Capitolo 13.

473 21 1
                                    

Mi versai un bicchiere di acqua, quando uno strano rumore mi fece girare d'improvviso.
"Buongiorno." entrò in sala mio padre pieno di carte che gli pendevano da tutti i lati.
Posai la bottiglia di acqua in frigo e mi girai a guardarlo.
"Vuoi una mano?" chiesi, portando poi il bicchiere alla bocca e sorseggiando l'acqua.
Lui rispose 'No.' velocemente, mentre si abbassava a recuperare l'ennesimo foglietto caduto a terra.
Risi della scena e andai lo stesso ad aiutarlo.
Eravamo indispensabili l'uno per l'altro: se io avevo bisogno, lui veniva in mio soccorso e viceversa, anche quando l'altro non voleva.
"Ecco, papà." gli passai un foglietto ripiegato in una busta. Lo mise velocemente in borsa.
"Ora ho capito da chi ho preso la qualità di ritardataria." lo presi in giro, capendo che tutto quel nervosismo era dovuto al solito ritardo a lavoro.
"Già." mi lasciò un bacio sulla fronte, camminando -correndo- poi verso la porta d'ingresso. Prima che uscisse completamente da casa, si voltò un'ultima volta nella mia direzione.
"Sei sicura di non voler aspettare pomeriggio per decorare la casa?" mi chiese, forse, per la centesima volta.
Gli avevo già spiegato la sera prima che l'indomani non sarei andata a scuola solo per allestire la casa in tema natalizio. Adoravo fare l'albero, decorare il tetto di luci e al dire il vero non vedevo l'ora di bearmi del mio capolavoro.
Scossi la testa, ridacchiando.
"Papà, ti ho già detto che pomeriggio ho promesso Beth e Juls di accompagnarle al centro commerciale per comprare il vestito per il ballo di domani sera." gli ricordai.
Certo che quando ci si metteva, era una testa calda!
Lui annuì.
"E tu non ci vai?" di nuovo?
"No, papà. Non ho un cavaliere e non si può andare da soli." spiegai, ancora.
"Secondo me dovresti andare lo stesso. Che ne so... Magari qualche ragazzo da solo davanti la scuola lo trovi, così potete entrare insieme e poi vi dividete." insistette.
Alzai gli occhi al cielo, sbuffando.
"Papà..."
"Mi fa male sapere che mia figlia non è cagata di striscio da un maschio... -Sbarrai gli occhi- Potrei accompagnarti io!" camminai veloce nella sua direzione, spingendolo infine fuori casa, incazzata.
"Grazie della fiducia, eh. Quello che mi piace nemmeno sa della mia esistenza e io di certo non sarei andata a dirgli di venirci con me. Ora vai a lavoro o chiamo il tuo capo e gli dico che ieri sera hai preferito andare in un locale a bere invece di sistemare la posta che avresti dovuto consegnare stamattina." scherzai.
Lui mi guardò serio, poi mi stampò un nuovo bacio, stavolta sulla guancia.
"Vado." mi sorrise preoccupato, camminando poi sul vialetto per uscire di casa.
Lo guardai salire in macchina, stringendomi le braccia sotto il petto, strette lì nel momento in cui un colpo di vento mi fece raggelare.
L'auto partì e sentii una grande botta alle mie spalle.
"Cazzo, no! Non posso essere rimasta chiusa fuori." mi lamentai provando a girare la maniglia, con scarsi risultati.
La neve era vicino ai miei piedi, coperti solo dai calzini, e quando provai a indietreggiare, scivolai come un'allocca, facendomi i tre scalini di sedere.
Imprecai quante più cose possibili, massaggiandomi il fondoschiena dolorante.
"Zayn, aiutami." se non ci fosse stato lui, di sicuro sarei diventata una tenera statua di ghiaccio ai piedi della mia veranda.
Oddio, tanto carina no, viste le mie condizioni mattutine: capelli come la scopa di mia nonna, pigiama con stampe di maialini stile Peppa Pig, i calzini... Beh, mi piacevano i colori, e le strisce stile arcobaleno che avevo ai piedi lo dimostravano.
"Minchia, minchia, minchia. Dov'è quello zoticone quando serve?" quasi urlai, stringendomi meglio tra le mie braccia per riscaldarmi.
Mi alzai in piedi, sentendo il sedere congelarsi grazie alla neve, correndo subito dopo sul retro della casa.
L'abbaiare del cane della mia vicina mi fece prendere quasi un infarto, poi riprovai a chiamare Zayn.
"ZAYN JAWAAD MALIK, se non vieni qui subito, giuro che ti piastro i capelli! Ancora non so come, ma lo farò!" urlai sicura, mentre una nuvoletta di alone dovuta al freddo si formò davanti al mio viso ad ogni parola pronunciata.
"Che c'è? Ehy... Che fai in pigiama in giardino con questo freddo?" prima sembrava incazzato, nemmeno l'avessi svegliato -cosa impossibile visto che non dormiva mai- poi, guardandomi da capo a piedi, aveva sbarrato gli occhi.
"Sono rimasta chiusa fuori casa. Ti prego, aprimi qualcosa, fammi entrare anche dal camino." lo supplicai, sentendo mancare le dita dei piedi.
Me li avrebbero amputati, lo sapevo!
Lui rise, poi mi diede le spalle.
"Sali dai." mi guardò con la coda dell'occhio.
Salire dove?
"Sulle spalle, forza, o mi muori congelata." come a leggermi nel pensiero, mi rispose.
Oddio! Ma leggeva nel pensiero?
No, perchè se era veramente capace di fare una cosa del genere, di sicuro era anche capace di pensare che il mio posto doveva essere un manicomio!
Era meglio lasciar perdere anche quei pensieri poco casti che mi ero fatta su lui quando l'avevo visto di spalle, un giorno, osservandolo e studiando i suoi muscoli attentamente. E ne aveva tanti!
"Ariel? Sei ancora viva?" grazie alla sua voce, mi svegliai dal mio stato di trance.
"Certo." mi arrampicai sulle sue spalle, stringendomi forte come meglio potevo.
"Pronta, scimmietta?" mi prese in giro.
Ok, era meglio Hulka a questo punto.
"Vuoi un calcio dove non batte il sole?" chiesi ovvia.
"Da me il sole non batte da nessuna parte." mi prese in giro.
"Zayn!" al mio rimprovero, saltò.
No. Non era un semplice salto come quelli che si fanno quando hai una corda in mano. No.
Era stato un salto che mi aveva portato direttamente davanti alla mia finestra.
Urlai.
"Il mio timpano." si lamentò.
"Il mio cuore." dissi ancora con gli occhi sbarrati.
Cazzo, ce l'avevo in gola!
"Sì, ma ora scendi? Non sei una piuma." oh.
Appoggiai i piedi sul davanzale della mia finestra e Zayn sparì.
Capii dove era andato solo quando notai la finestra al mio fianco spalancarsi.
"Vieni." mi aiutò con una mano, facendomi entrare nella mia stanza.
"Grazie." dissi solamente, togliendomi velocemente il pigiama che mi stava facendo letteralmente congelare.
"Non ti preoccupi più di spogliarti davanti a me." le mie guance andarono a fuoco.
Lo guardai con la coda dell'occhio, capendo che quella non era una domanda.
"No." risposi.
Eh già. I primi giorni magari, prima di vestirmi, ci mettevo ore perchè non lo vedevo in giro e preoccupata, pensavo che mi stesse fissando come qualche pedofilo.
Poi, col tempo, avevo capito che quando mi spogliavo lui spariva, giusto per lasciarmi un po' di privacy.
Ora però era lì, dietro di me, che mi fissava le spalle.
"Sei messa bene." mi girai di scatto, nascondendomi dietro la maglia del pigiama.
"Porco." dissi solamente.
Lui rise e sparì.
Fanculo!
E papà doveva imparare ad abbassare la temperatura del riscaldamento!

If we could only turn back time || Z.M. (#Wattys2015)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora