26|Salve... madre

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Shirley rimase a fissare il soffitto. Dopo essere stata confinata in casa sua aveva avuto modo di riflettere sulle sue visioni del passato ed era giunta a una conclusione: doveva andarsene da quella casa. Era diventata una prigione, un inferno terreno, non voleva passare più nemmeno un minuto lì. Ecco perché aveva escogitato un piano di fuga perfetto ma prima le servivano le informazioni necessarie su dove viveva la sua vera famiglia.

Infatti aveva furbamente delegato Nicholas di ottenerle riuscendo ad inviargli un messaggio in codice fatto con delle piccole incisioni sulla teglia rovinata dove le veniva dato il cibo.

Una mossa geniale fatta da una persona geniale. Caspita, riesco a sentire da qui i mugolii soddisfatti di Shirley mentre lo scrivo.

"Ancora un po'..." si fece coraggio. "Ancora un po' e sarò fuori di qui"

Un foglietto passò sotto la fessura della sua porta e la ragazza lo lesse attentamente. C'era l'indirizzo di casa sua.

Guardò la telecamera per un attimo e se ne andò in bagno dove lasciò che l'acqua sciogliesse la carta e l'inchiostro e infine lo buttò nel cestino.

Mossa astuta. Se lo avesse bruciato il fumo avrebbe attivato l'allarme e allertato le guardie che sarebbero entrate nel giro di dieci secondi nella sua stanza rovinandole i piani.

Era deciso: quella notte sarebbe scappata di lì, aiutata dall'oscurità e dai suoi poteri da strega.
Con lei sarebbe venuto anche Nicholas, ma solo per un pezzo, per proteggerla e parlarle.
Anche se lui non aveva altri posti dove stare, di certo non voleva rimanere in balia dell'ira di Slave per il resto della sua vita, così si era trovato una sistemazione sul terrazzo di una casa il cui proprietario era in vacanza.

Shirley ripensò al suo fratellino, alla sua piccola vocina da bambino. Doveva avere circa cinque o sei anni a quei tempi. Era cresciuto e probabilmente non si ricordava nemmeno di lei. Ma era sicura che sua madre l'avrebbe riconosciuta e riaccolta in casa, o almeno ci sperava.

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Arrivò il momento della fuga. Nicholas era sotto la sua finestra e le aveva fatto appena un cenno per indicare che stava avvenendo il cambio di guardia.

Shirley si concentrò e mise le mani davanti a lei creando un portale che arrivasse proprio di fianco al suo amico. Del fumo rosso si addensò sul suo muro e si espanse con un movimento a spirale fino ad essere abbastanza grande per lei. Infine, una volta completato, ci saltò dentro.

Sentì il freddo pungerle le guance mentre due braccia la sorreggevano prima che potesse cadere.

«Dobbiamo sbrigarci, non ci vorrà molto prima che si accorgano della nostra scomparsa» bisbigliò Nicholas, preoccupato per la sorte di entrambi.

Senza permetterle di rispondere, la prese in braccio e corse via da lì a una velocità così alta che solo un occhio allenato avrebbe potuto scorgerli nell'oscurità della notte.

Finalmente erano entrambi liberi.

Respirarono la fresca aria di smog e anidride carbonica emessa dagli alberi. Una vera e propria delizia per i polmoni...

Presero un autobus, il più neutro possibile e nascosero i loro volti con cappuccio, cappellino e sciarpa. Ottimo modo anche per stare al calduccio.

La sera lì, in città, faceva molto più freddo e loro non avevano messo delle magliette termiche. Esse contenevano il marchio della fabbrica che faceva parte dei possedimenti di Mr. Slave e non volevano avere più nulla a che fare con lui, specialmente Shirley.

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Arrivarono finalmente di fronte alla casa della ragazza, o meglio, di sua madre. Era dentro una piccola palazzina di al massimo quattro piani. Non era di certo spaziosa come la sua villa ma riusciva già a sentire una sensazione familiare.

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