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Yan aprì gli occhi sulla luce accesa dell’abat-jour.

Pensò che era strano, perché era sicuro di averla spenta prima di dormire. Forse Dori era entrata nella stanza e l’aveva accesa per svegliarlo? Un’idea che suonava piuttosto strana, ma dopotutto quella donna lo era eccome.

Il profumo di sapone e lavanda della maglia che indossava aveva impregnato il cuscino; ma com’era possibile? Aveva dormito sopra al cuscino? Confuso si tirò su a sedere.

Di nuovo, come la sera prima, fu colpito dall’aspetto troppe bohemien della camera da letto e dalla coperta di velluto così pacchiana. Posare i piedi nudi sul morbido tappeto peloso fu però un grande piacere; si godette quella sensazione, pensando che poteva essere l’unico momento decente di tutta la giornata.

Apppena posato lo sguardo sulla porta, infatti, la sua mente gli riportò la figura impeccabile di sua zia che bussava alla porta ogni mattina quand’era bambino per svegliarlo. Entrava, si chinava dolce su di lui e gli stampava un fastidioso bacio su una guancia. La sua crocchia era sempre perfetta e indossava le sue perle anche di prima mattina.

Sentì gli occhi inudirsi. “Maledizione, Yan, smettila di pensare a lei.” Uscì dalla stanza per poi rendersi conto di essere in maglia e boxer. Stava per fare un passo indietro e tornare dentro quando Dori le apparve davanti, il volto, impiastricciato da una maschera, bianco come quello di Casper.

«Cazzo.»

«No, Doriana. Scusa, non volevo ucciderti di paura, ma non pensavo di fare tanto schifo. Come va la mano?»

Il dito. Vero, pensò, l’aveva medicato. Lo sollevò e se lo guardò mostrandolo anche lei. La fasciatura era intonsa, niente sangue e appena un po’ di fastidio per i punti.

«Lo so, sono brava.»

«Sì, devo ammetterlo. Te la cavi.»

Yan ebbe un lampo improvviso, notando la gonna lunga della rossa. «I miei vestiti. Dovrò passare per casa e cambiarmi.»

«Immagino di sì.»

«Così farò anche una doccia» disse tra sè.

«Oh, ma dai, la puoi fare qui una doccia. Ce l’ho sai.»

«Ok.» Non era entusiasta di lavarsi nel bagno di Doriana, ma preferì non protestare. Magari avrebbe finto di farsela e poi l’avrebbe fatta a casa sua.

«Intanto facciamo colazione. Hai fame no? Io sì, caspita.»

Yan fece spallucce e seguì Doriana in cucina. Era una donna piena di sorprese, questo era certo. Su una padella sfrigolava un uovo con della pancetta e l’aroma forte del caffé inondava l’aria. C’era anche qualcosa di dolce, si rese conto sentendo lo stomaco brontolare. Da quant’era che non mangiava? “Ma devo stare attento alla linea”, ricordò a se stesso.

«A me basta un tè, grazie.»

Doriana si girò e lo fissò come fosse un alieno: «Con tutto questo ben di Dio? E per caso hai detto grazie?»

«Io non mangio molto e… conosco le buone maniere.»

Di nuovo la donna lo squadrò e scosse la testa: «Non l’avrei mai detto.»

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