Capitolo 18: Lisette

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Mi rigiravo nervosamente tra le dita il biglietto che Robb mi aveva consegnato con il quale delegava Viserys come Lord di Grande Inverno e Protettore del Nord mentre lui era in guerra. Ora che eravamo quasi arrivati non riuscivo più a ragionare lucidamente: avevo voglia di prendere a pugni quello sbruffone di Theon Grayjoy da quando ancora vivevo con mio padre, e non riuscivo a credere che finalmente ne avevo la possibilità.

Ci accampammo nella foresta che circondava la città e organizzammo il piano d'attacco. Eravamo talmente presi dall'organizzazione che non ci accorgemmo nemmeno che gli stendardi appesi alle mura non erano quelli dei Greyjoy. Non ci accorgemmo nemmeno delle guardie che pattugliavano i confini e che corsero indietro per avvertire i nuovi padroni del nostro arrivo. Non notammo nemmeno che l'esercito era numeroso... troppo numeroso per essere sconfitto da uno piccolo come il nostro, nemmeno con una buona strategia.

Ignari delle difficoltà a cui stavamo andando incontro, caricammo verso la città. Io e Viserys, che eravamo in testa, e riuscimmo ad arrivare fin sotto le mura.

Stavamo per attaccare il portone, quando ci accorgemmo che eravamo rimasti soli con, forse, un quarto degli uomini.

Approfittando del riparo fornito dalle mura e dalla tettoia sopra al portone, mi azzardai a voltarmi. E vidi che, quelli che non erano morti per le frecce scoccate dagli arcieri che pattugliavano i bastioni, stavano bruciando tra le fiamme.

Mi voltai a destra e a sinistra, provando a individuare Coryus e Rakharo, ma non vidi niente.

Provai a urlare i loro nomi e feci per andare a cercarli, ma in quel momento le porte si aprirono, rivelando il resto dell'esercito, già schierato e pronto ad accoglierci.

Un ragazzo, a piedi, avanzò con un sorriso sulle labbra, seguito da altri suoi uomini.

«Buongiorno,» ci salutò. Mi guardò, e nei suoi occhi dardeggiò un lampo di maligno divertimento. Viserys si mise davanti a me con fare protettivo.

Con un cenno della mano, il ragazzo indicò gli uomini restanti e gli arcieri li trafissero senza un minimo di ripensamento.

«Ora. I vostri uomini sono tutti morti, quindi avete due scelte,» disse. «Numero uno, entrate di vostra spontanea volontà; numero due, vi faccio venire dentro con la forza. Sappiate che posso essere molto persuasivo... e anche molto violento, in effetti.»

Rise, di una risata maligna che mi riverberò nelle orecchie per alcuni secondi.

Io e Viserys ci guardammo perplessi e spaventati, poi io spronai il mio cavallo e varcai la soglia della cittadina.

«Molto bene. Sei una ragazza furba,» disse il giovane quando smontai.

«Ci aspettavamo che questa fortezza appartenesse ai Greyjoy,» mi azzardai a dire.

«Chi ti dice che io non sia proprio uno di loro?»

«Tu? Sei talmente narcisista che hai sostituito i vessilli degli Stark con quelli della tua casa,» spiegai, puntando agli stendardi che sventolavano sulle mura. «Da come ci hai accolti, hai talmente tanta rabbia repressa dentro di te che sei sicuramente un bastardo. Un bastardo dei Bolton, per la precisione,» specificai, riconoscendo il simbolo dell'uomo scuoiato.

«Ammirevole,» mi applaudì l'uomo. «Theon è in quelle segrete da settimane e non si è avvicinato nemmeno lontanamente alla risposta giusta. Invece tu, un'estranea venuta da sud, l'hai capito guardando un pezzo di stoffa.»

«Sono una donna del Nord. Venuta dall'est, ma le mie radici stanno qui.»

«Aspetta, è Robb che ti manda, vero? Buffo, mi chiedo se mio padre l'ha già ammazzato, ora come ora.»

Le cronache del Lupo e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora