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Sono passate quattro settimane da quando ho aperto gli occhi e mi sono ritrovato in questo triste e misero ospedale.

Quattro settimane passate a guardare medici ed infermieri entrare ed uscire da questa stanza, inservienti pulire e gente far visita ad altra gente.

Sembrebbe che io abbia beccato il killer piu incapace di questo mondo, tre colpi, tre disastri. Paradossalmente a crearmi piu problemi è stato il colpo alla gamba, il proiettile si è conficcato nel femore mandando in giro piccoli frammenti ossei. Ma, tutto sommato "sono stato fortunato", come direbbero nei film.

Dovrei essere operato a giorni, un secondo intervento alla gamba e poi mi aspetterà una marea di fisioterapia. Per il momento sono dotato di una bellissima fuoriserie a due ruote che,  con le dovute precauzioni, mi porta nell'unico posto dove mi è concesso andare, un piccolo balconcino posto in fondo al corridoio. Da li mi godo la mia "fortuna" aspettando che passino i giorni e che riesca presto ad uscire da questo inferno.

L'ospedale in se non è male, il cibo è decente, il personale simpatico, ho anche compagni di stanza con cui potrei fare a botte presto, cosa si potrà mai desiderare di piu.

Brayn mi chiama spesso, si assicura che abbia tutto quello che mi possa servire ed in caso contrario manda la sua fidanzata. Lui non lo vedo quasi mai, è impegnato sul nostro caso, sta portando avanti la mia idea ed i suoi passa avanti sono enormi.

Ogni volta che penso al caso, inevitabilmente, riporto alla mente anche Mike e con lui mille domande e mille dubbi. Ho chiesto di lui a Bryan, ma ricevo in cambio solo un " vedrai che verrà", se la reticenza avesse un nome...

Ho ripensato tanto agli avvenimenti di quella sera e alla loro dinamica, mi sono chiesto se il bersaglio sarebbe potuto essere Mike, ed hanno colpito me solo perché mi sono frapposto fra loro due.
Ma piu ci penso e piu mi convinco che questa teoria non funziona.
Ero a terra mezzo morto dopo il secondo colpo, poteva lasciarmi li ed andare da Mike ad ucciderlo, invece si è divertito con me, sparando il terzo colpo.

Il bersaglio ero io, ne sono assolutamente sicuro.
Mi domando come sapessero il mio indirizzo e poi perché proprio quella sera, a quell'ora tarda?

Ho provato a parlarne con Bryan, ho provato ad aprire il discorso in realtà,  non mi ha fatto neanche concludere la prima frase. Come fa a trovare i mandanti se non ascolta me che sono il diretto interessato? E poi perché non posso sapere nulla delle indagini? Se i miei conti sono giusti, tra il ricovero, il risveglio e la lenta ripresa, sono in questo ospedale da 6 settimane...e in sei settimane quell'idiota non ha chiuso il caso?  Che cazzo, avevamo anche il gancio all'interno.

Ovviamente, le mie sono solo supposizioni, teorie senza fondamento perché non sono supportate da fatti.

Se qualcuno si decidesse a raccontarmi qualcosa...porca di una miseriaccia ladra.

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Un uomo era rinchiuso in una piccola e fredda cella di detenzione con le mani nei capelli e lo sguardo fisso sul terreno.

In una seconda cella un uomo biondo ripeteva stancamente il nome di un ragazzo come se fosse il mantra in grado di portarlo lontano da li.

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Lo squillo del telefono sveglia Bryan dal suo leggero sonno. Risponde senza badare al mittente, troppo abituato a farlo per porsi domande inutili.
Quello che riceve dall'altro lato è un Mike disperato che ripete le parole " e a terra...non può essere morto...".

Attiva il gps che ha fatto istallare nel telefono di Mike qualche giorno prima ed un sorrisino gli spunta sul viso quando nota dove si trova. Sorrisino che gli muore dentro quando collega tutti i pezzi.
Il terrore lo coglie all'improvviso pietrificandolo sul posto, un coniato acido lo riporta prepotentemente al presente. ..recupera le scarpe dal bagno e senza neanche cambiarsi esce di corsa dal suo appartamento.

Chiama l'ambulanza comunicando l'indirizzo di Cody...riprova piu volte a contattare Mike, ma senza successo. Si maledice, piu volte e piu volte, per essere andato via prima, sbattendo i palmi sul volante e pigiando il piede destro sull'accelleratore talmente tanto da farlo diventare un tutt'uno con il tappetino.

Quando arriva sul posto, l'ambulanza ancora non ce, ma sente la sirena in lontanza. Nota subito un uomo vestito di nero riverso a terra con visibili colpi d'arma da fuoco. Avanzando nota il secondo corpo poco lontano...è Cody.
Con slancio felino raggiunge il suo collega e lo scuote chiamando il suo nome...adagia l'indice ed il medio sulla carotide e con un tremendo stupore si accorge del battito.

Torna in se appena nota le luci blu e rosse dell'ambulanza. Intorno a lui tutto è ovattato e chiuso, la sirena del veicolo di soccorso sembra anni luce lontana da li. Come rapito dagli eventi, si alza e direziona i soccorsi verso il suo collega e amico, per poi iniziare ad investigare su quella che a tutti gli effetti è una scena del crimine.

Si china sul corpo del primo uomo, mentre telefona al distretto per comunicare gli eventi di quella sera, quando nota qualcosa che stona terribilmente con tutta quella situazione.

In lontanza, ma in un luogo ben illuminato da un lampione, un uomo è seduto sul cordolo a bordo strada, visibilmente distrutto o terribilmente ubriaco... quando una macchina si ferma. Il passeggero scende e alza di peso l'uomo, che senza resistenza alcuna si fa accomodare all'interno dell'auto. Il ragazzo torna in auto e come se nulla fosse, riparte.

Risvegliato dal misterioso siparietto, si rende conto di essere ancora al telefono con la centrale e prontamente comunica quel poco di targa che si accorge di aver in mente. I numeri vengono associati a quattro persone, ma solo una colpisce il poliziotto dritto al cuore, perché rende il suo presentimento fin troppo reale.

Un uomo su tutti risuona nella sua mente.
Un uomo su tutti rimbalza prepotente nel suo cuore insieme a ciò che esso comporta...perché a quel nome, inevitabilmente ne devi associare un altro.

Ma è pur sempre un poliziotto, con le mani sporche del sangue del proprio collega che lotta per la propria vita...e cosi si trova a scrivere quel nome sul proprio taccuino, certo che tante cose cambieranno, ma non può evitare di guardare delle poche sillabe che insieme formano il nome di Michel Dillon, con tremenda e giustificata rabbia.

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