Just a moment later.

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*La storia riprende nel momento in cui Anna si trova da sola nel bosco con Billy Andrews. E se Gilbert non fosse arrivato in tempo per salvare la sua dolce Anna di Green Gables? Buona lettura!*



La neve, fresca e gelida, ricopriva ogni cosa visibile dell'isola del principe Edoardo. Una ragazzina, minuta ed esile si aggirava sola per un fitto bosco. Sottili ciocche di capelli erano raccolti in due lunghe trecce rosse che le si adagiavano sulle spalle per poi proseguire lungo le forme ancora non definite della giovane fanciulla. Il vestito che indossava era di color borgogna, certamente non creato a mano da un sarto proveniente dalle terre conosciute, ma comunque ben curato e pulito. Non aveva le maniche a sbuffo, al contrario dei vestiti di tutte le fanciulle del lontano 1890. Ma Anna amava immaginare che le avesse. Faceva finta di portare un lungo abito di seta pregiata proveniente dalle terre dell'est. Era di colore azzurro, come i suoi occhi, con dei fiori appesi ai lembi della gonna. Anche i suoi stivali cambiavano forma e colore nella sua curiosa testolina. Infatti quelle che potevano sembrare delle scarpe brutte e malandate, agli occhi della bambina apparivano stivali lunghi e scamosciati, come quelli di un'avventuriera in sella al suo cavallo.

Percorreva saltellando un vialetto interrato che presto l'avrebbe condotta a scuola.
C'era già stata in quel posto. Non era certamente il luogo di Avonlea che preferiva, non perché non avesse voglia di studiare, ma piuttosto la causa della sua malinconia erano le persone che la pregiudicavano.
Si, Anna Shirley era un orfana. Lo sapeva bene, ma le sue compagne di classe non avevano perso l'occasione di rinfacciarglielo più e più volte solo in una giornata. Ad Anna non le stavano particolarmente a genio, parevano più oche che ragazze al dire il vero. Tutte tranne una: Diana Barry. La corvina era stata ufficialmente la prima e unica amica della rossa. Con lei si sentiva felice e a suo agio, non sbagliata, come era con gli altri. La piccola Anna riteneva Diana il suo spirito affine, proprio come suo padre, Matthew.
Dei fiori distrassero la giovane orfanella dai suoi pensieri. Erano arancioni e viola. La bambina dalle treccine color carota si fermò a contemplare tale bellezza che le si mostrava davanti. Era pienamente affascinata da quelle piccole e fragili piantine dai colori tanto sgargianti che per poco non fu tentata di coglierne alcuni e sistemarli nel cappello. Poi però si ricordó del giorno precedente e di come aveva rischiato di rovinarsi la reputazione fin da subito entrando con il cappello decorato dalla sottoscritta. Trasalí solo al ricordo delle risa dei compagni di classe.
Si rialzó ammaliata ancora dalla magnificenza della natura che la circondava e fece per riprendere la sua passeggiata ma qualcosa, una sagoma scura forse, la fece fermare.
Accertatasi di essere da sola riniziò a camminare titubante. Le gambe le tremavano e un brivido le percosse la schiena.
D'un tratto una figura possente e alta le andò addosso. Anna per poco non perse l'equilibrio.
Un ragazzo biondo e con un'espressione cupa e terrificante si stava avvicinano sempre di più alla donzella, costringendola ad appoggiarsi al tronco di un albero. Le stava addosso e la guardava minaccioso.
Anna non proferí parola. Sapeva cosa doveva fare in questi casi. Sarebbe stata ferma immobile e prima o poi Billy Andrews si sarebbe fermato, per noia o forse per dirigersi a scuola.
"Come hai osato dire quelle cose di mia sorella?"
"chi è tua sorella?" si limitò a chiedergli
"Prissy. Sai I miei genitori le hanno detto che è una canaglia! A te piacerebbe essere chiamata canaglia?" le chiese, poi iniziò ad emettere versi che ricordavano vagamente l'abbaiare di un cane.
Stava per scoppiare a piangere.
"Non era mia intenzione ferirla" tentò di spiegare con voce flebile, quasi bisbigliando, ma servì a poco dato che il giovane continuò ad avanzare.
"Sei solo un brutto cane cattivo" continuò a ripeterle fino a quando la stessa Anna cominciò a dirselo nella sua mente. Cane cattivo. Cane cattivo. Cane cattivo. Si convinse di esserlo a furia di sentire quella frase amara rimbombarle in testa. "è ora che io ti dia una bella lezione" aggiunse il fanciullo dai capelli ramati. Si tolse il guanto color smeraldo che portava alla mano destra. Anna si fece sempre più piccola e chiuse gli occhi. Pensò a Cordelia, la sua cara amica, e a Griselda, che sempre aveva vegliato su di lei quando la dura cintura del signor Hammond le batteva cruda sulla schiena o quando sua moglie le sferrava schiaffi severi e pieni di odio.
Sentì una forte fitta di dolore all'addome. Poi la punta di uno stivale affilato le colpì la caviglia destra e in seguito anche l'altra fu soggetta al calcio del ragazzo. Poi ecco un'altra gomitata crudele nella pancia. Il colpo di grazia non tardó a venire. Ora il naso di Anna, la povera, piccola, indifesa Anna era diventata una fontana di sangue rosso vivo, più rosso dei suoi capelli di fuoco. La ragazza provò ad accasciarsi a terra per riprendersi un po' da quel lancinante dolore.
Billy la guardò soddisfatto. Continuò a prenderla a calci come fosse un pallone, le tiró i capelli fino a sfarle quasi le trecce un tempo ben fatte e le tiro un pugno in faccia mirando alla bocca, cercando di zittirla non appena le sfuggì un gemito di terrore. Ora anche il labbro superiore era diventato un ruscello dalle acque rosse. A completare il disarmante volto malconcio della giovane erano tante lacrime che impetuose e insistenti le rigavano le guance mischiandosi al sangue.
Il farabutto dagli occhi azzurri la fissò per un ultima volta.
"Prova solo a dire in giro qualcosa di quello che è successo e te la vedrai molto brutta" bisbiglió mantenendo comunque un tono fermo e spaventoso. Poi raccolse le sue cose e si allontanò rapidamente.
Anna era lì, sola, impotente, ferma e costretta a stare immobile dalle sue numerose ferite.
Tutti i ricordi della sua triste infanzia che aveva deciso di chiudere in un cassetto adesso riaffioravano e la ferivano, quasi più del dolore fisico. Iniziò a nevicare. Così un nuovo colore si aggiunse alla tela sanguinosa che si era dipinta su di Anna. Piangeva. Voleva chiedere aiuto ma non ce la faceva. Non ne era in grado. La sua gola era bloccata, a stenti riusciva a respirare, gridare sarebbe stato uno sforzo eccessivo.
Si accoccoló a se stessa e infilò la testa fra le gambe. Inizió a singhiozzare silenziosamente.
devi stare zitta come un topo! Sei solo spazzatura! Brutta cagnaccia. Tornatene da dove sei venuta!
Si lasciò andare all'agonia, al rammarico e alla disperazione. Era sola, era sempre stata sola e mai nulla sarebbe mai potuto bastare a compensare la sua solitudine.
Sentí dei rumori in lontananza farsi sempre più ravvicinati.
È se fosse di nuovo Billy? Un brivido la attraversó facendola sussultare. Non avrebbe potuto resistere ancora a lungo. Sentiva che sarebbe svenuta se non morta. Si guardò in torno per cercare i fiori che prima ispezionava con tanta curiosità ma non li trovó. Ormai erano ricoperti dalla candida neve.
Dei passi le andavano incontro. Anna chiuse gli occhi e strinse i denti. Quando il rumore cessò la fanciulla avvertì una presenza, ma nonostante ciò non sentí arrivare sulla sua pelle nessuno schiaffo. Aprí gli occhi lentamente e con insicurezza. Un ragazzo moro, corvino per la precisione, dagli occhi di miele la guardava confuso e disgustato."buongiorno signorina" disse cortesemente.

𝓈𝑒𝓂𝓅𝓇𝑒 𝓃𝑒𝒾 𝓂𝒾𝑒𝒾 𝓅𝑒𝓃𝓈𝒾𝓇𝑒𝒾-Shirbert🌼🌊Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora