La cena non ci fu mai, in realtà. Phil e Margareth iniziarono a giocare alla calamita in prossimità del distributore posto nell'atrio del policlinico e, in fondo, non smisero mai. Ma cominciarono quella sera, questo è indubbio. Tanto per cominciare, dopo aver ridacchiato per qualche minuto fissando i rimproveri dei genitori di Noah nei confronti di quest'ultimo, decisero di recarsi a piedi in strada. La polizia offrì loro un passaggio, ma Margareth rifiutò. Avevano provato ad addolcirla per paura che parlasse portando qualcosa di concreto dinanzi ad un organo competente. In quel momento era libera da vincoli: aveva detto di voler rinunciare al lavoro e di conseguenza non era più subordinata agli ordini di una serie di maschi idioti che non avevano idea di come valorizzarla. Joe era stato ucciso e nessuno poteva recarsi da suo marito per chiedergli di darle una lezione per il suo atteggiamento indisponente. Per molti anni qualcuno lo aveva fatto, lei lo sentiva, ma Joe non aveva mai accennato a nulla. L'uccisione di Joe tolse Margareth anche dalle grinfie del sindaco Grossers, padre di Joe. Bernard Grossers era sempre stato un indefinibile figlio di puttana, ma ancor di più era stato bravissimo nell'educare un ulteriore e altrettanto grande rifiuto della società come suo figlio. Margareth si era liberata di due pesi e l'avventura di Villa Jushet, oltre qualche tensione e ansia, le aveva regalato anche il dono più grande: la libertà.
Phil e Margareth fecero solo due cose, quella sera. Usuali, noiose, comuni, ma che per due superstiti ad una situazione come quella che avevano vissuto apparivano come enormi traguardi valorizzati dal proprio stato mentale. Dopo essersi incamminati verso la casa di Grace per prenderle un cambio (non potevano usare le loro auto, che erano state messe sotto custodia dalla polizia in quanto parte del caso) ed essere arrivati a casa di Phil, lui aveva lasciato che la prima a fare la doccia fosse lei. Margareth aveva impiegato solo dieci minuti per darsi una ripulita. Non era casa sua e non voleva approfittare dell'ospitalità di Phil. Inoltre dovevano darsi da fare per la cena e trovare qualcosa da mangiare, perché come le aveva anticipato lui nel tragitto svolto a piedi la dispensa era vuota e le uniche provviste sopravvissute al tempo e allo stato emotivo di Phil antecedente agli eventi di Villa Jushet erano bottiglie semivuote di alcolici. Chissà, forse lo avrebbe invitato fuori per ringraziarlo dell'ospitalità. Sapeva bene che a pochi isolati da quella zona c'era un elegante ristorantino italiano chiamato Pastaiolo gestito da uno zelante ometto paffuto tanto somigliante ad Hercule Poirot. Margareth vi si era recata per anni, sempre da sola, per una decade. Non aveva mai voluto che qualcuno la accompagnasse, perché accomodata nell'ultimo tavolino del piccolo giardino esterno posto sul retro del locale si sentiva così serena e così in pace da risultare quasi fanciullesca, bambina. Con un bel fumante piatto di spaghetti i suoi problemi scomparivano, rimanevano dissolti come il vapore sollevato dalla pasta cotta a puntino da Gerry, il proprietario, un uomo italiano arrivato a Cove Bay per far fortuna quarant'anni prima. La presenza di un'altra persona avrebbe probabilmente rovinato l'atmosfera, ma forse era solo perché non era circondata dalle persone giuste. Forse con Phil avrebbe avuto modo di condividere un bel piatto di pasta nell'unico posto al mondo in cui voleva essere davvero da sola. Quello di cui era certa è che non avrebbe mai più messo piede in casa sua. Troppi, troppi aneddoti dolorosi le tempestavano la mente. Fissava un quadro appeso al muro e ricordava quando Joe le aveva schiacciato la faccia contro esso; si accomodava sul divano e i suoi sensi le facevano percepire il profumo nauseabondo e disgustoso della provinciale acqua di colonia usata da quel mostro di suo marito; provava disgusto persino nell'aprire il frigo. Stanca e di ritorno dal lavoro, Joe non accettava di ordinare una pizza a domicilio o di uscire fuori a cena. Pretendeva che Margareth preparasse primo, secondo e contorno, perché riteneva che rientrasse nei compiti di una buona moglie. Solo all'approcciarsi a quel ricordo Margareth avvertì una consistente sensazione di occlusione al basso ventre, come se qualcosa le stesse circumnavigando il bacino dall'interno. Di conseguenza aveva preferito decisamente fare la doccia a casa di Phil e non in quello che era stato il palcoscenico del suo pestaggio per anni. Sotto la doccia le erano tornati in mente aneddoti non particolarmente tranquilli della propria vita. Ogni volta che l'acqua le tempestava il volto e lo rendeva scintillante ripulendolo dalla fatica, dal sudore e dalla fanghiglia annidata fra i capelli, Margareth rivedeva Joe. Lo rivedeva intento a picchiarla, a chiedere dove fosse stata, a pretendere la cronologia dei suoi movimenti nel tragitto casa lavoro. Rivide al rallentatore anni e anni di matrimonio fallimentare, nozze che erano sfociate in risentimento, in odio, che non erano state salvate neanche dal sesso riparatore per fare un bambino. Ci avevano provato anni prima. Lui era violento, lo era già eppure lei lo perdonava ogni volta, ma non le importava. Era convinta che con la nascita del bambino sarebbe cambiato tutto, che Joe avrebbe imparato il rispetto per sua moglie e per suo figlio. Ma dopo innumerevoli prove fallimentari e una serie di analisi approfondite svolte dai migliori specialisti nel campo della ginecologia, i risultati furono lampanti: lei non poteva avere bambini. Un uomo normale avrebbe consolato la propria compagna cercando di non avvilirla, di non essere offensivo. Non Joe, però. Joe l'aveva incolpata, l'aveva chiamata donna di serie b e l'aveva offesa con una vagonata di insulti su quanto lei fosse inutile e su quanto fosse non normale, perché – per usare le sue parole da medioevo – "a che cazzo serve una donna, se non può partorire il figlio di un uomo?". Poi aveva lasciato spazio a Phil, uscendo dal bagno e dirigendosi nel soggiorno del piccolo appartamento dell'uomo. Gli aveva rifilato un sorriso e l'aveva ringraziato, senza motivo visto che l'aveva già fatto innumerevoli volte.
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Il Segreto di Villa Jushet
Gizem / GerilimVINCITORE WATTY AWARD 2020 Cove Bay, in California, è la classica città in cui nulla può accadere. Silente, luminosa e apparentemente tranquilla, anni prima fu teatro di un cruento massacro avvenuto nell'abitazione più remota e misteriosa della cit...