15- N

99 6 4
                                    


«Com'è?»
«Ottima.»
«Parlo sul serio.» La rossa lo squadrava con occhi sbarrati. Non si era mai reso conto di quanto fossero tremendamente grandi, o forse erano gli occhiali a farli sembrare così.

«Non è male, ok? Somiglia a quella che si fa in quel posto... come si chiama?»

Doriana allungò un braccio e gli assestò una pacca su una spalla, facendo traballare pericolosamente la tazza tra le sue mani.

«Fanculo, ma lo sai che sei proprio uno stronzo?»

«E tu lo sai che hai sbagliato rossetto?»
L'altra si portò una mano alla bocca, in un attimo di evidente confusione. Poi capì e scoppiò a ridere: «Sì, cazzo, sei proprio stronzo. Ma a volte sei divertente.»

Si alzò e si diresse in cucina. «Sì, dai, un po' di senso dell'umorismo ce l'hai» borbottò fra sè. Yan si guardò attorno, prendendo un sorso di cioccolata. Ciobar, sicuramente, ma doveva ammettere che non era male; e nemmeno l'appartamento lo era.

Era un ambiente piccolo, con entrata, salotto e cucina in un unico spazio dove dominavano pochi mobili di stili diversi e tanti colori. Il tutto non mancava mai però di un tocco vintage o artistico, come i bauletti colorati che facevano da tavolino per due lampade in stile Bourgie di Kartell o i cuscini foderati di trame diverse che ammorbidivano il divano su cui sedeva, o ancora il lampadario stile industriale che illuminava la cucina e il grande dipinto che decorava la parete della tv, davanti al divano. Raffigurava una coppia in bianco e nero, in procinto di baciarsi sotto un ombrello rosso e tutt'attorno spruzzi di chiome colorate interpretabili come alberi a fare da sfondo.

Non si poteva dire che Doriana non fosse creativa, o meglio stramba. Forse era l'unico dettaglio che davvero apprezzava di lei, a parte per le numose piantine che sbucavano in ogni angolo del salotto.

«Eccomi, ho preso delle salviette.» Dori tornò dalla cucina con un pacchetto di salviette gialle e rosse in mano e le appoggiò sul tavolino di legno grezzo ridipinto di diversi colori che a Yan faceva impressione l'idea di toccarlo. Si chiedeva se ci fossero delle schegge e non voleva certo ammazzarsi un altro dito. Si guardò quello ancora fasciato, che pulsava in modo fastidioso sotto alle bende ingiallite. Che avesse fatto infezione?

«Ora va bene il rossetto?»

«Eh?» Notò che Dori gli indicava le proprie labbra. Si era ripulita dalla cioccolata e ripassata un burrocacao color ciliegia. Un labello, di sicuro.

«Perfetto.» Era proprio fissata con i colori sbagliati, pensò Yan immaginandola con un discreto nude opaco e tanto mascara.

Mani sui fianchi e testa di sbieco, Dori corrucciò la bocca: «Non prendermi per il culo, Yasmine.»

«No, no cazzo il mio nome no.» Si alzò di scatto, involontariamente, dal divano. «Meglio Canova, o quell'altro... come si chiamava?»

«Lascia perdere.» Negli occhi brillanti di Doriana si era accesa una luce sentendo nominare uno dei suoi artisti prediletti. «Piuttosto...» Con un gesto soddisfatto e un sorriso malizioso sfilò fuori dalla tasca dei jeans un pezzo di carta e lo adagiò con delicatezza sul tavolino.

Yan tornò a sedersi sul divano, curioso, lanciando uno sguardo a quello che sembrava un... «Cavoli Dori, è l'invito alla mostra!» Senza per una volta preoccuparsi di contenere la propria gioia lo prese e lesse ad alta voce.

«Mostra d'arte, Lorenzo Nobili, galleria bla bla bla, Padova, ingresso speciale ridotto?» Senza credere alle sue parole fissò lo sguardo su Doriana, che soddisfatta si pavoneggiava dondolando le spalle e battendo le mani. «Come cazzo hai fatto? Chi ti sei fatta?»

Gli occhi grandi della rossa si puntarono con biasimo su di lui: «Non ti permettere stronzetto, io almeno mi so arrangiare. Hai il tuo biglietto e pure gratis, quindi vieni qui e baciami le chiappe.»

Una risata gli morì in gola: «Fanculo Dori, sei una grande.»

Lei sollevò una mano e si batterono il cinque schioccando con vigore. In un attimo l'euforia si trasformò per Yan in una fitta allucinante. Lanciò un urlo, portandosi la mano al petto e constatando che aveva usato proprio la mano con il dito ferito. "Cazzo."

«Yan, tutto bene? Che diamine hai a quel dito? Perché è fasciato?» Dori si spostò verso di lui, ma Yan scosse la testa: «Tutto apposto, tranquilla, vado un attimo al bagno se posso.»

D'improvviso il ricordo troppo fresco di quella ferita, di suo zio che lo canzonava, di sua zia in ospedale, di Arianna, dello schiaffo, tutto gli ripiombò addosso.

«Ma certo và pure in bagno. È quella porta lì.» Gliela indicò, la sua voce tradiva confusione.

Yan vi si fiondò lasciandola lì con la fronte aggrottata e una smorfia sulle labbra. Aprì la porta e si ritrovò in un bagno piccolo ma accogliente. Il pavimento era giallo canarino, le piastrelle lucide e ben pulite, mentre un po' di caos regnava nel mobiletto bianco su cui era incassato il lavandino: trucchi erano sparsi senza un preciso ordine; un paio di tappi di rossetti erano finiti dentro il lavabo e della cipria o fondotinta in polvere ne aveva sporcato l'orlo. Le mensoline bianche ai lati dello specchio tondo erano talmente colme di boccette, barattolini e scatolette che si chiese come potessero non crollare. Forse erano come lui, che nonostante tutto stava ancora in piedi: forti.

Non si guardò nemmeno allo specchio, dedicandosi subito al dito. Tolse le bende, facendo attenzione a non procurarsi un'altra insopportabile fitta. Sotto una crosta di sangue resisteva un punto, mentre il resto del taglio era aperto e giallastro, il filo che avrebbe dovuto tenere i lempi di pelle assieme si era allentato.

Lo assalì un'improvvisa nausea e fece appena in tempo a cercare il wc e a inginocchiarvisi accanto, che il suo stomaco rimandò tutto l'acido che aveva trattenuto durante le ultime, sofferte, ore. Al sapore acre si unì quello dolciastro della cioccolata, rendendogli quel momento ancora più disgustoso.

Sentì bussare alla porta. «Ehi, Yan, tutto apposto? Stai bene?»

«Sì tutto bene.» La sua voce gli uscì roca e flebile, mentre un secondo conato lo assaliva. Gli girava la testa e si sentiva uno stupido. Perché il sangue gli faceva quell'effetto? Perché doveva sembra andare tutto storto?

«Yan, accidenti, ma stai vomitando?»
"Si sente così tanto?" Cercò una salvietta per pulirsi la bocca, ma le sue mani trovarono solo carta igienica, così usò quella. Tirò lo sciacquone, poi andò a bagnarsi la faccia al lavandino.

In quel momento la porta si aprì e una testa di ricci fece capolino in modo quasi buffo strappandogli un sorriso. «Ehi, Canova, tutto bene?»

Yan annuì, le mani aggrappati ai bordi del lavandino. Respirava a fondo, cercando di controllare la nausea.

«Fammi vedere quella mano.» Doriana era entrata e aveva richiuso la porta, arricciando il naso all'odore acido che si era sparso per il bagno. Andò ad aprire la finestra in anta ribalta, lasciando che un po' d'aria fresca entrasse a ripulire l'ambiente dall'odore. «Dai, fa vedere.»

CoesioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora