15. Real life

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She says that the world is a broken mess
And it's always on her mind
She cries at the news when the shots ring out
Every single time

And no, I cannot fix it, no, I cannot make it stop

So I said, "Turn your phone off, only look me in my eyes
Can we live that real life, real life?"
Oh, hey, "Turn your phone off, only look me in my eyes
Can we live, yeah, real life, real life?"

Emma se ne stava ancora tesa come una corda di violino, mentre le parole di quella sconosciuta le rimbombavano per la testa. Se volevano davvero solo il suo aiuto, certo avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per aiutarli, ma se così non fosse stato? Scacciò tutte le inutili paranoie che il suo cervello si stava creando, e si costrinse a smettere di tremare. Annuì leggermente con la sua testolina, mentre i capelli corvini sobbalzavano. L'espressione fino a quel momento neutra della ragazza dai capelli scuri, si addolcì fino a diventare un sorrisino affettuoso.
-ci aiuterai? -le chiese con voce calma, per avere una conferma.
-va bene. -rispose Emma, stretta nelle spalle mingherline.

Il piccolo e spigoloso viso di Emma era spruzzato di lentiggini molto chiare, e i capelli nero corvo le incorniciavano la faccia come un quadro. Si avvicinò cautamente a Iris, e deglutì il grosso groppo che la paura le aveva formato in gola.
-dovremo andare via vero? -le chiese, lasciando trasparire nella voce un velo di dispiacere. Evidentemente non voleva lasciare la sua città. E che dire, neanche Iris se avesse vissuto a Las Vegas avrebbe voluto andare via. Non aveva tutti i torti a essere triste. Annuì con convinzione alla ragazzina, cercando di rassicurarla di un minimo. Qualche solitaria lacrima lasciò gli angoli degli occhi di Emma, facendo stringere il cuore di Iris. Le prese le spalle e le sorrise. Si capiva chiari e tondo che Emma amasse veramente la sua famiglia, che non volesse lasciare la sua città e i pochi che le volevano bene, per una probabile missione suicida, insieme a un branco di pazzi assassini.
-guardami negli occhi. -le disse con una convinzione che non sentiva sentiva di sua proprietà. Emma alzò il suo sguardo triste, e puntò i suoi occhi che sembravano nascondere una foresta al loro interno, in quello spenti e scuri di Iris. Sembrava fragile, come un dente di leone; appena un soffio e volava tutto via. Eppure quegli occhi esprimevano forza e voglia di andare avanti.
-ti prometto che potrai tornare alla vita di tutti i giorni, alla vita vera. -le disse solennemente la ragazza. Strinse Emma in un abbraccio spontaneo. -adesso andiamo.-
Decisero -sotto esplicita richiesta di Emma- di fare come le persone normali e uscire dalla porta sul retro, che veniva appositamente lasciata aperta nel caso Alexandra, la sorella più grande di Emma di otto anni, rientrasse tardi.
Brian e Lorraine erano appoggiati alla staccionata in legno che circondava l'abitazione. Parlavano, sottovoce stavano discutendo di qualcosa, mentre le loro mani si incontravano. Ognuno aggrappato al mignolo dell'altro.
Iris sorrise, prima di farsi sfuggire un colpetto di tosse, per fare notare la sua presenza. Subito si allontanarono, e entrambi si apprestarono a rimettere i passamontagna.
-Emma ci aiuterà. -annunciò tranquillamente, mentre indicava con un'occhiata fugace la piccola figura rannicchiata alle sue spalle. -torniamo a casa.-
Il gruppetto si allontanò dalla casa con i muri color panna, in direzione del casinò da dove erano arrivati.
Brian aprì la porticina e fece un gesto per far capire alle tre di andare prima.
Emma osservò l'entrata buia, senza una luce alla fine. Vide il sole spuntare dall'altra parte della sua amata città. Prese una grossa boccata d'aria, e oltrepassò la soglia che l'avrebbe condotta a una nuova vita.

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