More chaotic, no relief

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Quel giorno di gelo e pioggia fitta, Adam non si sarebbe aspettato di trovare Kim, che odiava il freddo, fuori casa sua con in mano uno scatolone. La sua monovolume rossa fiammante era parcheggiata in malo modo davanti alla veranda con la portiera ancora aperta.

"Come mai sei a casa?" gli chiese lei stupita di trovarlo lì a quell'ora. Di solito durante la tarda mattinata potevi trovare Adam in qualsiasi cantiere nel raggio di 100 km, ma mai a casa.

"Oggi hanno disdetto la giornata al cantiere dei Griffith, e andrò all'emporio solo nel pomeriggio.." Adam era sorpreso di trovarla lì, in effetti non l'avrebbe mai detto. Kim, orgogliosa com'era non era davvero il tipo da riconsegnare gli effetti personali al suo ex. Non lo era per niente, anzi, era parecchio strano che non ne avesse fatto un bel falò.

Quella strana gentilezza, se così vogliamo chiamarla, lo fece riflettere e sentire ancora più in colpa.

"Beh, avrei preferito non incontrarti - disse appunto orgogliosa, ricomponendosi - Sono passata per portarti le cose che avevi lasciato da me"

"Ti ringrazio, non eri tenuta a farlo" Adam prese lo scatolone senza sforzo dalle mani di Kim.

"Già.. Allora, ciao" disse lei in fretta, non voleva guardarlo troppo negli occhi. Sapeva che Adam esercitava ancora un grande ascendente su di lei, e non voleva dargli modo di replicare, né di scusarsi.

Dal canto suo Adam pensava fosse inutile cercare di chiarire: Kim non era stupida, certo, ma non avrebbe mai capito il suo legame malato con Elizabeth, nessuno lo avrebbe fatto. E poi, ogni sua parola, la settimana precedente, era semplicemente la verità. Kim ci aveva visto lungo, Elizabeth, la donna del locale, significava ancora qualcosa per lui. E non essendo Adam un tipo di molte parole, né tantomeno spiegazioni, preferì continuare a guardarla andare via, di nuovo, senza darle modo di entrare nella propria testa.

Inaspettatamente poi, Kim si fermò, ancora di spalle, ancora con la giacca di jeans stretta al petto.

"La ami ancora vero? Dopo tutto questo tempo" era più una constatazione oggettiva, che una reale domanda.

Adam alzò lo sguardo dai suoi vestiti che se ne stavano perfettamente piegati nello scatolone e sospirò.

"Non importa, ho capito" disse infine Kim con voce rotta. Continuò a dare le spalle ad Adam e andò via dal suo vialetto, sapendo che non si sarebbe recata mai più in quella casa, ai limiti del bosco di Twins.

Adam, una volta che la rossa fiammante sparì tra le fronde degli alberi, aprì bocca, e non appena lo fece, un vortice prese a mordergli il petto selvaggiamente, senza pietà.

"Sì, dopo tutto questo tempo".

Quello stesso giorno di gelo e pioggia fitta, Kim, dopo aver chiuso la relazione più duratura della sua vita, non si aspettava certo di vedere Elizabeth, la donna del locale, in una corsia del supermercato, immersa nella fatidica scelta dei suoi cereali. La sua giornata era stata già abbastanza orribile, o almeno così pensava.

Sembrava che scegliere quei cereali fosse questione di vita o di morte per quanto tempo ci stava impiegando. Quando Kim le fu abbastanza vicina, notò che in realtà Elizabeth, la donna del locale, quella che il suo ex fidanzato non smetteva di guardare, in realtà aveva lo sguardo perso nel vuoto.

Stava per andarsene, cambiare la direzione del carrello necessitava di un semplice movimento; aveva visto la seconda persona che più odiava al mondo in quel momento, ma se fosse andata via nessuno avrebbe mai saputo che non aveva avuto il coraggio di affrontarla. Le mani di Kim si strinsero al carrello, ma fu in quell'istante che la bruna si voltò verso di lei. Un guizzo nei suoi occhi fece capire a Kim che anche Elizabeth aveva avuto modo di accorgersi a sua volta di lei. Per qualche secondo non dissero niente, poi Kim, col la poca dignità rimasta ruppe il ghiaccio.

"Tu devi essere Elizabeth.." parlò.

Elizabeth la guardava con sospetto e imbarazzo, non esisteva un manuale per affrontare la ragazza dell'uomo con cui sei andata a letto di nascosto.

"Ehm, sì. Come sai il mio..?" Adam doveva averle parlato di lei.

"Beh, ecco, Adam mi ha detto, anzi se vogliamo essere precisi, non mi ha raccontato quasi niente di te. Quello che so è frutto delle voci che girano in città" ora era arrossita anche Kim.

Elizabeth si chiese subito quali voci girassero su di lei. E se qualcuno avesse visto lei e Adam nel bosco quel giorno? Si sentì morire dalla vergogna.

"Spero che non sia niente di male"

"No, beh, suppongo sia solo la verità - disse abbassando lo sguardo e grattandosi nervosamente un sopracciglio - Insomma, sei l'ex ragazza di Adam del liceo"

'Ex ragazza di Adam del liceo' ripetè Elizabeth in mente, una di quelle qualificazioni orribili che non avrebbe mai voluto che qualcuno le affibbiasse. Tuttavia, però era quella la natura delle cose.

"Sì, sono io, quell'Elizabeth" le confermò. Si stava imponendo di non distogliere lo sguardo dalla sua interlocutrice, ma il senso di colpa la stava divorando. D'un tratto ripensò al fatto che Kim l'aveva sicuramente notata l'altra sera allo Stereo Punk, mentre ballava sfacciata e disinibita davanti al suo ragazzo. Per il suo ragazzo. Appena se ne ricordò a mente completamente lucida ebbe il forte istinto di sotterrare la testa sotto la sabbia per non dover sostenere lo sguardo di quella donna.

"Io sono Kim, io e Adam.."

"State insieme, sì, me lo ha detto" era una bugia. Adam non le aveva mai parlato di Kim: era stata lei stessa a vederla nel parcheggio di quello stesso supermercato, come pure quella sera al locale quando erano arrivati insieme mano nella mano. Pensò che, con ogni probabilità, anche Kim doveva essersi accorta delle attenzioni di Adam per lei quella sera.

"No, abbiamo rotto. Non era.. - si disse di non versare neanche una lacrima, non davanti a lei - non era come immaginavo che fosse" abbassò lo sguardo. Si faceva pena da sola, che stupida che era stata.

"Oh, mi dispiace.. " disse sinceramente Elizabeth, allungando una mano verso di lei, istintivamente. Le dispiaceva davvero, perché sapeva di avere parte della colpa in quella faccenda. Kim però si scostò immediatamente e la guardò con occhi feriti. Erano di un azzurro terso, come il cielo nelle giornate di pioggia, chiarissimi.

"Non voglio la tua pietà. Sai, le persone come voi due non dovrebbero lasciarsi. Non dovrebbero illudere altre persone e farle vivere per anni nella menzogna" sputò fuori furente.

Elizabeth era ormai paonazza, la saturazione del suo colorito era aumentata visibilmente. Gli occhi cominciavano a pungere, traditori.

"Senti, dimentica quello che ti ho detto, e anche di avermi incontrata" concluse Kim mentre finalmente cambiava la direzione del carrello, le nocche bianche per via delle dita che non avevano smesso un secondo di stringerlo forte.

Elizabeth aveva il fiato corto, mentre la guardava uscire dalla corsia della colazione.

"Mi dispiace" disse in un sussurro. Kim però la sentì e si voltò un'ultima volta a guardarla.

"Non ti credo, Elizabeth. Non credo a nessuno di voi due".

Ora poteva lasciarsi sfuggire quella lacrima che stava reprimendo, indossare gli occhiali da sole per nasconderla ed uscire dal supermercato senza spesa sotto gli occhi inquisitori del cassiere. 

Mislaid - smarritiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora