Capitolo 17: Jon

214 3 6
                                    

Prima di cominciare: ebbene, siamo al fatidico momento in cui io vi avverto: sta per arrivare una scena di sesso. Non è niente di che, non costituisce un episodio di violenza fisica e non è nemmeno particolarmente esplicito. Ma c'è, quindi potrebbe non garbare molto agli spiriti più docili. E nulla, enjoy.

***

Dopo il mio brutale assassinio del Monco, la marcia proseguì silenziosamente fino all'accampamento dei Bruti. Mi sentivo sporco, schifato da me stesso, ancora di più perché in fondo al mio cuore ero più curioso per la visita al Popolo Libero che non dispiaciuto per aver ucciso un mio confratello.

E infatti, la mia sete di conoscenza fu ben presto placata: appena arrivati, la prima cosa che vidi fu un gigante.

«È la prima volta che ne vedi uno, Jon Snow?» mi pungolò Ygritte.

Non risposi, ma tenni i miei occhi puntati su quell'essere grosso come una montagna... be' non proprio così alto, ma almeno quanto un castello. «Non fissarlo troppo: è timido, e se sei insistente può essere pericoloso. Ho visto giganti piantare un uomo nel terreno come un martello schiaccia un chiodo nel muro.»

La mia curiosità nei loro confronti era quasi paragonabile a quella che loro avevano nei miei. Erano sorpresi di vedermi, anche perché non sopportavano che un Corvo fosse entrato nel loro accampamento: erano spaventati, temevano che fossi un infiltrato. E sarei stato un infiltrato pessimo, dal momento che loro mi avevano scoperto subito.

Poi capii il vero motivo per cui erano così arrabbiati con me: la maggior parte dei bambini erano orfani, ed erano orfani perché i loro padri erano stati assassinati da Guardiani come me. A torto o a ragione, ormai non avrei saputo dirlo nemmeno io.

«Tranquillo,» mi rassicurò Ygritte. «Se non piacerai a Mance Rayder farai la loro stessa fine.»

Fui introdotto alla tenda del Re oltre la Barriera. Era di poco più alto di me e fisicamente non era come me l'ero immaginato. Molto muscoloso, in effetti, ma se vuoi vivere in un clima così rigido non vedo come fai a non esserlo. Aveva folti capelli rossi, come quelli di Ygritte, e se ci ripenso, ancora oggi arrossisco per la figuraccia fatta nel momento in cui mi inginocchiai di fronte a lui.

Perché quello non eran Mance, e scoppiò a ridere quando lo chiamai "Vostra Grazia". Era Tormund "Veleno dei Giganti", e allora non sapevo che sarebbe stato uno dei miei migliori amici aldilà della Barriera.

A dir la verità non so cosa mi prese: io non ero un traditore, ma un ostaggio. Forse fu l'istinto di sopravvivenza a parlare per me, o forse fu il pensiero di quei poveri bambini orfani, resi tali da altri Guardiani. O forse fu la paura per gli Estranei che avevo visto da Craster.

Fu proprio questo che dissi a Mance dopo avergli stretto la mano. Ancora mi rodeva che Mormont sapesse già tutto e non volesse fare niente, quindi tanto valeva tentare no? In ogni caso avrei rischiato col morire comunque, quindi non avevo niente da perdere.

Presto guadagnai la loro fiducia, mi vestii come loro e loro sembrarono dimenticare che io ero stato un Corvo. Con un piccolo sforzo, io riuscii persino ad abituarmi al freddo pungente e al ghiaccio.

Con Mance, scoprii un sacco di cose sui novanta clan dei Bruti e sulle sette lingue che si parlavano in quell'esercito: mi venne un gran mal di testa ma fu anche molto interessante. Alcune cose che imparai da lui mi furono utili anche per radunare il Popolo Libero dalla "parte giusta" della barriera, quando la minaccia degli Estranei fu più concreta.

Quando scoprii che alcuni Guardiani erano morti al Pugno dei Primi Uomini, il mio pensiero corse subito a Sam, Grenn e Pyp. Erano ancora vivi? Come stavano? E Sam subiva ancora le angherie dei bulli? Rimpiangevo di essermene andato, ma non avevo scelta: ad alcuni non stava bene che io fossi un bravo spadaccino, mentre a me non stava bene che si predicasse sull'onore e la castità e si passasse sopra l'infanticidio. Direi che eravamo pari.

Quando visitammo il sito dov'erano stati rinvenuti i Guardiani morti, la situazione era drammatica: cavalli congelati tutti semi coperti da neve e ghiaccio. E tutti fatti a brandelli, disposti nel simbolo degli Estranei.

In quell'occasione, ebbi modo di tremare davvero per la mia vita e per quella dei miei amici: Mance voleva scalare la Barriera, e voleva che io andassi con Tormund e altri venti uomini per informarli sulle falle del muro di ghiaccio.

In fondo, ci tenevo ancora alla mia testa, non volevo essere decapitato per tradimento a un giuramento: ma soprattutto non volevo entrare in guerra coi Guardiani, perché loro avrebbero sicuramente perso. Gli Estranei stavano reclutando uomini per il loro esercito, e se i proprietari dei cavalli che mi stavano davanti erano davvero diventati Estranei, allora io non volevo trovarmi dal lato sbagliato della Barriera.

Spero solo che sia abbastanza alta.

Le parole di Sam mi echeggiarono in mente come le avevo sentite per la prima volta.

Lo spero anch'io, mi dissi, sconfortato.

Partimmo subito. Durante il tragitto mi posero alcune domande sulla Barriera: quanti castelli fossero presidiati, quanti Ranger uscissero e con quale frequenza.

Per essere un popolo che si preparava da anni alla guerra e considerando che Mance era un Guardiano, i Bruti non sapevano proprio niente sulle nostre abitudini.

Era chiaro che loro non si fidassero di me tanto quanto io non mi fidavo di loro. Erano sospettosi, Ygritte era l'unica che sembrava stare dalla mia parte.

Non fu difficile entrare in confidenza con lei e stare al gioco quando mi rubò la spada, afferrò una torcia ed entrò in una grotta.

«Ygritte!» provai a chiamarla più e più volte. Ma lei niente, continuava a ridacchiare.

«Dimostra che i miei compagni si sbagliano. Dimostra che non sei più un Corvo,» disse lei, iniziando a spogliarsi.

In evidente imbarazzo, provai a indietreggiare, mentre lei continuava a togliersi ogni singolo vestito che aveva indosso. «Devi guardare il mio corpo,» disse. «Tutto il mio corpo.»

Quando fu completamente nuda davanti a me, sentii un nodo che mi si formava in gola, mozzandomi il fiato.

Si avvicinò a me, baciandomi delicatamente. Poi io ricambiai. E giacemmo insieme, e fu bellissimo. Talmente bello che non me ne sarei andato mai da quella grotta. Mi bastava solo lei e il fuoco della torcia e l'acqua della cascata che scrosciava fino al pozzo.

Ma tutte le cose belle sono destinate a finire: uscimmo e ci rimettemmo in marcia. Dopo la grotta, la mia permanenza in mezzo ai Bruti fu più leggera: me ne andavo in giro con un peso in meno in fondo al cuore, e per un po' cercai di non pensare a ciò che mi attendeva.

Ma quando fummo ai piedi della Barriera, tutto il peso dei miei sbagli mi piombò addosso. E Ygritte era lì, e aveva capito il "mio segreto", come l'aveva chiamato lei, ancora prima che l'avessi capito io.

Non avevo mai smesso di essere un Guardiano quando ero entrato nella tenda di Mance, ma lei non avrebbe detto una parola, perché mi voleva bene e non mi avrebbe mai fatto del male per niente al mondo.

«Ma ai Guardiani, o a Mance, non importa se siamo vivi o morti,» disse. «Solo a noi importa se lo siamo oppure no. E ora noi dovremo essere leali l'uno all'altra, promettimelo.»

«Lo prometto,» dissi, ma in fondo al mio cuore non ero sicuro di poter mantenere la parola data.

«Perché se non lo farai, sarò costretta a tagliarti il cazzo e portarlo come una collana.»

La scalata fu piuttosto lunga e non priva di difficoltà. Ma quando arrivammo in cima, la vista fu ripagada dello spettacolo di cui non avevo goduto abbastanza, quando ero tra i guardiani. Da una parte, i ghiacci perenni del Nord. Dall'altra, l'estate, la più lunga estate dall'alba dei tempi.

Ma questo contrasto sembrava ribadire ancora una volta il motto degli Stark: l'Inverno sta arrivando.

Le cronache del Lupo e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora