five

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Capitolo 5
"E dimmi un po' Black, come sta Potter Junior?"

19.03.1986
Pioveva quella mattina. Le finestre erano oscurate dalle solite pesanti tende bordeaux ma il rumore della pioggia che scendeva incessante, delle gocce d'acqua che si abbattevano prepotenti su villa Black, lasciava intuire la portata del violento temporale che imperversava all'esterno. Il vento fischiava e spingeva contro le finestre come a voler entrare in casa per prendersi tutto quello che trovava sulla sua strada e portarlo lontano con sé, a scoprire posti nuovi e terre sconosciute. Le foglie danzavano nell'aria, alcune da sole, alcune in coppia, tutte marroni, comunque, spente e anonime, un po' come quel periodo dell'anno tra febbraio e marzo, ormai distante dal Natale ma troppo lontano per vedere l'estate. Dentro però si stava bene, tra il calore delle persone e delle coperte, tra i colori vivi e luminosi, tra le sfumature del rosso e dell'oro che magari per molti potevano non significare niente di che, potevano restare semplici colori buttati lì per il piacere di arredare, ma per altri avevano il significato di casa, di appartenenza, di famiglia, di persone andate e mai più tornate, di un passato che forse è passato troppo velocemente e di vite travolte forse troppo violentemente. Bastava osservare i boccoli biondi sparpagliati sul cuscino bianco, il bel volto perlaceo rilassato, il corpo alto e slanciato ma esile, appesantito all'altezza del ventre da una nuova vita che da lì a un mese avrebbe rinnovato la felicità agli abitanti della casa, il braccio avvolto intorno al bambino di ormai cinque anni e mezzo che dormiva placidamente abbandonato sul petto della madre con una mano sul pancione e l'altra tra i suoi capelli morbidi che forse chi lo sa, tra quei capelli morbidi riusciva a trovarci la sicurezza per dormire sogni tranquilli, sogni che magari lo riportavano a tempi lontani, tempi popolati da capelli rossi, occhi verdi, un cervo e tante risate, tempi che ormai non sono più impressi nella sua mente ma sono sempre stampati nel suo cuore, indelebili. E proprio accanto a lui la piccola bambina dai capelli neri come la pece dormiva a pancia in giù, sdraiata sul padre che da qualche anno a quella parte non era più solo suo, e si muoveva a ritmo dei suoi respiri, a ritmo del su e giù della sua cassa toracica, ma non sembrava esserne infastidita perché chi può dirlo con assoluta certezza, forse da quel padre aveva ereditato non solo l'aspetto fisico ma anche il sonno profondo. E quello stesso padre, il padre che lei aveva avuto la fortuna di non perdere in una guerra che ad altri aveva portato via tutto, in quel momento la guardava attraverso due occhioni grigi, gli stessi occhioni che lei non aveva ereditato ma che forse, chi può saperlo, sarebbero stati gli occhioni del nuovo erede in arrivo. Sirius ci pensava spesso a come sarebbe stato il piccolo che sarebbe nato da lì a un mese. Che poi avrebbe potuto essere anche una femmina per quel che ne sapeva ma a lui non sarebbe cambiato assolutamente niente. Avrebbe amato quel bambino tanto quanto amava Allyson ed Harry, più della sua vita, e lo avrebbe protetto a tutti i costi. Si guardò intorno osservando la sua famiglia che dormiva beata e sorrise spontaneamente vedendo Ally con il volto spiaccicato sul suo petto ed Harry accoccolato a Marlene, una mano sul pancione immobile. Se avesse dovuto parlare della felicità avrebbe descritto quella scena. Pensò a tutto quello che era cambiato in quell'anno e mezzo. Dell'Harry timido e spaventato non era rimasto quasi niente; si era totalmente abituato alla sua nuova famiglia e aveva preso piena confidenza con tutti dimostrando di avere l'ironia, la gentilezza, la bontà e l'iperattività del padre e il cervello, l'astuzia e la sensibilità della madre.
Il piccolo adorava entrambi i suoi genitori ed era molto legato a loro anche più di Allyson; forse perché per lei era una cosa scontata avere una mamma e un papà mentre per Harry no, chi può saperlo, fatto sta che il bambino richiedeva molte più attenzioni, molte più coccole e abbracci e molte più rassicurazioni della sorella e i genitori non tardavano ad accontentarlo. Allyson d'altra parte era legatissima al fratello; in quel lasso di tempo i due avevano instaurato un rapporto più che stupendo e non si separavano l'uno dall'altra per nessuna ragione al mondo. Chiunque li osservasse non poteva fare a meno di sottolineare la somiglianza tra loro e i loro padri non solo nell'aspetto fisico ma anche nei modi di fare e i piccoli erano più che orgogliosi di essere paragonati ai più grandi Malandrini della storia. Sirius sorrise ancora una volta guardandoli così piccoli, indifesi e simili a lui e suo fratello e si trovò a sperare che quella tranquillità sarebbe durata per molto altro tempo ancora. Silente li aveva avvisati del fatto che un giorno Voldemort sarebbe ritornato, gli aveva detto che non poteva sapere quando né perché ma un giorno sarebbe tornato forse più forte e più spietato di prima e Sirius sperava che quel momento sarebbe arrivato il più tardi possibile. Guardò l'orologio e notò senza molta sorpresa di essere in ritardo; cercò di alzarsi poggiando Allyson sul materasso senza farla svegliare ma quella aprì gli occhi per qualche secondo.
"Papà.." mormorò abbracciando il cuscino.
"Si?" chiese Sirius con un mezzo sorrisetto divertito in volto.
"Dove vai?"
"Al lavoro." disse semplicemente.
Lei grugnì in risposta e dopo qualche istante era di nuovo addormentata. Sirius ridacchiò e le stampò un bacio tra i capelli per poi fare la stessa cosa con Harry, Marlene e il suo pancione. Non si fermò nemmeno a fare colazione in cucina per non rischiare di mandare a fuoco la casa e, dopo essersi vestito, uscì smaterializzandosi direttamente al Ministero.

A better life || Harry James PotterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora