5. Bad liar

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Oh, hush, my dear, it's been a difficult year
And terrors don't prey on
Innocent victims
Trust me, darling, trust me darling
It's been a loveless year
I'm a man of three fears
Integrity, faith and
Crocodile tears
Trust me, darling, trust me, darling

Iris riuscì finalmente a recuperare il controllo sul suo corpo, che fino a poco prima era molto intorpidito. Sospirò pesantemente, lasciando scorrere lo sguardo tra le cuciture delle pareti imbottite della sua cella.
Si adagiò contro un angolo in penombra della stanza, continuando a pensare al sogno della sera prima. Realizzò che più che un sogno, era un ricordo di qualcosa di molto passato. Che probabilmente andava ben oltre la sua nascita. Una sorta reincarnazione? Le veniva difficile crederci, lei che era sempre stata scettica su queste cose, che si era reincarnata? Non le rimaneva altro da fare se non aspettare, aspettare che loro tornassero. Tornassero a prenderla.
In quel momento come nessun altro, desiderò con tutta se  stessa   di avere qualcuno   davanti, con cui parlare, sfogarsi, qualcuno che la guardasse negli occhi e   le dicesse cosa vedeva, l'Inferno o il Paradiso. Qualcuno che le credesse, che la comprendesse.

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La luce argentea della luna filtrava dalla piccola finestra, munita di sbarre che stava in alto nella stanza.
Iris, ancora sveglia e attenta, osservava le stelle da quella striminzita apertura. Ormai era diventata un tutt'uno con l'ambiente, e l'unico segno di vita   che dava era la sua respirazione.
Sentì un lieve clangore proveniente da fuori, come dei coltelli che si scontrano per le lame.  Una nebbiolina nera cominciò a formarsi davanti i suoi occhi, e lei la osservava con uno sguardo quasi privo di vita.
Due occhi color del ghiaccio, un sorriso bianco formato da denti aguzzi, il naso a strisce bianche e nere.
-vi stavo aspettando.- sibilò Iris, mentre un sorriso pieno di speranza le adornava il viso. Era vero, sapeva sarebbero venuti quando avrebbe finalmente ricordato tutto. Lasciò scorrere   lo sguardo sulla figura alta e scarna del suo vecchio amico. -non sei cambiato affatto, palo della luce eri e palo della luce rimani.- lo schernì con un sorrisino furbo.
-tu neanche sei cambiata, rompiscatole eri e ci sei rimasta.- le disse lui di rimando, senza guardarla, troppo occupato a   forzare le sbarre della finestrella. Le allargò, con il solo ausilio delle lunghe dita nere e artigliate, abbastanza da far passare Iris a gattoni.
-girati.- le disse in un ringhio basso, quello che sembrava un clown emo.
-dovresti essere più cortese con le signore.- gli rispose lei, mentre si voltava per farsi liberare dalla stretta della camicia di forza.
-quando ne vedrò una sarò gentile.- dopo queste parole che lasciarono Iris spiazzata, dette un colpo secco con gli artigli, che ruppero la stoffa dell'indumento di contenimento.
-aaah, finalmente posso muovere le mie povere braccia.- disse mentre si tastava soddisfatta la pelle degli arti superiori.
-sì sì, sbrigati, dobbiamo andare- alzò la ragazza a mo' di bambola e la fece passare tra le inferriate sabotate. -fortunatamente sei al piano terra.-
Iris assaggiò, come se non l'avesse mai fatto,  l'aria fredda e frizzante della notte, osservando il cielo blu intenso costernato da milioni di stelle. Il pagliaccio le ricomparve affianco; le poggiò una mano dal palmo fasciato sulla testa, e le accarezzò i capelli con affetto fraterno.
-ci sei mancata...- le sussurrò cominciando a camminare in direzione della foresta che attorniava e nascondeva il centro di igiene mentale dal resto della società. Iris lo seguì, lasciandosi guidare verso la meta a lei ignota. Gli alberi alti e apparentemente neri, sembravano osservarli nei loro minimi particolari e il fitto sottobosco rendeva difficile l'avanzata. La foresta era piena di inquietanti fruscii a cui lo strano duo non badava affatto.

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Arrivarono davanti una vecchia catapecchia, consumata dagli anni e dall'umidità. Le pareti annerite  si reggevano in piedi a stento, e il tetto spiovente era ricoperto da muschio e una folta cortina di rampicante.
-questa casa mi è familiare.- sussurrò Iris, osservando l'edificio con la testa inclinata lateralmente.
-certo, vivevi qui con noi.- le rispose il clown abbassando il viso per poterla guardare. Spalancò la porta con un colpo secco della mano, lasciando intravedere alla ragazza l'entrata di quella catapecchia. Delle vecchie scale in legno marcio portavano al piano superiore e le finestre dai vetri frantumati lasciavano penetrare le rampicanti e la luce pallida della luna, calante quella sera.
Da una stanza, la quale porta si affacciava nell'ingresso, uscì una ragazza dai capelli blu, e gli occhi neri e azzurri. Quando vide Iris sulla soglia, le sorrise in modo sghembo e tornò da dove era venuta.

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