E poi vorrei che non mi lasciassi

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"Nelson! Oh Nelson apri gli occhi per favore! Nelson!" Cesare prese Nelson fra le braccia, ma nonostante i continui tentativi di fargli riprendere conoscenza, il ragazzo non si svegliava. Gli occhi di Cesare si riempirono di lacrime, era in preda al panico.
Nelson era svenuto poco prima in riva al mare e aveva battuto la testa su una roccia, era ferito e probabilmente aveva la febbre alta.
"Aiuto!" cominciò ad urlare Cesare disperatamente.
All'improvviso gli altri quattro ragazzi corsero verso di lui.
"Oddio..." esclamò Tonno vedendo la scena.
"Chiamate un'ambulanza, presto!" disse Cesare disperato.
"Pronto, è un'emergenza, serve subito un'ambulanza..." Dario si allontanò per dare tutte le informazioni al 118.
"Ma perché Nels...è tutta colpa mia..." disse Cesare facendo cadere qualche lacrima sul volto di Nelson.

L'ambulanza arrivò, prese Nelson e corse verso l'ospedale più vicino. Purtroppo però i medici vietarono agli altri di salire sull'ambulanza, così dovettero correre a casa e prendere la macchina.
Fu Frank a guidare, tra tutti era quello che sapeva mantenere meglio la calma, l'ultima cosa che serviva era un altro incidente.

I ragazzi arrivarono all'ospedale, Frank non fece nemmeno in tempo a parcheggiare che Cesare scese dalla macchina in corsa verso l'ingresso.
"Salve, ho bisogno di avere notizie su Nelson Venceslai, l'hanno portato qui poco fa in codice rosso, dov'è? Devo vederlo!" disse Cesare agitato alla segretaria dell'ospedale.
"Signore, innanzitutto si calmi, lei è un parente del paziente?" gli disse lei.
"Sono suo cugino" gli rispose lui, anche se non era del tutto vero.
La donna annuì e disse "Adesso si trova in sala operatoria, i medici stanno facendo tutto il possibile, ma ha avuto un serio trauma cranico e ha perso molto sangue. La invito ad aspettare lì, quando ci saranno novità, verrà il medico a comunicargliele".

Cesare si mise seduto nel corridoio davanti la porta della sala operatoria, si prese la testa tra le mani e iniziò a piangere disperato, non poteva credere a tutto quello che stava succedendo. Dopo poco arrivarono anche gli altri ragazzi e Cesare gli spiegò la situazione. Gli altri fecero di tutto per calmarlo, ma niente riuscì a consolarlo. Erano tutti parecchio scossi, era successo tutto così in fretta che non avevano avuto tempo di metabolizzare l'accaduto.

Dopo due ore finalmente uscì un medico dalla sala operatoria.
"Siete parenti?" chiese il medico togliendosi guanti e mascherina.
"Io sono il cugino, come sta?! Possiamo vederlo?!" si fece avanti Cesare.
"Probabilmente è svenuto a causa della febbre molto alta, ha sbattuto la testa e ha riportato un brutto trauma cranico, inoltre ha perso molto sangue...abbiamo fatto tutto il possibile, ma adesso purtroppo si trova in coma...ora dipende solo da lui, noi nn possiamo fare nient'altro...a breve potrete vederlo...mi dispiace" il medico poggiò una mano sulla spalla di Cesare in segno di solidarietà per poi allontanarsi.

I ragazzi rimasero in piedi con lo sguardo perso nel vuoto, il cuore di Cesare si era spezzato, le ginocchia gli cedettero e si ritrovò seduto sul pavimento del corridoio a piangere disperato.
"Fatti forza Cesu..." gli disse Tonno avvicinandosi a lui con le lacrime agli occhi, poi continuò "È forte, se la caverà".

I medici trasferirono Nelson in una camera dell'ospedale e finalmente gli amici potettero andare da lui.
Il primo ad entrare nella stanza di Cesare, seguito poi dagli altri quattro.
Lo videro lì, steso sul letto incosciente, non erano abituati a vedere Nelson così, lui che era sempre pieno di vita e di energie, ora stava lottando per la vita in un letto d'ospedale.
Cesare si sedette sulla sedia accanto al letto e gli prese la mano.
"È tutta colpa mia..." riuscì a dire tra un singhiozzo e l'altro. "Se non fossi scappato dalla discoteca tutto questo non sarebbe successo..."
"Cesare ascoltami..." disse Dario avvicinandosi al ragazzo. "Questo non è vero. Non sarebbe successo se non avessimo insistito per andare in discoteca, se quella Gaia non l'avesse baciato, se ti avessimo trovato prima di lui sulla spiaggia, se non fossimo partiti per questa vacanza...non puoi controllare il mondo, le cose succedono e noi non possiamo farci niente, siamo tutti colpevoli e innocenti allo stesso tempo, tutti noi qui abbiamo un minimo di colpa per questo, quindi mettitelo bene in testa, questo non è colpa tua".
Cesare lo guardò negli occhi e annuì, anche se continuò a sentirsi l'unico responsabile.

Si fece tardi, ormai erano ore che i ragazzi erano lì.
"Raga io penso che ormai qui non possiamo fare molto...andiamo a casa a riposarci un po', torneremo domani mattina" disse Nic coscienziosamente.
Gli altri annuirono, tutti tranne Cesare che era ancora sulla sedia a tenere la mano a Nelson.
Senza dire nulla, prese le chiavi di casa dalla tasca e le porse a Tonno.
"Che vuol dire questo Cesare?" gli disse il ragazzo.
"Io resto qui" disse Cesare non distogliendo lo sguardo da Nelson.
"Ma Cesare..." cominciò Tonno, ma venne interrotto da Dario "Tone...andiamo a casa".
I ragazzi salutarono Cesare e si avviarono verso casa.

Cesare poggiò la sua testa sulla mano di Nelson che teneva incrociata alla sua, delle lacrime cominciarono a sgorgare dai suoi occhi finendo sulle loro mani e bagnando il lenzuolo del letto.
"Nels, ti prego, non mi lasciare...io ti amo..."
Il ragazzo si addormentò così, sperando che tutto ciò non fosse altro che un incubo.

Racconterò di te ~A Celson story~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora