Capitolo 7 | Una donna può far paura

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Margareth Lawiness aveva passato tutta la notte a cercare di capire cosa ci fosse di sbagliato in lei. Con gli occhi sbarrati, a fissare il soffitto, la propria esistenza le era apparsa in numerosi flashback, sovrapponendosi fra i pensieri e i rimorsi, insinuandosi fra le pieghe del tempo. Alle sei in punto la radiosveglia a forma di cagnolino che aveva appoggiato sul comodino alla propria sinistra suonò: un bip bip assordante che però – di questo ne era sicuro – non avrebbe portato danni alla sua già disastrosa vita di coppia. Suo marito Joe era un operaio navale grosso come un armadio che seguiva più o meno la stessa routine: il suo lavoro iniziava alle undici del mattino (suo padre era il sindaco della città e permetteva al suo bambino repellente di travalicare ogni qualsiasi regola relativa al rispettare orari o persino persone. Una volta il responsabile del cantiere, di proprietà comunale, aveva telefonato a Joe per invitarlo a presentarsi in orario e il sindaco, dopo averlo saputo, aveva spinto i responsabili a chiedere l'immediato licenziamento di chi aveva avuto l'ardire di frapporsi fra suo figlio e le sue decisioni illogiche), proseguiva fino alle quattro del pomeriggio (sempre se ne avesse avuto voglia), poi dritti al bar della piccola piazzetta del porto a scolarsi un numero di birre infinite e, una volta tornato a casa, sessione di boxe con il sacco da allenamento.

Sembrerebbe una vita normale, ma non lo era per niente.

Perché il sacco era proprio Margareth.

Suo marito, tornando a casa, non faceva altro che accusarla di qualsiasi cosa: della casa troppo piccola, del mobilio troppo umile, delle loro vite non all'altezza, della felicità di coppia non adeguata, del fatto che non facessero più l'amore con l'intensità di un tempo o che non lo facessero affatto. Joe era il grande pugile che doveva sfogarsi, Margareth il sacco da boxe inconsapevole dell'umore di suo marito che subiva cazzotti, calci e sputi da un uomo che, lo sapeva, non aveva mai amato sul serio e che aveva finito per sposare solo per sentirsi meno sola. La solitudine è qualcosa di molto pericoloso: se non gestita bene rischia di trasformarsi in una gabbia da cui il mondo di chi è in compagnia appare sempre come una specie di valle dell'agio. Margareth, dall'aspetto grazioso fin da ragazzina, aveva avuto pochi veri corteggiatori per via di un carattere non sempre facile con cui relazionarsi. Una donna forte, dicevano di lei, con una personalità troppo dominante per la marmaglia maschile di Cove Bay, abituata a dialogare con donne dipendenti, placide, senza stimoli. Sembrava quasi che quell'identità di calma e disinteresse e di pura dipendenza di genere fosse una prerogativa delle ragazze nate in città. Margareth era diversa e questa sua forza d'animo la faceva apparire come una piantagrane. A partire dal suo lavoro e dalle proprie vocazioni, aveva sempre cercato di differenziarsi dalle altre. La maggior parte delle donne residenti a Cove Bay facevano le casalinghe, le cameriere, nel caso più raro le maestre elementari. Si sposavano quasi tutte prima dei ventuno anni e a trentacinque avevano già un marito disinteressato e tre marmocchi a cui badare tutto il giorno. Le forze venivano meno, le routine erano veleno e la loro vita non conosceva altra soddisfazione se non quella di recitare la parte della perfetta mogliettina tutta casa e figli. Margareth di anni ne aveva quaranta e non aveva ancora avuto figli per un piccolo problema di salute. Non che volesse averne a tutti i costi, visto che da sempre aveva cercato di tuffarsi a capofitto nel lavoro, pur essendo la mosca bianca della città. Margareth Lawiness non era una cameriera e nemmeno un'insegnante. Era l'unica poliziotta donna del distretto cittadino. E, per qualche motivo, anni prima Joe l'aveva conquistata.

«Dovrai sposarti, un giorno!» le intimava sua madre ogni giorno.

«Non ho bisogno di un uomo per sentirmi completa».

«Certo che ne hai bisogno! Margareth, non vorrai mica mettere le ragnatele? Un uomo ti arricchisce, ti protegge, ti rende migliore!».

«Mi proteggo da sola e mi arricchisco da sola, grazie».

Il Segreto di Villa JushetDove le storie prendono vita. Scoprilo ora