Capitolo 2 | Il dottor Burch

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La giornata del dottor Phil Burch era stata un disastro. Come sempre. Come in un flashback, le immagini si alternavano nella sua testa per ricordargli quanto fosse patetico e inadeguato. Medico chirurgo di fama nazionale, il dottor Burch si era recato al policlinico presso cui prestava servizio alle sette in punto, era entrato nel proprio ufficio, si era preparato all'intervento che avrebbe dovuto dirigere leggendo una documentazione del paziente che da lì a pochi minuti sarebbe dovuto andare sotto i ferri e aveva deciso di assumere del caffè nero appositamente preparato da Leona, la sua segretaria personale. Leona, una donna corpulenta e con un volto così paffuto da indurre automaticamente simpatia, conosceva bene le abitudini recenti del dottor Burch e il modo in cui stava gettando alle ortiche anni e anni di onorata reputazione. La complicità della segretaria era una delle poche cose su cui Phil poteva contare per nascondere parzialmente il piccolo vizio che giorno dopo giorno contribuiva al suo deterioramento fisico e spirituale.

Phil Burch era un ridicolo e grossolano alcolizzato.

Da tempo, ormai.

E per quanto gli fosse sempre andata bene negli altri interventi effettuati, (a volte grazie alla collaborazione di enorme spessore da parte del resto della sua equipe, che provvedeva a risolvere piccole dimenticanze che avrebbero potuto risultare pericolose) sapeva bene che prima o poi quel piccolo vizio per niente innocente avrebbe provocato una spirale di conseguenze professionali e umane per niente in linea con la propria fama. Si sentiva tremendamente in colpa, ma non poteva fare a meno di vivere una vita ai limiti. Non dopo la delusione avuta. Non dopo un anno passato ad ingoiare merda. Phil Burch non si amava e non amava più, nella tradizione perfetta degli uomini che hanno dato tutto e ricevuto poco e che finiscono per odiare il proprio lavoro, la propria esistenza, persino la propria faccia troppo pulita riflessa nello specchio. Non aveva mai compromesso la vita di un paziente nonostante operasse in condizioni non propriamente sobrie.

Mai una lamentela. Mai pericoli.

Fino alle undici e cinquantadue di quella calda giornata di inizi giugno, quando durante l'intervento di fusione spinale del paziente Elon Bullett, Phil iniziò a barcollare in sala operatoria, con i bisturi in mano puntati verso il paziente esanime. Sotto le luci accecanti dei faretti superiori della sala operatoria, Phil appariva al resto dell'equipe come un vecchio ridicolo. Fu allora che crollò al suolo con un tonfo sordo compromettendo un intervento importante e spaventando il resto della squadra.

Tutto era iniziato un anno prima.

14 giugno 2018, un anno prima.

La decadenza di Phil era iniziata quando – tornando a casa dall'ennesima estenuante giornata di lavoro – aveva infilato le chiavi nella toppa della lussuosa villa situata nel più prestigioso quartiere residenziale della città, si era tolto le scarpe alla rinfusa e, calzini ai piedi, aveva ingranato la quinta spedito verso il piano di sopra, laddove – come ogni giorno – avrebbe trovato la bella moglie Barbara intenta a lavorare nel proprio studio. Phil era riuscito a svicolare da lavoro un'ora prima ed era sicuro che a sua moglie avrebbe fatto piacere. Barbara gli imputava di lavorare troppo, di essere assente nella coppia e di dedicarsi troppo alla carriera. Aveva nostalgia delle serate passate in un piccolo ristorantino sulla spiaggia d'estate, delle notti passate ad abbracciarsi nell'alberghetto in centro che Phil prenotava solo per loro due almeno una volta a settimana, nei weekend. E gli mancava suo marito, sia a livello umano che a livello fisico. Quante volte aveva lo aveva desiderato in sua assenza? E lui le dava ragione, ma quando discutevano anteponeva sempre la carriera al loro matrimonio. Phil amava sua moglie alla follia, la venerava come fosse una Dea, l'aveva corteggiata per un anno intero quando erano stati ragazzini per riuscire ad ottenere un appuntamento con lei. Era sempre stato sedotto dalla sua esponenziale capacità intellettiva, dai suoi sorrisi da donna vissuta anche quand'erano solo studenti universitari ed era sempre stato colpito e affascinato dal modo in cui lei ne sapesse tastare i giusti punti per fargli cambiare idea su cose sulle quali sembrava inamovibile. D'altronde Barbara era una donna fantastica, che per tutta la vita aveva studiato per diventare ingegnere informatico. Quando vi era riuscita, aveva deciso che lavorare da casa le avrebbe risparmiato giorni di viaggi interminabili presso aziende fuori città e al tempo stesso avrebbe offerto un giusto bilanciamento fra vita professionale e vita privata. In casa avrebbe potuto avere i propri tempi, i propri spazi, si sarebbe potuta autogestire e avrebbe avuto uno studio tutto suo da non dividere con nessuno lavorando da libera professionista. Ogni giorno Phil faceva sempre la stessa cosa e il copione sembrava funzionare alla grande: entrava nello studio di sua moglie provvisto di qualcosa che a lei piaceva da matti e la sorprendeva: cioccolatini, rose rosse o un regalino da appendere al collo, c'era sempre qualcosa per Barbara, c'era un pensiero fisso divenuto quasi un mantra, c'era un bacio intenso di ritorno dal lavoro, un gioco di sguardi, una doccia insieme prima di cena. C'era, nonostante un matrimonio al rilento, ancora passione e unione. E anche sul lato economico procedevano bene: i soldi non mancavano e la vita era agiata, all'altezza delle proprie esigenze personali e professionali. Da lì a poco avrebbero persino messo in cantiere un bambino e probabilmente la loro vita sarebbe stata completa. Un piccolo frugoletto da crescere e allevare insieme. Phil era così innamorato di Barbara che non poteva smettere di guardare i selfie salvati sul suo cellulare che si erano scattati in località in cui erano stati in vacanza: Argentina, Messico, Brasile, Portogallo, Italia, Inghilterra, Laos. Le foto del Safari erano le preferite di Phil: sudati e stravolti dopo una lunga giornata di lavoro, lui e Barbara si baciavano goffamente dinanzi all'obbiettivo dello smartphone che aveva immortalato il momento.

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