5. Ore

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Da quel giorno, Jimin non era più tornato nella stanza che ospitava Yoongi, erano passati giorni, e poi settimane, mesi, anni, ed il castano non si era mai più avvicinato a quella minuscola stanza che incatenava un ragazzo che Jimin, ormai, riteneva un traditore.

Suo padre lo aveva avvisato sin da piccolo, gli aveva spiegato come ogni singola creatura magica, creatura perchè di persone non si può parlare, fosse viscida. Gli aveva spiegato come ognuna di loro fosse portatrice di male, come gli bastasse schioccare le dita per ferire mille uomini. Gli aveva anche raccontato della purga, avvenuta quando lui non era ancora nato, di come avessero trovato ed eliminato ogni strega o mago che abitasse nel regno, gli aveva raccontato di come alcune fossero scappate, e si nascondessero tra gli umani senza mostrare la loro vera identità. Gli aveva raccomandato di fare sempre attenzione, perché chiunque intorno a loro sarebbe potuto esserlo, e chiunque intorno a loro avrebbe potuto tradirli.

Per questo il cuore del castano si era spezzato una volta scoperta la vera natura di quello che considerava il suo migliore amico, e aveva compreso come le parole del padre fossero vere, come fosse facile per loro entrare nella loro testa ed insediarsi lì, pronti ad attaccare in qualsiasi momento di debolezza. Era stato stupido ed ingenuo, ma era fiero di essersi allontanato non appena scoperta la vera identità del verde, comprendendo finalmente da dove derivasse quello strano colore di capelli che non aveva mai visto fino ad allora.

E dopo la tristezza, era arrivata la rabbia, per la sua stupidità, per la meschinità di Yoongi, per il suo stupido attaccamento verso quello che non era altro se non uno schifoso mago. Si era infuriato, aveva distrutto la sua stanza, facendo disperare la sua badante preoccupata per lui, e poi, era arrivata la fredda calma, aveva realizzato di non doverci pensare più, perchè quello che definiva amico, non era altro che uno sporco essere, e quella che un tempo era una amicizia pura, era diventato un odio viscerale e profondo, che aveva inaridito il cuore del principe.

A volte, di notte, ripensava ai pomeriggi passati insieme separati da quelle sbarre, ripensava al sorriso del verde, al suo stupore per ogni piccola cosa, ed un piccolo dubbio prendeva possesso del suo petto. E se Yoongi non fosse stato davvero così? E se gli avesse davvero voluto bene? Se il loro fosse stato un reale legame, di due persone completamente diverse ma incatenate in una vita che nessuno vorrebbe? Se Jimin avesse sbagliato ad andarsene senza più tornare?

Ma come quei pensieri arrivavano, se ne andavano subito dopo, lasciando Jimin con un rancore inspiegabile verso il verde. Se non lo avesse fatto affezionare, non penserebbe a quegli strani incontri dopo tutto questo tempo.

A volte, si chiede perché suo padre non lo avesse ucciso come tutti gli altri. Che avesse provato pietà per un bambino? Impossibile, ne sarebbero rimasti molti di più se avesse rispariamato tutti i più piccoli. E ogni volta che quella domanda si presentava nella sua testa, Jimin la scacciava via con rabbia, suo padre era la persona di cui più si fidava al mondo, avrà avuto le sue ragioni, il castano ne era sicuro.

...

Yoongi aveva aspettato per ore, giorni, settimane, anni, ma quella porta non si era mai aperta per accogliere all'interno della sua prigione Jimin. L'unica persona entrata era sempre la stessa, l'unico essere umano, oltre a Jimin, che Yoongi avesse visto in anni: una guardia. Non gli aveva mai rivolto la parola, ma ogni giorno gli portava quella piccola quantità di cibo che gli era permessa, facendo in modo che non impazzisse a causa della solitudine.

In fin dei conti, era stato completamente da solo per anni prima che Jimin si presentasse alla sua porta, avrebbe potuto farlo di nuovo, avrebbe potuto abituarsi di nuovo a quel silenzio assordante. Ma alla fine, si era reso conto di non poterlo fare, perché gli mancava la voce di Jimin, gli mancavano i suoi racconti, gli mancavano i piccoli oggetti che ogni giorno gli portava, gli mancava il castano in generale, ma gli mancava soprattutto il contatto con un'altra persona. E così, Yoongi era lentamente cambiato, non riuscendo a togliersi dalla mente l'idea di scappare da quelle quattro mura.

All'età di dodici anni ci aveva provato, aveva usato la sua magia per rompere le sbarre e scappare dal palazzo, ma non era passato molto tempo prima che si rendessero conto della sua assenza. Ciò che ne aveva ricavato erano state delle strane catene legate intorno ai suoi polsi, che non gli avevano più permesso di praticare magia.

Quel giorno aveva perso l'ultima parte di sè, non gli era rimasto nulla, se non il libro che Jimin aveva buttato a terra l'ultima volta che lo aveva visto. Yoongi lo aveva nascosto sotto il suo sottile materasso, aprendolo ogni pomeriggio e sfogliandolo con attenzione, per non rovinarlo. Ogni giorno, il verde osservava quelle pagine che ormai conosceva a memoria, le fissava a fuoco nella sua mente, sentendo sempre una leggera speranza nel petto. Sperava che Jimin arrivasse per leggergli quelle parole che ancora non aveva imparato a distinguere. Ci sperava sempre, e quella piccola speranza, lo aveva tenuto lontano dalla follia, gli aveva fatto compagnia quando nessuno era lì per farlo davvero.

Lo aveva tenuto sano, lo aveva rassicurato, facendogli credere che prima o poi sarebbe uscito da lì, avrebbe avuto una vita come tutti gli altri. Magari avrebbe ritrovato Jimin e gli avrebbe chiesto scusa per avergli mentito senza alcuna vergogna.

Ma un piccola parte di lui sapeva fin troppo bene di essere l'unico a tenere ancora ben stretto quel ricordo nel cuore, perché Jimin era un principe, aveva una vita piena, aveva mille cose da fare, e di certo non passava le sue giornate a pensare a lui, come Yoongi invece faceva.

E così, gli anni erano passati, e nessuno dei due aveva dimenticato quei pomeriggi passati con la persona che, anche se inconsapevolmente, ritenevano ancora fin troppo importante.

Bread - YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora