Non mi voglio dilungare troppo, quindi vi lascio alla storia.Se volete commentate, mi fa piacere leggere i vostri commenti.
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Sud Korea fissava il vuoto da ore, lo sguardo perso nel vuoto.
La sveglia era suonata oramai da un quarto d'ora, e la luce del sole faceva capolino dalle fessure delle tapparelle abbassate.
Sembrava una giornata perfetta per andare fuori, ed era quello che avrebbe voluto fare Sud, dopotutto lui non era proprio un tipo che se ne stava in casa in giornate come queste.
E lo avrebbe fatto, ma le energie e la voglia di vivere erano sparite nell'aria, come polvere, per l'ennesima volta.
Oramai ci aveva fatto l'abitudine, come ci aveva fatto l'abitudine della vita turbolenta del Paese che rappresentava.
Come si era fatto l'abitudine dell'oppressione che la sua gente aveva.
Come si era fatto l'abitudine di sentire almeno una volta a settimana al notiziario che qualche povero ragazzo dai sogni frantumati da una società severa e cupa fosse salito sul tetto di casa sua, per poi lasciarsi andare.
Magari non si era fatto l'abitudine. Perché nonostante tutte le volte che la stessa notizia appariva sullo schermo lui scoppiava a piangere, devastato, addolorato.
Tutti quanti parlavano bene del suo Paese.
I ragazzi dell'Occidente adoravano la sua cultura.
E nonostante si fosse costruito un'ottima reputazione tra i componenti della nuova generazione, lui sapeva che non tenevano conto o che non sapevano dell'amara e cupa verità che si cela dietro un Paese così fiorente sotto ogni punto di vista.
E ce ne sono di esempi.
Uno di loro era la scuola, dove riteneva che fosse il nucleo di tutto ciò, secondo lui almeno.
Veniva lodato per essere uno dei Paesi con uno dei sistemi scolastici più efficienti al mondo.
Cortesemente lui rispondeva con un sorriso di educazione, ma in cuor suo sperava che non volessero sapere cosa rendeva quel suo sistema così efficiente.
E se fosse stato costretto a rispondere, avrebbe dovuto parlare degli orari massacranti che gli studenti facevano anche dalle elementari, su come alcuni nonostante tutto l'impegno o la buona volontà che negli anni avevano messo nello studio la società li rinnegava non considerandoli all'altezza.
Su come molte famiglie odiassero i propri figli perché fin dalla nascita li avevano assegnato traguardi impossibili, che non sono mai riusciti a realizzare.
E su come la pressione prodotta dalla scuola portava i ragazzi a togliersi la vita, sperando che il suicidio li avrebbe liberati da quella tristezza.
Suicidi.
Quanti ce ne erano al giorno?
Tanti...troppi.
Erano troppi, tanto che si era meritato il titolo di terzo Paese al mondo per numero di suicidi, con Lituania e Groenlandia davanti a lui.
Una delle classifiche di cui avrebbe fatto di tutto pur di andarsene dal podio.
Ma si sentiva come impotente.
Nonostante avesse tanto potere, si sentiva inutile di fronte a questo problema.
Come era arrivato a ciò?
Come era arrivato ad essere così in alto e così in basso allo stesso tempo?
Era passato tutto come un lampo...
Sembrava ieri che era insieme a suo fratello, suo padre, a giocare sul prato fresco, a ridere e scherzare...
Prima che arrivasse Impero Giapponese...
Prima che arrivassero America e Ussr.
Se non fossero arrivati loro, niente di tutto questo sarebbe successo.
Sarebbero stati assieme.
Sarebbero cresciuti insieme.
Avrebbero costruito tutto assieme...
E invece ora si ritrovava da solo.
La vita gli aveva sputato in faccia, uno sputo amaro di cui Sud non si era preparato.
Suo padre morto, suo fratello dall'altra parte di un confine impenetrabile, senza possibilità di abbracciarlo o di rivederlo.
Magari lo odiava.
Era per colpa sua se aveva perso l'occhio, durante la Guerra di Corea.
Lo aveva abbandonato nel momento del bisogno, nelle mani di un pazzo.
E le lacrime scorrevano sul volto di Sud, rigandogli le guance.
"Papà...Nord...ho paura..."
Sussurrò, la voce rotta dai singhiozzi, sperando magari che si realizzassero.
Sperava che un giorno Nord fosse stato accanto a lui, che tutto questo fosse un sogno.
Che quella società che si era creata non fosse mai esistita...
Magari fosse così facile vero Sud?
A volte pensi ancora come un bambino, ma non credo che tu fossi mai stato un vero bambino.
Ti trattavano da adulto sin da giovane, e quella tua parte infantile era stata soppressa.
"Cresci" dicevano.
"Fai l'uomo" dicevano.
"Smettila di fare il bambino" dicevano.
Ma tu eri un bambino.
Un bambino la cui infanzia è stata tolta e rinnegata da un megalomane narcisista di cui non gli importava di te.
Ma tu ti sei fidato di lui, perché quel tuo lato infantile era spaventato e confuso, e si accinghiò a lui come se lo avesse scambiato per il tuo vero padre.
E lui colse al volo quella opportunità.
Ti ha manipolato, spingendoti ad aggredire tuo fratello, sangue del tuo sangue, colui che avevi promesso di proteggere.
E a marchiarlo per il resto dei suoi giorni.
Ti ha dato colpe che non hai.
Che se la tua società è così è per merito tuo.
Che se accadevano certe cose è perché era causa tua, ma tu sapevi che lui ti aveva aiutato, e non capivi. Perché eri giovane.
Eri un bambino.
E lui replicò con: "Il tuo Paese, il tuo popolo, un tuo problema. Non ho tempo di stare li a consolarti perché qualche ragazzo che non conosci si è tolto la vita perché non ha saputo fare l'uomo e reagire. Io ho altri problemi a cui pensare, ringrazia il Signore o qualunque Dio in cui tu credi che non sei caduto nelle mani di quel bastardo comunista."
E tu gli hai creduto, e ti sei rialzato...
Già.
Tu ti eri rialzato, ed ora sei lodato, ma a che prezzo?
Un prezzo che continuerà per sempre.
Un prezzo di vite umane.
In una città dove tutto sembra perfetto e colorato.
Un bellissimo Inferno che ti sei creato.
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Salve.
Mi chiedo scusa se questo capitolo non è bello come vi aspettavate, ma il blocco mi sta massacrando e scrivere è un impresa.
Ma ho cercato comunque di far uscire qualcosa di decente.
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Stories About lands with emotions
RandomThey didn't say no homo so they are all gay lmao