Capitolo 3

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Da quando ha messo piede al Poligono dei servizi segreti ha perso il conto del tempo.

Era da qualche mese non riusasse la pistola, avendo ultimamente lavorato solo in ufficio. Eppure, le sembra di non aver mai smesso, non mancando neanche un colpo.
Con tutti gli addestramenti conseguiti, ormai è gioco da ragazzi.

Rimpiange di non essersi potuta vestire più comoda, vorrebbe solo mettersi una delle sue tute. L'unico agente che si è presentato, oltre a lei, sta sparando ad un altro bersaglio, distante, anche lui con le cuffie alle orecchie. Sofia non lo conosce, avrà sui quarant'anni.

Prima di iniziare a sparare si è sciolta i capelli e fatta una bella coda alta, molto più comoda. Ha ormai dovuto cambiare bersaglio diverse volte, ma è già capitato finisse per passare ore al Poligono: è anche un modo per allenare la concentrazione, cercando sempre di puntare l'obbiettivo e non sbagliare colpo.

Ricorda bene quante volte si è rifugiata in questo posto per sfogare la tensione o la rabbia, che fosse stato per il lavoro o per questioni personali, che avesse immaginato il bersaglio fosse qualcuno in particolare oppure no.

Impugna la pistola, sparando l'ennesimo colpo. «Ha intenzione di rimanere a fissare, Presidente?» apre bocca subito dopo, sparandone un altro, senza neanche voltarsi, come se niente fosse.

Ha sentito il Presidente arrivare da almeno dieci minuti, seguito probabilmente dalle guardie del corpo. Non che inizialmente fosse sicura si trattasse di lui, visto che poteva essere benissimo un altro agente, ma poi ha visto il suo riflesso sul vetro a fianco a lei.

Giuseppe Conte è rimasto con la schiena poggiata sulla parete della stanza, e le braccia conserte, con lo sguardo fisso sui movimenti della ragazza, sul bersaglio che è pieno di buchi, tutti fatti con precisione e nei punti giusti.

Sussulta, perchè non pensava l'agente lo avesse sentito arrivare, e piega le labbra all'insù. «Dovrò pur vedere di persona le capacità di chi ha il compito di proteggermi, Agente.» replica lui, rimanendo fermo nella sua posizione.

La ragazza preme il grilletto. «È soddisfatto da ciò che ha visto?»

«Diciamo che te la cavi.» commenta semplicemente, con due guardie del corpo poco distanti, ad osservare la scena, parlando tra di loro a bassa voce.

Sofia posa la pistola, togliendosi le cuffie e sistemando tutto nella sua borsa, in silenzio totale. Si volta poi verso il Presidente, che sembra avere un'aria divertita, con i capelli sistemati alla perfezione, e lo sguardo che non la lascia neanche un attimo. Gli si avvicina, fermandosi poco distante da lui. «Me la cavo? Scommetto che le sue due guardie lá, che stanno evidentemente parlando di noi, non saprebbero fare meglio di me.» ribatte, in tono di sfida, accogliendo la provocazione.

Conte, a quelle parole, si gira un attimo verso Giordano e Cecchi, per poi riportare l'attenzione sulla ragazza. «In base a cosa affermi che stanno parlando di noi due?»

E poi, pensa il Presidente, che mai avrebbero da dirsi a riguardo?

Sofia inarca un sopracciglio, come se non fosse abbastanza chiaro. «Ci guardano mentre si bisbigliano qualcosa, facendo finta di guardare da un'altra parte non appena mi giro verso di loro... sembra di essere tornati alle medie.» spiega lei. «in ogni caso, perchè è venuto qui? Sa che non è il caso di spostarsi fuori da Palazzo Chigi senza avvertirmi?»

Il Presidente ha ancora le braccia conserte.  «Ho finito la riunione prima del previsto, non ero mai stato al Poligono dei servizi segreti, e ho pensato fosse l'occasione buona. Ammetto di essere stato curioso di vederti sparare.» risponde lui, mantenendo sempre il contatto visivo. «So che il tuo lavoro è proteggermi, ma ho già detto che non è una situazione da prendere così seriamente.»

Protecting you. |GIUSEPPE CONTE|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora