Capitolo 9: Jon

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Se d'estate fa così freddo e l'inverno sta davvero arrivando, siamo fottuti.

Sulla barriera mi ritrovavo spesso a pensare cose del genere. Quando sei lì, a pattugliare su entrambi i lati una distesa di ghiaccio e neve, non importa quanti cappotti e pellicce tu ti metta addosso: avrai comunque freddo, e il vento troverà il modo di soffiarti addosso fiocchi di acqua ghiacciata, facendoli scivolare oltre i tuoi vestiti, inzuppandoti per bene.

Per di più, non esistono parapetti: se scivoli, cadi. E se cadi... ti ammazzi.

«Mi mancano le ragazze,» mi spiegò Sam una mattina, mentre facevamo la guardia insieme. «Non per chiacchierarci, quello non l'ho mai fatto... adoro osservarle, sentirle ridere. A te non capita mai di pensarci?»

Io penso solo ad una... e sta ad Essos, fui sul punto di dirgli, pronto a raccontargli la storia di Losette, ma guardai in basso e vidi...

«Cavalieri!» mi prevenì Sam, sorridendo. Chiaramente era felice di rendersi utile in qualche modo, suonando il corno, ma a me non tornava qualcosa.

«Perché è solo?» mormorai. Vedevo il cavallo, ma nessuno che lo montava. Corsi all'elevatore e scesi insieme a Sam.

«È il cavallo di zio Benjen!» esclamai, riconoscendolo, mentre altri guardiani provavano a farlo calmare.

Mi voltai verso il lord comandante, Mormont. «Dov'è mio zio?» chiesi.

Come se lui potesse saperlo, mi rispose la mia ragione.

Lui mi restituì uno sguardo disperato, ma non disse nulla. Si limitò a scuotere la testa, sconsolato.

Fa' che non sia morto, fa' che non sia morto, iniziai una litania per consolarmi. Perché non potevo crollare adesso.

Dovevo rimanere, e combattere.

I giorni passavano, ma la sensazione di sconforto non accennava ad abbandonarmi. Venne quindi il momento del giuramento.

Eravamo tutti lì, nel cortile principale, seduti su panche storte, che affondavano per metà nel fango e ogni tanto scivolavano di pochi pollici, facendoci perdere la concentrazione su ciò che Lord Mormont ci stava dicendo.

«Siete arrivati qui come truffatori, fuorilegge, bracconieri, assassini, bastardi. Eravate figli di grandi nobili, o figli di nessuno. Ma tutto ciò non ha più importanza: tutto questo è passato. Qui siamo tutti un'unica casa.»

«Non sembri molto felice,» constatò Sam, sporgendosi verso di me. «Diventerai un ranger! Non è quello che hai sempre sognato?»

«E finire come mio zio? Io lo rivorrei indietro, perché so che è vivo: lo sento.»

«Quando sarai un ranger potrai andarlo a cercare. Io ti aiuterei, ma finirò a fare l'intendente, se va bene.»

«Non è poi così male.»

«Facile dirlo, per te. Sei così bravo che un giorno potresti diventare Lord Comandante al posto di Mormont.»

«Almeno tu avrai sempre da mangiare.»

Ridacchiammo.

Riprendemmo a prestare attenzione quando Mormont scese dall'impalcatura dove aveva tenuto il suo discorso con un rotolo di pergamena stretto nel pugno.

Ci siamo, pensai, cercando inutilmente di placare il battito del mio cuore. E se non fossi bravo abbastanza? E se non venissi scelto?

«Ogni membro dei guardiani della notte appartiene al reame. Non a un Re, o a un Lord, ma al popolo. Riflettete bene sulle parole del giuramento, prima di pronunciarle, perché non si ammettono errori, qui, e la pena è una e definitiva: la morte.»

Le cronache del Lupo e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora