Capitolo 23: Jon

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Dopo poche settimane, gli allenamenti ripresero con più costanza di prima. Nessuno faceva molto caso a Viserys, che comunque aveva stabilito che si sarebbe presentato a tutti come Thaario Snow: solo io e Sam sapevamo la sua vera identità, ma comunque non sembrava importare a nessuno chi fosse e da dove venisse. Ci servivano uomini, quindi ogni paio di braccia buone a combattere che si presentava alle nostre porte veniva accolto con benevolenza. Quella mattina aveva pronunciato il giuramento ed era stato assegnato ai costruttori.

«Sai che qui c'è un tuo parente? Dev'essere tuo prozio o qualcosa del genere,» gli dissi un giorno mentre ci allenavamo.

«E chi è?» mi chiese lui, tra un colpo di spada e l'altro. Il suo stile era un po' goffo, ma comunque era molto forte, per essere tanto magro.

«Aemon Targaryen, il fratello di tuo nonno,» gli spiegai in un sussurro, dopo essermi assicurato che nessun altro si trovava nei paraggi.

«Scherzi, vero? E se dovesse riconoscermi? Ha gli occhi viola anche lui, no?»

«È cieco.»

Lo vidi sospirare di sollievo e guadagnare un po' di colore. Poco dopo arrivò Ollie, che voleva allenarsi con noi. Gli presi una spada dal rastrello per le armi che avevo portato giù dall'armeria e gliene lanciai una. La prese al volo, ma l'elsa gli scivolò dalle mani e cadde nel fango, sporcandosi.

«La prossima volta andrà meglio,» lo rassicurai, poi gli porsi uno scudo.

Iniziai a tempestarlo di colpi, mentre Viserys stava in disparte a osservarci.

«Alza di più lo scudo,» ordinai.

«Ma è pesante!»

«Se non lo fosse non bloccherebbe una spada. Alzalo.»

Ricominciammo, e dopo pochi secondi lo buttai a terra con una spallata. «Riprova ancora una volta.»

Andava tutto bene, se non fosse stato per la presenza oppressiva di Re Stannis. Era diventato quasi insopportabile vedere i suoi uomini e la sua puttana aggirarsi per il cortile come se nulla fosse. Mentre tutti guardavano storto Gilly perché era una Bruta, a Lady Melisandre bastava un portamento elegante e un vestito attillato che metteva in mostra tutto quanto per essere guardata con interesse da tutti. Credo che persino Ser Alliser in fondo la ammirasse.

«Il Re vuole vederti,» mi disse, quel giorno.

Salii sul montacarichi insieme a lei, guardando il vuoto mentre Melisandre osservava me.

«Non hai freddo, mia signora?» domandai per spezzare il silenzio.

«No, mai. Il Signore della Luce vive dentro di me, Jon Snow.»

Mi prese la mano sinistra, sfilò il guanto e se la posò sul volto: era bollente.

Mi ritrassi, seccato dalla sua impertinenza.

«Sei vergine?» mi chiese all'improvviso.

Ma vaffanculo, pensai, ancora più infastidito. «No.»

«Bene...»

Arrivato in cima, mi inginocchiai davanti a Stannis, mentre lui si voltava verso di me con palese aria di compiacenza. Lì mi fece capire qual era il suo piano: convincere i Bruti a parteggiare per lui mentre strappavano Approdo del Re a Roose Bolton, che la governava. E io avrei dovuto convincerli a farlo.

E Mance avrebbe dovuto inginocchiarsi, per ottenere la libertà, altrimenti... sarebbe bruciato vivo.

Entrai dunque nella sua cella.

«Dunque eccoci qui,» disse.

«Eccoci qui.»

«Quando ti vidi per la prima volta, tu eri mio prigioniero. E ora le situazioni sono ribaltate e tu sei qui per darmi l'ultimo saluto.»

Le cronache del Lupo e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora