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Capitolo 1
"Mamma...Secondo te Harry mi vuole bene?"

Faceva freddo quella sera. L'autunno sembrava essersi messo momentaneamente da parte per lasciare spazio ad un'inusuale freddo invernale, quello che ti entra nelle ossa, che ti raffredda il cuore. Gli alberi erano già spogli, privi delle loro chiome verdi, a volte arancioni, nudi, scheletrici, tristi. Le foglie a terra giacevano in silenzio, arancioni, gialle, marroni, non si prendevano nemmeno la briga di scricchiolare sotto i piedi dei passanti, nostalgiche, apatiche, fradice a causa della pioggerella fastidiosa che scendeva incessante dal cielo grigio. Sembrava che anche la natura stesse soffrendo in quella giornata di fine ottobre. Godric's Hallow piangeva quella sera, sembrava quasi prendere in giro il povero ragazzo che, seduto davanti ad una lapide, non riusciva a fermare le lacrime.
I boccoli corvini, inumiditi dal brutto tempo, incorniciavano il bel volto aristocratico di Sirius Black, che se ne stava seduto sull'erba bagnata del piccolo cimitero del villaggio e fissava con i grandi occhioni grigi dilatati i nomi dei suoi migliori amici incisi sulla pietra dura e fredda. Tre anni. Erano passati tre anni dalla morte di James ma Sirius ancora non l'aveva accettata. E come si fa ad accettare la morte della persona che ti è stata accanto sin dall'inizio? La persona con cui hai condiviso metà della tua vita, tuo fratello, la tua unica famiglia, la tua metà. Anche dopo così tanto tempo non voleva accettare il fatto che non avrebbe mai più abbracciato suo fratello, che non avrebbe mai più sentito la risata contagiosa del suo Prongs, che non lo avrebbe rivisto mai più. Ancora si aspettava di vederlo entrare in ufficio con le occhiaie gonfie per il poco sonno ma felice perché se era per Harry avrebbe potuto passare anche tutta la vita senza dormire. Ogni tanto gli sembrava di sentire la sua voce provenire dallo specchio gemello che nonostante tutto teneva sempre in tasca, poi lo prendeva e si rendeva conto che era solo la sua stupida immaginazione, la sua voglia matta di rivederlo, di averlo lì con lui perché l'altro specchio era chiuso in un cassetto di villa Black, salvato dalle macerie del cottage distrutto, e nessun James Potter sarebbe tornato a riprenderlo per mettersi in contatto con lui. Maledetto, maledetto mille volte Voldemort e quel fottutissimo 31 ottobre. Perché? Perché proprio a loro? Ragazzi ventenni con dei bambini da crescere, una famiglia da portare avanti, tante esperienze da vivere. A Sirius cos'era rimasto dopo la fine di quella guerra? Una famiglia distrutta, dilaniata dal dolore e dalla sofferenza di persone perse, amori e sogni sgretolati. Lui ci provava ad essere quello di sempre, a vivere come aveva sempre vissuto, a ridere come aveva sempre riso, ma era difficile. Era difficile perché nonostante il tempo, nonostante la vita che andava avanti, il suo cuore urlava, ancora cadeva a pezzi perché non sentiva il suo battito complice da troppo tempo.
Accanto al nome di James era inciso quello di Lily. Quanto gli mancava pure lei. Avrebbe dato qualunque cosa anche solo per sentirla urlare qualche rimprovero per l'ultima volta, per rivedere quei capelli rosso sangue svolazzare per casa, per abbracciarla ancora e dirle quanto le voleva bene nonostante tutto e quanto le fosse grato per aver reso suo fratello il ragazzo più felice del mondo. Non lo meritavano, non lo meritavano affatto. E la cosa peggiore era che la colpa era tutta sua, era tutta colpa di Sirius se ora loro non c'erano più, era colpa sua se ora tutto quello che poteva fare era stare a piangere sulle loro tombe.
Si strinse i capelli tra le mani come a volerli strappare e singhiozzò impotente tirando su col naso. Era patetico forse, piangere in quel modo dopo tre anni dalla morte di una persona, ma il fatto è che loro erano molto di più di persone e Sirius non riusciva proprio a farsene una ragione. Spostò lo sguardo sulla lapide bianca alla destra di quella dei Potter, dove era scolpito un altro nome altrettanto familiare al ragazzo.
"Dorcas Meadowes, 19/05/1960-24/09/1981"
così recitava l'incisione. Dorcas era sempre stata quella che andava d'accordo con i maschi, quella che li aiutava a fare scherzi a chiunque, quella che difendeva le persone che amava sempre e comunque, la duellante per eccellenza, quella che non aveva paura di usare la bacchetta e che non si faceva mai mettere i piedi in testa da nessuno. Era fantastica, Dorcas. Era sempre andata d'accordo con i Malandrini e con il passare degli anni era diventata parte di quella grande famiglia che si erano costruiti con tanta fatica. C'era voluto Voldemort in persona per uccidere quella forza della natura e quando era morta era stato uno shock per tutti, compresi Lily e James che non avevano neppure potuto darle l'ultimo addio a causa di quella maledetta profezia. Sirius li ricordava tutti i pomeriggi passati con lei, i suoi ricci nerissimi, la sua pelle cioccolato e gli occhi scuri sempre pieni di malizia e determinazione. Non se lo meritava nemmeno lei di morire, nessuno di loro lo meritava, non così presto almeno. Anche la lapide più a destra era parecchio familiare a Sirius. Il nome di Mary McDonald, affiancato dalle date 15/04/1960-20/08/1980, era inciso sulla pietra fredda. Mary, la piccola dolce Mary. Era stata la prima a morire in quella guerra, la sua morte aveva fatto capire a tutti che erano immischiati in qualcosa di grosso, di reale, che il tempo per scherzare era finito e che si faceva sul serio. Era una ragazza dolcissima, Mary, sempre con il sorriso in faccia, pronta a tendere una mano nel momento del bisogno, coraggiosa come poche e allo stesso tempo molto fragile. Aveva bisogno di certezze, di sapere che qualcuno c'era per lei, amava Remus più di qualunque altra cosa al mondo ed era pronta a fare qualunque cosa per lui e per il resto della sua famiglia. Sirius ricordava tutte le volte che Mary l'aveva abbracciato, gli aveva parlato, l'aveva rassicurato e le era grato per tutto quello che aveva fatto, le era grato per aver fatto capire a Remus che anche lui era degno di essere amato e le era grato di essere stata un'amica fantastica per Marlene.
Erano stati loro ad insistere per metterli tutti e quattro vicini e spesso Sirius andava lì per stare da solo. Ne aveva bisogno, aveva bisogno di sfogarsi, di sentirli vicini un'altra volta perché nonostante non volesse accettare la loro morte, man mano che il tempo passava il fatto che nessuno di loro sarebbe più tornato da lui diventava più concreto, più vero, e aveva capito che se voleva andare avanti, se non voleva crollare, doveva imparare a convivere con un cuore incompleto.
"Domani andiamo a prendere Harry" sussurrò guardando le lapidi una ad una. Sapeva che loro potevano sentirlo ovunque si trovassero.
"Mi dispiace averci messo così tanto tempo ad ottenere l'adozione ma vi prometto che lo renderò felice come avreste fatto voi se avreste potuto." continuò ricalcando i nomi di James e Lily con il polpastrello. "e lo vizierò, lo vizierò tanto quanto lo avreste viziato voi, ragazze."
Faceva male, era quasi un dolore fisico, poteva sentirlo, sarebbero stati dei genitori fantastici e delle zie perfette, insieme avrebbero potuto essere la famiglia che avevano sempre sognato e alla fine tutto si era ridotto ad un "avrebbero potuto". Si asciugò le lacrime con la manica della felpa e si alzò in piedi. Aveva smesso di piovere ma il cielo era comunque scuro, coperto dalle nuvole grigie quasi quanto gli occhi di Sirius. Osservò ancora una volta quelle pietre bianche, poi si allontanò dal cimitero per smaterializzarsi indisturbato, lontano da occhi indiscreti. Prima o poi avrebbe dovuto smettere di piangere i fantasmi del passato.

A better life || Harry James PotterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora