Epilogo

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"Siamo schiavi del tempo"
"E del destino"

Non riuscivo a togliermi quelle parole dalla testa. Perché erano vere.
Perché facevano male.
Perché ogni secondo che passava scendevo un gradino verso una guerra che non ero sicura di saper combattere o gestire.

Non ero fatta per quella vita, eppure dovevo farmela andare bene.
Perché non potevo cambiarla, non più.
Quel destino nefando mi si era appiccicato addosso e come un parassita mi stava risucchiando l'anima obbligandola ad obbedirgli.

E l'ho seguito. Ho seguito il mio destino.
Perché sono debole.
Perché non ho capito in tempo che potevo cambiarlo.

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

Quando tornai al Campo con Athariel la battaglia si era già conclusa.
Vedevo l'erba bruciata, alcune casette dei dormitori sfondate, la terra era stata sollevata e nel luogo della battaglia dove fino a qualche ora prima c'era una bellissima distesa verde ora era una secca piazza di terra.

L'erba era magica, sarebbe ricresciuta in fretta e le casette sarebbero state ricostruite dai alcuni fabbri specializzati in quello.
Non erano propriamente degli architetti però sapevano cavarsela mettendo qualche trave e facendo i dovuti calcoli per dare più stabilità al sistema ed evitare che crollasse di nuovo... o esplodesse.

Non fate quelle facce, loro erano capaci di far esplodere qualsiasi cosa, persino il metallo e non capivo come facessero ad essere così imbranati eppure così geniali.

I guardiani erano appena usciti dalla mensa. Cercai preoccupata Marta, facendomi strada tra la folla di bambini e la trovai abbracciata a un ragazzo che vestiva con una lucente armatura dorata.

Non era come quella di Athariel, pesante e un po' ingombrante, sembrava sottile, più leggera, e finemente abbellita con bassorilievi.

Quando notai il simbolo sullo spallaccio deglutii a fatica e indietreggiai.
Ma Marta mi notò. Le si illuminarono gli occhi dalla gioia e dal sollievo e corse a darmi uno dei suoi teneri abbracci.

«Dove sei stata?» mi chiese con tono preoccupato.
Le accarezzai i capelli, quel giorno non aveva le treccine come al solito. «A combattere un nemico fastidioso»
«E... hai vinto?»
Annuii. «Se mi vedi qui vuol dire che ho vinto. È stato più per sfinimento che per bravura nel combattimento ma ehi, l'importante è il risultato»

Marta si fece più seria, come se avesse acquisito una consapevolezza da adulta in meno di un secondo. «Non hai dovuto sacrificare nulla, vero?»
«Non ho dovuto farlo. Mi è bastato dirgli di no»

Spostai lo sguardo verso il ragazzo che poco prima lei aveva abbracciato. Si era appena tolto l'elmo mostrando quei capelli biondo scuro e quegli occhi nocciola che vedevo ogni volta che guardavo Marta.
Ora si spiegava il perché di quel gesto d'affetto.

«Giulia, lui è mio fratello Gregor» Marta indicò il ragazzo che si avvicinò sorridendo sincero.
«È una tua amica, Marta?»
L'undicenne mi guardò per un attimo come a cercare di definire il nostro rapporto, poi sorrise e annuì. «Sì, lo è. Dove sono gli altri, voglio che la conoscano»

Arrossii imbarazzata, non avevo il coraggio di conoscere tutti i prescelti celestiali così, di botto!
Quando si avvicinarono mi parve di impazzire.
Ne contavo 1, 2, 3... 7?! Ricontai più volte per esserne certa ma sempre 7 erano.

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