3. Machine

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All my life I've been sittin' at the table
Watchin' them kids, they're living in a fable
Looks, luck, money and never left a'wishin'
But now it's 'bout time to raise up and petition

-È strano, quando gli altri pensano che tu sei parte della loro macchina, del loro gioco, quando in realtà sei tu la macchina, il gioco lo manovri tu. Senza paura di ciò che gli altro possano dirti, però aspetti la fortuna.-

La voce, sempre con quel suo tono rassicurante e paziente parlò. La creatura senza volto le spuntò di fronte, in un flash.
Poi voci, voci confuse ma estremamente familiari; quella di un uomo, era pesante, spezzata di tanto in tanto da dei singhiozzi strozzati.
-è colpa mia se non c'è più!- urlava, raramente tossiva.
-no Tim, non è colpa tua, solo... Lei ha avuto il coraggio di morire guardando la morte in faccia.- disse la voce di una ragazza, leggermente ovattata.
-mi manca.- una voce infantile, di una bambina, poco incrinata.
-lo so, Sally, anche a me manca tantissimo.- una voce femminile, più giovane della precedente, più dolce.

Sempre lo stesso dolore al petto colpì Iris, facendola accasciare a terra dolorante. Il dolore era più acuto, talmente che delle lacrime si formarono agli angoli dei suoi occhi color cioccolato.

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Lentamente, Iris aprì gli occhi, che bruciavano poiché non abituati alla forte luce di un neon, proprio sopra la sua testa. Le pareti della piccola stanza e le lenzuola del lettino su cui era distesa erano totalmente bianche.
Ancora disorientata, scese dal letto e raggiunse a tentoni la porta. La aprì, e scoprì che dava su un lungo corridoio dalle pareti candide, su cui erano affacciate altre porte. Non era un ospedale perché non vi erano dottori, infermieri e barelle a riempire lo spazio.
Addosso aveva ancora i suoi vestiti, a parte le scarpe, riverse sul pavimento ai piedi del letto.
Un uomo in camice bianco uscì da una delle altre stanze, e vedendo Iris ferma impalata le si avvicinò.
-mi scusi signorina, lei è?- la osservò con circospezione.
-I-Iris Dellan...- rispose in un sussurro agitato.
-oh. Vado a chiamare il medico a cui l'hanno affidata.- rispose lui, allontanandosi seguito dallo sguardo spaventato della ragazza.
Tornò poco dopo, al seguito di un uomo più anziano, dai capelli brizzolati e la corporatura robusta.
-prego signorina, mi segua, la informerò dell'accaduto.- le disse con una voce estremamente piatta.

Arrivarono davanti una porta, in legno chiaro e levigato. Il medico spinse la maniglia ed entrò, invitando Iris a fare lo stesso. Lei lo seguì, e si accomodò su una sedia nera posta davanti a una scrivania dal materiale scuro, coperta di scartoffie e oggetti vari appartenenti all'uomo e al suo lavoro.
-immagino si senta disorientata...- esordì lui, tamburellando le dita sul bancone. Iris annuì violentemente con la testa, facendo ondeggiare la chioma bruna.
-i suoi genitori la hanno portata qui, dopo che ha avuto un attacco di panico più grave del solito, hanno detto.- la informò osservandola insistentemente da sotto la montatura dorata degli occhiali.
-ma... Precisamente dove mi trovo?- chiese poggiandosi i polpastrelli sulle tempie, come per ricordare qualcosa di molto passato.
-un centro di igiene mentale. Si trova qui per cercare di alleviare i sintomi della schizofrenia dalla quale è affetta.- fece una breve pausa, per permettere alla ragazza di assimilare la notizia- avrà due sedute al giorno, oltre le otto non ci deve essere più nessuno fuori dalle stanze e deve prendere le medicine che le daremo.-
Iris annuì ancora, con meno vigore dell'ultima volta, lasciando trasparire evidente disagio a quella situazione in cui era involontariamente finita.

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Iris si lasciò cadere pesantemente sul materasso, sparpagliando tutto i suoi capelli ribelli attorno alla testa. Solo in quel momento si accorse che la sua valigia era posata di fianco all'armadio, ancora chiusa, in attesa di essere svuotata. Si avvicinò al contenitore, lo prese di peso e lo lasciò andare sul materasso; lo aprì, e osservò attentamente il contenuto, probabilmente messo lì dalla madre. L'Mp3, le cuffie, alcune felpe, jeans e leggins, maglie. Nulla di che...
Ripose tutto nell'armadio apposito, e si distese ancora una volta sulle lenzuola. Dopo poco tempo usato a guardare il soffitto, finalmente si addormentò.

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