ian e facendogli nascere un sorriso all’angolo della bocca. Stavano andando alla sede di Elite dove Cheyenne lì aspettava con il furgone blindato con cui avrebbero trasportato le armi per poi dirigersi al ranch degli Handley oltre le Franklin Mountains.
-Merda. È impossibile non capire che sono i Federali – sbottò Mickey.
- Cosa? – salto su Ian. Era intento a rispondere alle email sul suo tablet ma le parole di Mickey avevano attirato la sua attenzione.
- Expedition nera, finestrini oscurati. Federali –
Ian si girò a guardare ma il veicolo interessato si fermò davanti ad un fila di negozi e sparì dalla loro vista in mezzo al traffico.
- O forse no – si corresse Mickey. – Avrei detto che fossero loro. Quei coglioni si riconoscono ad un miglio di distanza –
- Quei coglioni? – chiese Ian.
- Sì, tutte le volte che abbiamo dovuto lavorare con loro mi hanno lasciato una pessima impressione. Pensano di essere i padroni del mondo – protestò.
Slava rise divertito dal sedile anteriore. – Non fa mai il bravo con gli altri –
- Pfff – rise beffardo Mickey. – Io “faccio il bravo” finché non mettono il naso nei miei affari –
- Sono abbastanza sicuro che sia proprio questa la definizione di “Federali” – si intromise Axton con la sua brillante ironia.
Slava rise di nuovo. – In realtà credo significhi più essere un  cane –
Mickey rivolse un sorriso ad Ian ma lui non ricambiò. Il “signor serioso” era tornato e Mickey si chiese che cos’avesse rovinato il suo umore stavolta. Ripensò alla loro conversazione sul passato di Ian a notte fonda, al pensiero che una squadra speciale lo avesse usato per incastrare un branco di pervertiti. Lo faceva infuriare ma Ian riteneva che quell’esperienza gli avesse cambiato la vita e dava credito all’FBI per averlo aiutato a tornare a studiare. Si grattò il naso con il pollice e decise di intervenire a suo favore. – Probabilmente però non sono tutti degli idioti –
- Woah – replicò Slava. – Siamo entrati nella “Twilight Zone”?-
Mickey lo ignorò e tornò a concentrarsi su Ian. Aveva ritirato il tablet e stava scrivendo qualcosa sul cellulare. Lo lasciò cadere in grembo e il cellulare di Mickey vibrò, poi si voltò verso il finestrino fissando gli edifici che passavano.

Ti amo

Vederlo scritto sembrava renderlo ancora più concreto, come un contratto stipulato con lui che ora Ian doveva rispettare. Rispose al messaggio.

Parli a me o al mio sedere?”

Spiando con la coda nell’occhio, si tranquillizzò quando vide Ian cercare di nascondere un sorriso.

Entrambi

Mickey annuì e rispose un’ultima volta, poi ritirò il cellulare in tasca siccome erano arrivati a destinazione. “Vi amo entrambi anche io

Cubicle Wars - Guerre Tra CubicoliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora