Si sedettero a terra, l'uno di fronte all'altra, e per qualche minuto in tutta la scuola aleggiavano i suoni della natura e non dei giovani che entravano e uscivano dall'istituto. Ciò tranquillizzò Orchidea, che amava il silenzio, ma gli occhi dello stesso colore del lago di Cristoph non le davano tregua, così sbuffò: «Sì, lo so. Sono una persona noiosa con cui parlare e stare».«Non è questo a cui stavo pensando e, poi, non è vero. Solo che quando non c'è niente da dire, preferisco guardare», rispose lui con voce morbida. «E poi non sei quella che ama il silenzio?»
«Eh va bene», mugugnò Orchidea. «Sono una persona strana», proseguì avvolgendosi tra le braccia. Il freddo iniziava a farsi sentire.
«In che senso?»
«Strana con lo stesso significato che c'è sul dizionario».
«Beh, allora dovresti leggere di più. Strano significa anche unico. E unico significa introvabile. Introvabile significa speciale», dichiarò Cristoph lasciandola senza parole, ma con i denti tremanti.
Sempre seguendo l'istinto quel giovane dai capelli corvini si tolse il suo giubbotto imbottito blu metallo e lo passò al fiorellino bianco che, confuso, si limitò ad osservarlo.
«Mettitelo», rimandò lui con insistenza nella voce.
«No, grazie».
Lui sospirò e, infischiandosene di entrare nello spazio personale della ragazza, glielo appoggiò sulle spalle.
«Perché?» chiese lei.
«Perché hai freddo», fece spallucce.
«E tu come fai?»
«Sto bene con la mia sciarpa», rispose Cristoph tirando l'oggetto citato ed, effettivamente, Orchidea si rese conto che in tutto quel tempo si era sempre e solo focalizzata sugli occhi, mai sui vestiti che portava. Quel giorno indossava un pullover grigio e dei jeans spessi. Pareva quasi un modello di una qualche casa di moda.
«Che cosa ottieni in cambio con l'essere gentile con me?» domandò con tono inquisitorio Orchidea.
«Nulla», rispose lui corrucciando le sue spesse sopracciglia scure.«Non è vero. Tutti hanno un secondo fine», mugugnò lei girando la testa.
«Hai ragione: il mio secondo fine è volerti conoscere meglio», annunciò lui con un tono caldo e quasi ammaliante, ma il fiorellino bianco non ci cascò, o almeno era quello che disse a se stessa.
«Non risponderò a nessuna delle tue domande», borbottò lei.
«E dai... Almeno passiamo il tempo», insistette Cristoph con educazione.
«Va bene, ma sarà una cosa reciproca e inizierò io».
«Ci sto», concordò entusiasta il ragazzo. «Vai pure».
«Hai sempre vissuto qui a Dobbiaco?» chiese il fiorellino bianco.
«Sì, sempre», replicò lui, distogliendo lo sguardo.
Non era una domanda che si aspettava.
«Tocca a me: vieni da Firenze... Dimmi una parola in dialetto».
«Tecnicamente non è una domanda... Ma...» specificò lei. «Grullo significa stupido».
«Grullo», ripeté ridendo lui. «Grazie. Tocca a te!»
«Da quant'è che conosci i tuoi amici?»
«Praticamente tutta la vita. Siamo cresciuti tutti insieme più o meno... E, a te mancano i tuoi amici?» rimandò Cristoph accennando un sorriso timido.

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La Ragazza che Pretendeva Troppo
Novela JuvenilOrchidea, una giovane donna intrappolata nelle sue stesse aspettative, vive una vita che sembra perfetta, ma che la lascia insoddisfatta. Dopo una serie di eventi che la fanno riflettere sul suo vuoto interiore, la madre decide di trasferirla in un...