Capitolo 17 | Il mostro di Cove Bay

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Mentre Gloria Jushet, la donna dai capelli argentei, si compiaceva per quanto accaduto, Phil esaminava le condizioni di Oleg. Gloria aveva udito uno sparo provenire da una zona non identificata della villa. Karenina aveva sicuramente fatto il suo dovere. Sua figlia era una vera e propria esperta in ambito di situazioni pericolose. Con il suo fucile al seguito, aveva sicuramente sistemato l'intruso seviziandolo come le aveva chiesto di fare. Chissà, forse un poliziotto collega di quella Margareth o semplicemente l'ennesimo curioso amante dell'avventura che aveva rischiato la pelle pur di fare qualche foto o di essere considerato un eroe dai suoi amici. Bah, inutile pensarci: Karenina stava già probabilmente facendo sparire il corpo e non ci sarebbero stati problemi di nessun tipo. Lei doveva solo preoccuparsi di Oleg e delle sue condizioni di salute. Suo figlio le importava come nessun altro. La sua vita era Oleg, solo ed esclusivamente lui. Fin da bambino Oleg aveva dimostrato di essere diverso dagli altri bambini: la sua intelligenza, unita alla sua sensibilità, avevano stupito prima i membri della famiglia e poi tutti coloro che lo avevano conosciuto. A tre anni Oleg leggeva già fluentemente in tre lingue: inglese, russo e italiano. A cinque suonava il pianoforte emulando le melodie di maestri come Mozart e Beethoven e a dieci era il primo della sua classe a scuola pur senza studiare mai. Gli bastava un accenno, una lezione di pochi minuti per apprendere un numero incredibile di informazioni e processarle. Poi il suo talento intellettivo dava libero sfogo dando agli altri la rappresentazione di un piccolo futuro genio. Le cose erano iniziate a farsi strane qualche tempo dopo: Gloria e suo marito Lenin si erano accorti di quanto fosse intelligente Oleg, ma anche di quanto fosse diverso dagli altri. Portandolo da numerosi medici prima ancora di trasferirsi a Cove Bay, tutti i luminari avevano dato una versione dei fatti chiara e coincisa. Il loro bambino non sembrava avere nulla di anormale. Non erano presenti problemi di salute, era sano come un pesce, ma purtroppo incapace di socializzare con gli altri. Anche a scuola Oleg non aveva visto la propria situazione migliorare. Era sempre emarginato, l'ultimo ad uscire dalla classe, spesso da solo e con poca euforia, il primo ad entrare la mattina. Era il diverso, l'emarginato, il bambino da isolare per un carattere strano, una risata in meno, un'occhiata strana. Sembrava, fin da bambino, che Oleg avesse già vissuto molte vite e che ricordasse di quanto avesse sofferto. A casa le cose erano diverse. Gloria lo osservava bene: Oleg parlava con i membri della famiglia, scherzava e a volte gli capitava persino di sorridere, ma era come se fosse tirato, trattenuto, non sciolto come gli altri bambini delle altre famiglie. Le risposte erano arrivate quando Gloria si era trasferita a Cove Bay con tutta la famiglia dalla regione isolata dell'est in cui si trovavano poco prima. Dopo circa tre mesi di permanenza Gloria portò Oleg dal dottor Lewis Van Dorian, lo psicologo numero uno in città. Il dottor Van Dorian aveva espresso preoccupazione per lo stato mentale di Oleg, contraddicendo tutto ciò che i medici precedenti avevano dichiarato.

***

Cove Bay, 1983. Qualche mese prima del massacro.

Gloria Jushet teneva la borsetta di pelle rossa stretta fra le mani. Le dita, in realtà, erano salde attorno al manico della borsa e lo torturavano per l'eccessivo nervosismo. Dietro quella porta vetrata che aveva di fronte, suo figlio Oleg era a colloquio con il dottor Lewis Van Dorian, il più importante psicologo di Cove Bay. Gloria, contrariamente a suo marito Lenin, voleva vederci chiaro. Suo figlio non le sembrava del tutto normale e, a voler essere sinceri, non le bastava più vederlo essere il primo in tutto ciò che faceva. Se avesse continuato in quella maniera probabilmente sarebbe diventato anch'egli un luminare e l'avrebbe riempita di orgoglio, ma sicuramente avrebbe rinunciato a una parte della sua vita che lo studio non poteva ridargli indietro. Oleg non sorrideva quasi mai. Oleg non parlava quasi mai. Oleg non provava, né sentiva niente. Quasi mai. O almeno così sembrava dall'esterno. Gli insegnanti le avevano descritto l'attività scolastica di Oleg come passiva e brillante a fasi alterne. C'erano ore intere in cui Oleg si accomodava al proprio banco e, in silenzio, sembrava isolarsi dal resto del mondo. Quando un insegnante lo rimproverava per la scarsa partecipazione alle lezioni e gli intimava di non ascoltare Oleg non rispondeva. Quando poi l'insegnante gli chiedeva di ripetere tutta la lezione dinanzi alla classe per dimostrare a tutti gli altri che Oleg non stesse ascoltando, quest'ultimo dava l'ennesimo schiaffo morale all'insegnante rielaborando e ripetendo a campanello tutto ciò che il maestro aveva detto nell'ora precedente. Un comportamento che Oleg aveva ripetuto più volte e che aveva lasciato di stucco i presenti. Nelle relazioni sociali Oleg era invece una frana. Nessun bambino parlava con lui, perché lui non si sforzava di parlare con nessuno. Quando, rare volte, qualche suo compagno di classe lo invitava a giocare a calcio nel cortile o con le figurine, Oleg scuoteva solo la testa e declinava l'invito. Una volta accadde un episodio particolare, episodio che spinse Gloria a prendere provvedimenti. Era un giovedì e l'ultima ora della giornata scolastica coincideva con l'ora di educazione fisica. Di solito i bambini venivano fatti correre intorno al cortile della scuola per qualche minuto e minacciati che se non l'avessero fatto avrebbero preso un brutto voto nella materia, ma poi l'insegnante, la signorina Borgees, li lasciava liberi di giocare come meglio credevano. E la classe di Oleg si divideva sempre: le ragazze preferivano giocare a basket utilizzando il canestro in palestra, i ragazzi uscivano nel cortile sul retro per giocare a calcio ed emulare i grandi campioni che vedevano a volte in televisione o sui giornali. Tommy, un bambino della classe di Oleg, chiese ad Oleg se volesse mettersi in porta, visto che non giocava mai. Oleg rifiutò con educazione sedendosi sulla panchina del cortile e iniziando a leggere un libro per conto proprio. Tommy aveva insistito pregandolo di recarsi in porta per la sua squadra. Nessuno voleva essere un portiere, tutti volevano fare gol e per Oleg, che di calcio non se ne intendeva, quello era il ruolo ideale. Poteva quantomeno fare gruppo e avrebbe evitato litigate fra i compagni. Oleg rifiutò ancora, stavolta addirittura ringraziando Tommy per la proposta e tornando a leggere. Tommy aveva di conseguenza insistito una terza volta. Nella terza proposta Tommy aveva osato dire qualcosa come «Non puoi mica stare tutto il giorno a casa tua chiuso con la tua famiglia! Si vede che non sei abituato a stare con noi! Non è normale!». In pochi attimi di secondo Oleg aveva mollato il libro e si era avventato contro Tommy cominciando a colpirlo al volto più volte. Quando la signorina Burgees se n'era accorta aveva separato i due, rimproverato Oleg e soccorso il povero Tommy grondante di sangue sotto la passività di Oleg. Il figlio di Gloria era stato sospeso per una settimana, mentre Tommy si era fatto una settimana di ospedale, con tanto di operazione chirurgica per il naso fracassato. Gloria aveva fatto di tutto per scusarsi con la famiglia di Tommy, ma questi avevano sporto denuncia e la famiglia Jushet era stata costretta a pagare un risarcimento e assumersi colpe evidenti per il comportamento di Oleg. Lenin lo aveva picchiato. Così forte che Oleg avrebbe dovuto urlare per il dolore, ma non lo fece. Lenin era un uomo buono, ma tremendamente all'antica. Per lui l'educazione si impartiva con il dolore fisico, con i ceffoni e con le punizioni e vivendo in una famiglia tipicamente patriarcale la cosa gli veniva concessa senza che Gloria potesse in realtà reagire o dire la sua. Quando Gloria aveva chiesto a Lenin di consultare uno psicologo per Oleg, lui l'aveva derisa. «Non gli serve uno psicologo, tesoro» le aveva spiegato. «Gli serve educazione. E mio padre mi ha insegnato che l'educazione la puoi dare solo facendo capire chi è che comanda».

Il Segreto di Villa JushetDove le storie prendono vita. Scoprilo ora